Ue: destre in marcia verso Parlamento e Commissione
Al termine dell’incontro con Jaroslaw Kaczynski, capo di Legge e Giustizia (PiS), il partito conservatore oggi al governo in Polonia, il vicepremier italiano Matteo Salvini ha annunciato con grande enfasi che si stava avviando il processo di dare all’Europa “nuovo sangue, nuova forza e nuova energia” e che Roma e Varsavia avrebbero dato vita ad un piano d’azione per contrastare il tradizionale asse franco-tedesco.
Ma a parte le solite frasi di condanna rivolte all’azione dei burocrati di Bruxelles – rei di aver “ucciso il sogno europeo” – si stenta ancora a intravvedere un programma comune. Come è noto, infatti, fra Italia e Polonia esistono profondi disaccordi sulla ricollocazione dei migranti – ipotesi respinta senza appello da Varsavia -, sull’atteggiamento nei confronti di Vladimir Putin – ammiratissimo da Salvini e considerato storico nemico dai polacchi -, e perfino sui fondi di coesione dell’Ue, che hanno sostenuto massicciamente lo straordinario sviluppo economico polacco, anche grazie a Paesi contributori netti al bilancio comunitario come è ancora oggi l’Italia.
Asse Roma-Varsavia
Per di più, i due partiti, PiS e Lega, fanno parte oggi di due distinti gruppi all’interno del Parlamento europeo: il primo come membro dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) e il secondo della più piccola formazione di Europa delle nazioni e delle libertà (Enf). Tuttavia, le due formazioni si collocano sulla destra dello spettro politico europeo e non è da escludere quindi che possano dare vita ad un unico raggruppamento nel nuovo Parlamento europeo, dopo le elezioni del maggio prossimo.
Anche perché il PiS di Kaczynski, che oggi conta 18 membri nell’Ecr, è destinato a vedere crollare la consistenza del gruppo con la ormai prossima uscita dei conservatori inglesi ed è quindi alla ricerca di soluzioni per non perdere peso nell’Assemblea di Strasburgo. Sullo sfondo vi è poi la previsione, confermata dai sondaggi, di una crescita dei due partiti in questione: con il PiS dato fino a 24 deputati eletti e la Lega con un balzo dagli attuali 6 membri nell’Enf a 27 nel futuro Parlamento europeo.
Fronte comune a Strasburgo
A parte l’inconsistenza e la scarsa credibilità di un’asse Roma-Varsavia all’interno dell’Ue, vi è però da mettere in conto uno scenario ben più ampio di destre europee all’attacco dell’attuale Unione. Ad un recente congresso organizzato da Marine Le Pen, ospite dell’Assemblea nazionale bulgara, vi erano rappresentanti delle Fiandre, oltre che della Lega, dei radicali bulgari e cechi e dell’estrema destra tedesca di AfD: il tutto sullo sfondo di un manifesto, “Movimento per un’Europa delle Nazioni e della Libertà”, definito dalla Le Pen come un nuovo modello per i cittadini europei. Se poi si allarga ancora lo sguardo, il panorama delle destre nell’Ue è oggi impressionante, con partiti al governo o di sostegno ai governi in carica come in Austria, Ungheria, Slovacchia, Danimarca, Finlandia oltre naturalmente a Polonia e Italia. Anche in questo caso, i sondaggi prevedono almeno un 20% di rappresentanti nel Parlamento europeo, pari a circa 150 membri su un totale di 705 deputati.
Non si tratterà probabilmente di un unico gruppo, ma certamente di una forza di opposizione e di interdizione sulle politiche che l’Assemblea di Strasburgo dovrà discutere e votare. Il collante è infatti quello di ridare ai Paesi membri dell’Ue gran parte delle competenze trasferite a Bruxelles in questi decenni e di rovesciare il cammino del processo di integrazione sulla base di un progetto di un’Europa delle nazioni dove valga la sola regola dell’unanimità e ci si accontenti di un’ampia area di libero scambio, senza più tanti vincoli e ordinamenti comuni. Salvo forse il mantenimento di alcune politiche strutturali, come quella di sostegno all’economia attraverso i fondi di coesione che hanno fatto la ricchezza negli ultimi anni dei Paesi del blocco di Visegrád (Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria). Si pensi, ad esempio, che dal 2004, anno di entrata nell’Ue, fino al 2017, Budapest ha ricevuto la bellezza di 40 miliardi di euro che in gran parte spiegano la notevole crescita del Pil ungherese.
Una Commissione (più) euroscettica?
Ma se questa può essere in prospettiva la situazione del nuovo Parlamento europeo vi è un altro e ben più consistente pericolo all’orizzonte: la composizione della futura Commissione. È infatti abbastanza evidente a tutti, compresi gli euroscettici, che l’esecutivo di Bruxelles rappresenta il cuore pulsante di una concezione del processo di integrazione che vede nell’esistenza di un organismo “sovranazionale” una delle caratteristiche più originali del suo essere istituzione multilaterale. È dalla Commissione che nascono le maggiori proposte di nuove politiche comuni ed in parte anche gli impulsi a procedere nel cammino di una “integrazione sempre più stretta”.
Per fare ciò e sperare di ottenere il necessario consenso dei governi, la Commissione deve riuscire ad agire come attore il più unitario possibile, al di sopra delle parti e degli interessi dei singoli Paesi membri. Essa viene infatti vista come il guardiano e il tutore dell’interesse comune europeo. Nell’attuale contesto politico europeo, più orientato a proteggere i poteri e la sovranità nazionale, rispetto a quella comune, sarà interessante (e preoccupante) valutare la nomina dei nuovi commissari: Italia, Austria, Polonia e resto del gruppo di Visegrád manderanno con grande probabilità a Bruxelles sostenitori delle posizioni antieuropee e di destra dei partiti al governo.
Se oggi, quindi, solo il rappresentante ungherese nel collegio dei commissari, Tibor Navracsics (competente per il piccolo portafoglio Cultura, istruzione, gioventù e sport), può sostenere in alcune materie le posizioni devianti del suo governo, dopo le elezioni di maggio saranno ben più numerosi i membri euroscettici della prossima Commissione. In definitiva, la crescita impetuosa dell’eurodestra, non più fenomeno politico residuale, oltre a trasformare in profondità la composizione del Parlamento potrà anche rendere meno coesa ed incisiva l’azione della Commissione. Con ciò è quindi realistico immaginare che la presenza delle destre nelle istituzioni europee faccia tornare indietro l’orologio dell’integrazione ai tempi dell’Europa delle Nazioni di degaulliana memoria. A meno che le forze pro-europee, oggi in gran parte silenti di fronte al movimentismo delle destre, non si organizzino per una grande azione di mobilitazione, contrasto e proposta sul futuro dell’Unione. Ma il tempo stringe.
Foto di copertina © Sadak Souici/Le Pictorium Agency via ZUMA Press