IAI
Dopo il voto di Skopje e Atene

Macedonia del Nord: addio Fyrom, approvato il nuovo nome

25 Gen 2019 - Edoardo Corradi - Edoardo Corradi

L’approvazione da parte del Parlamento macedone della modifica costituzionale che cambia ufficialmente il nome del Paese in “Repubblica della Macedonia del Nord” apre finalmente le porte alla futura integrazione euro-atlantica di Skopje. Contestualmente, anche il Parlamento greco ha ratificato l’Accordo di Prespa – firmato lo scorso giugno per porre fine alla quasi trentennale disputa sulla legittimità dell’uso del nome “Macedonia” -. Atene aveva previsto un voto inizialmente giovedì 24 gennaio, rimandato poi al giorno successivo, quando 153 deputati (di Syriza, indipendenti e dissidenti di Anel) contro 146 hanno votato a favore della ratifica voluta dal governo di Alexis Tsipras. Il passaggio parlamentare è andato a buon fine in entrambi i Paesi, nonostante le resistenza portate avanti da una parte delle due società civili.

Nome e bilinguismo, la Macedonia cambia volto
Il percorso di integrazione euro-atlantica della Macedonia del Nord è tuttavia ancora agli inizi. La risoluzione della disputa sul nome con la Grecia era infatti una condicio sine qua non per avviare questo processo, e ora i legislatori macedoni devono aprire i negoziati con la controparte europea. L’impianto legislativo macedone deve essere notevolmente revisionato e – a differenza dell’ingresso nella Nato -, questo potrebbe portare a dei rallentamenti per la sua adesione all’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la lotta alla corruzione e le tematiche ambientali.

Negli stessi giorni, Skopje ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale la legge sul bilinguismo, che eleva la lingua albanese a lingua ufficiale del paese, garantendo maggiori diritti per la minoranza albanese. La ratifica e pubblicazione della legge sul bilinguismo è l’ultimo dei passi intrapresi dall’esecutivo macedone dopo il breve conflitto scoppiato nel 2001, quando forze ribelli albanesi compirono attacchi di guerriglia per forzare l’allora governo di Skopje a concedere maggiori diritti alla minoranza etnica.

Elezioni anticipate per rafforzare la maggioranza?
Nel frattempo, il premier macedone Zoran Zaev e il suo partito di governo, i socialdemocratici della Sdsm, sembrano intenzionati a tornare alle urne con delle elezioni anticipate. Il loro interesse è quello di capitalizzare il successo politico ottenuto dall’approvazione del cambio del nome e strutturare una più forte maggioranza in parlamento. Questo soprattutto alla luce della fuga dell’ex premier conservatore Nikola Gruevski, che ha richiesto l’asilo politico in Ungheria dopo una condanna di due anni per aver utilizzato fondi pubblici per fini personali, insieme all’ex ministro dell’Interno Gordana Jankulovska e al suo assistente Gjoko Popovski.

L’assenza dell’uomo forte dei conservatori della Vmro-Dpmne potrebbe avvantaggiare la Sdsm, che si troverebbe a correre contro un partito senza un vero leader al comando. Tuttavia, il referendum consultivo sulla questione del nome potrebbe essere un indicatore dell’andamento di possibili elezioni anticipate. A fronte di un largo consenso dei votanti per la modifica costituzionale, ad aver affossato il referendum (benché di natura consultativa) erano stati una bassa affluenza e il mancato raggiungimento del quorum. La diserzione delle urne può infatti essere letta come la contrarietà all’accordo da parte della popolazione, e quindi lasciar pensare possibile uno spostamento di voti verso la Vmro-Dpmne.

L’obiettivo è l’Unione europea
La modifica costituzionale è certamente un fattore positivo per il futuro del Paese. La risoluzione della controversia apre ufficialmente le porte per l’inizio dei negoziati con l’Unione europea, che dovrebbero avviarsi nel giugno prossimo, insieme all’Albania. Il percorso, tuttavia, è ancora molto lungo ed è dato non solo dalle criticità interne della Macedonia del Nord, ma anche dalla volontà espressa dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker di non procedere ad alcun allargamento fino al 2025. Alla finestra dell’Europa, dove già attendono Montenegro e Serbia, potrebbero aggiungersi presto anche Macedonia del Nord e Albania.

Foto di copertina © Dimitrios Karvountzis/Pacific Press via ZUMA Wire