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Punti di vista e punto di diritto

Ue: Italia/Francia, no due pesi e due misure su procedura

1 Gen 2019 - Gian Luigi Tosato - Gian Luigi Tosato

L’accusa alla Commissione europea di severità con l’Italia, indulgenza con la Francia – due pesi, due misure –  è meno attuale dopo che si è fermata la procedura per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese. Adesso può dirsi che anche l’Italia si trova a godere di una qualche attenzione benevola della Commissione.

Le accuse e le analogie fra i due casi
Tuttavia quell’accusa è stata mossa con forza da membri del nostro governo nella fase più critica del contenzioso con Bruxelles e potrebbe riproporsi nel 2019 se le vicende dei due Paesi dovessero avere sviluppi divergenti. Non sembra quindi fuor di luogo esaminare analogie e differenze fra i casi italiano e francese per verificare se sia fondata l’idea di un trattamento deteriore dell’Italia e anche per riflettere circa la natura delle regole europee di bilancio e il ruolo della Commissione nell’applicarle.

Le analogie fra i due casi sono presto dette: in ambedue ci troviamo di fronte a sviluppi budgetari in conflitto con le prescrizioni europee; a loro giustificazione sono state invocate fra l’altro ragioni superiori di ordine pubblico e democratico (i disordini dei gilet gialli, per la Francia; il voto elettorale e l’esigenza di prevenire simili disordini, per l’Italia); i due casi sono dichiaratamente sotto lo scrutinio della Commissione, che però non ha attivato per ora procedure sanzionatorie; il temuto peggioramento della congiuntura economica mondiale finirà per complicare i problemi di finanza pubblica nell’area euro nel suo complesso.

Le differenze di procedura e di sostanza
Il discorso sulle differenze è più articolato, a partire dagli sviluppi procedurali. La Commissione ha chiesto al governo italiano una revisione del progetto originario di bilancio, constatando gravi inosservanze alla disciplina europea. Ha rinnovato un giudizio parimenti negativo sulle modifiche (marginali) inizialmente apportate, muovendo il primo passo di una procedura per deficit eccessivo (relazione ex art. 126.3 Tfue). Ha poi abbandonato questa iniziativa per l’invio in extremis di una nuova (ben più sostanziosa) revisione del progetto originario.

Nel caso della Francia, al governo francese sono stati chiesti inizialmente chiarimenti sul progetto di bilancio 2019, non una revisione del medesimo come per l’Italia. Ricevuti i chiarimenti, la Commissione si è limitata a rilevare rischi  di inosservanza della normativa europea, non le gravi inosservanze contestate all’Italia. Vero è che l’aggravamento del bilancio per le ‘misure gilet gialli’ è venuto dopo: su di esso la Commissione non ha preso ufficialmente posizione, rinviando alle verifiche da effettuarsi nel corso del semestre europeo 2019.

Punti dolenti diversi e considerazioni diverse
Diverse sono le regole europee di bilancio in discussione nei due casi, come pure le ragioni che hanno indotto la Commissione a desistere da procedure di infrazione.

Il punctum dolens dei conti italiani è costituito dal debito accumulato negli anni; ed è una procedura per debito eccessivo che la Commissione intendeva far partire, a causa dell’entità del debito (131 % del Pil) e dell’assenza di una sua credibile diminuzione verso il limite prescritto (60 % del Pil). Di contorno, la Commissione lamentava anche deviazioni consistenti a quanto programmato a fine semestre europeo (luglio 2018) in tema di disavanzo nominale e strutturale, nonché una previsione poco realistica della crescita per il 2019.

Se poi la Commissione ha deciso di fermarsi sulla via della procedura, è perché il nostro governo, a seguito di un intenso dialogo con Bruxelles, ha modificato sensibilmente la manovra: disavanzo al 2 % del Pil (invece del 2,4%), nessuna variazione del deficit strutturale (anziché un aumento dello 0,8%), previsione di crescita dell’ 1% del Pil (anziché 1, %), debito in leggera diminuzione (130% del Pil nel 2019, 129% e 128% nei due anni seguenti), clausola di salvaguardia (aumento Iva) per il 2020 e 2021. La Commissione ha considerato sufficienti queste correzioni, anche se continua a ritenere non ideale la situazione e vigilerà sul rispetto degli impegni presi dal nostro governo (dichiarazioni del vice-presidente Valdis Dombrovskis dopo la riunione della Commissione del 19 dicembre 2018).

Per la Francia, è il disavanzo annuale per il 2019 a essere in discussione. Non lo era rispetto al progetto iniziale di bilancio, nel quale la Commissione ravvisava unicamente qualche rischio in tema di debito e di deficit strutturale. Lo è divenuto successivamente, a seguito del ‘pacchetto gilet gialli’, che porterà il disavanzo a superare il noto limite del 3%. La Commissione non si è ancora pronunciata sulla questione, ma sembra orientarsi nel senso di ritenere lo sforamento giustificabile in quanto temporaneo, eccezionale e limitato (dichiarazioni del commissario Pierre Moscovici, da ultimo il 21 dicembre sulla rete televisiva Public Senat). In effetti, fra le poste di bilancio  vi è un costo (per la trasformazione di un certo credito di imposta – Cice) che incide una tantum sul 2019 ed è destinato poi a scomparire.

L’interrogativo dei due pesi e delle due misure
Torniamo all’interrogativo iniziale sui due pesi e due misure. In base ai rilievi che precedono, non sembra che ne abbia sofferto l’Italia. La diversa reazione della Commissione nei confronti dei due originari progetti di bilancio appare giustificata, essendo quello italiano in palese (anzi dichiarata) inosservanza delle regole europee. Successivamente le due manovre hanno formato oggetto di modifiche in senso opposto: si è alleggerita quella italiana, appesantita quella francese. La Commissione ha tenuto un atteggiamento salomonico,  astenendosi nei due casi dal dare attuazione alla procedura di infrazione o dall’avviarla.

Per la verità, l’Italia ne sta beneficiando non meno della Francia, tenuto conto della diversa situazione economica dei due Paesi. Il debito italiano viene da lontano e graverà sui conti del nostro Paese a medio-lungo termine; il disavanzo francese potrebbe costituire un problema solo di breve termine, limitato al prossimo esercizio. Aggiungasi che i dati francesi (in particolare quelli relativi alla crescita) testimoniano di una economia strutturalmente più solida di quella italiana; lo conferma, in termini di credibilità sui mercati, l’enorme divario tra lo spread sul debito pubblico italiano e quello francese (più di 200 punti base).

Viene a questo punto da fare qualche riflessione, alla luce delle vicende sopra riferite, in ordine alla natura delle regole europee di bilancio e al ruolo della Commissione.

Considerazioni generali
Le regole europee sono spesso accusate di eccessiva rigidità. Senonché i vincoli  sul disavanzo e sul debito  sono assoggettati nel Trattato a varie eccezioni e deroghe e ammettono il ricorso a procedura sanzionatoria solo nel caso di deviazioni rilevanti. Come specificato nella legislazione secondaria (Patto di Stabilità e Crescita) e nella prassi della Commissione (comunicazione ‘flessibilità’), si deve tener conto di tutta una serie di circostanze: disastri naturali, ciclo economico, riforme, investimenti. C’è da chiedersi a questo punto se non rilevino altresì emergenze di carattere politico e sociale: nei casi qui esaminati, le rivendicazioni di piazza in Francia e le attese degli elettori in Italia. Si tratterebbe di uno sviluppo significativo in tema di flessibilità delle regole  di bilancio, con implicazioni anche sul ruolo della Commissione.

La gestione della disciplina budgetaria è ripartita dal Trattato tra la Commissione, organo tecnico sovranazionale con funzioni di vigilanza e proposta, e il Consiglio, organo politico intergovernativo dotato di poteri di decisione. Il primo decennio dellUunione monetaria ha visto una netta prevalenza del Consiglio sulla Commissione, ben evidenziata nel 2003 dal blocco in Consiglio della proposta della Commissione di agire per deficit eccessivo contro Francia e Germania.

Proprio al fine di assicurare una gestione più tecnica, al riparo da interferenze politiche, la revisione del Patto di Stabilità e Crescita nel 2011 (il cosiddetto Six Pack) ha rafforzato il ruolo della Commissione in virtù del reverse majority voting. Ora il Consiglio può solo opporsi alla proposta della Commissione, che acquista in tal modo un potere quasi decisionale.

Senonché con il sistema dello Spitzenkandidat e la venuta della presidenza Juncker, la Commissione ha rivendicato per sé un ruolo politico, oltre che tecnico. Le vicende italiana e francese qui esaminate lo stanno a dimostrare. C’è da chiedersi allora se non possa essere messo in discussione il ruolo della Commissione, con il rischio di un suo ridimensionamento in favore di strutture intergovernative, come ad esempio il Meccanismo europeo di Stabilità.