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Al voto il 9 aprile

Israele: elezioni, centristi in crescita ma Netanyahu è favorito

24 Gen 2019 - Leone Radiconcini - Leone Radiconcini

Dopo la decisione dello scioglimento anticipato della Knesset, Israele terrà le proprie elezioni politiche il prossimo 9 aprile. Il primo ministro uscente, Benjamin Netanyahu, leader del partito di centro-destra Likud, è dato ancora per favorito, nonostante una situazione politica in rapida evoluzione dovuta principalmente alla discesa in campo dell’ex capo della Forza di Difesa Israeliana (Idf) Benjamin ‘Benny’ Gantz.

Al fine di comprendere gli sviluppi in atto va innanzitutto esaminato il sistema politico ed elettorale di Israele. Un sistema monocamerale, con un totale di 120 seggi distribuiti proporzionalmente su un collegio unico nazionale con soglia di sbarramento relativamente bassa (3,25%). Tali fattori fanno sì che ci sia un forte incentivo alla partecipazione di partiti piccoli per la successiva creazione di coalizioni governative.

Nonostante ciò, è comunque possibile individuare approssimativamente quattro principali aree all’interno delle quali si possono collocare le diverse forze partitiche: la sinistra, il centro, la destra guidata dal Likud e legata all’estrema destra ultraortodossa, i partiti arabi. Questi ultimi, date la stabile base elettorale di stampo etnico e l’assenza di particolari sviluppi, verranno, per il momento, lasciati da parte in questo articolo.

Le prospettive della destra
Il Likud, come detto, è il partito leader dell’attuale coalizione di governo; è al potere dal 2009 e la leadership di Netanyahu rimane incontrastata. Il premier si ritrova però a dover affrontare una serie di problemi giudiziari – in particolare un’accusa di corruzione – che potrebbero trasformarsi in una formale incriminazione da parte del procuratore generale, il quale ha fatto sapere di voler rendere pubblica la propria decisione in merito prima delle elezioni.

Il motivo principale dell’anticipazione dello scioglimento della Camera israeliana era proprio quello di evitare a Netanyahu di affrontare un’elezione con dei carichi pendenti. Gli effetti, però, di questa potenziale azione giudiziaria sono ancora tutti da valutare. I sondaggi sembrano confermare, per il momento, l’indifferenza dell’elettorato di centro-destra rispetto al tema delle inchieste giudiziarie, garantendo al premier uscente circa il 37% dei consensi e un aumento dei seggi per il partito tra una e tre unità.

Tra gli alleati governativi del Likud hanno particolare rilevanza le componenti dell’estrema destra, sia secolare sia ultraortodossa. Si sono fatti notare nel dibattito pubblico due ministri del governo uscente, Naftaly Bennet e Ayelet Shaked. Entrambi provengo dal partito Casa Ebraica, che si colloca all’estrema destra del panorama politico. Hanno però deciso di costituire una nuova forza: Nuova Destra.

L’idea è quella di proporre un partito che associ sia la componente secolare sia quella religiosa dell’elettorato che condivide idee radicali, quali il supporto per i coloni israeliani in Cisgiordania, il rifiuto netto di qualsiasi prospettiva legata alla potenziale nascita di uno Stato palestinese, l’applicazione di politiche identitarie sempre più nettamente indirizzate a definire la connotazione ebraica dello Stato di Israele.

Più che una novità sul piano dell’offerta politica, questo partito sembra voler strutturare un concorrente del Likud con prospettive ancor più aggressive di quelle portate avanti da Netanyahu, appellandosi ad un elettorato simile. I sondaggi sembrano premiare le scelte fatte dalla coppia di ex ministri che vedono, potenzialmente, l’assegnamento alla Nuova Destra di 12 seggi alla Knesset.

Sinistra in grave crisi, arriva la Resilienza ebraica
La sinistra occidentale sta affrontando una grave crisi politica ed elettorale, e quella israeliana non fa eccezione. L’Unione sionista, una forza composta dal Partito laburista e dall’Hatnuah, ha infatti vissuto un inaspettato shock in diretta televisiva. Il leader laburista Avi Gabbay ha deciso di umiliare pubblicamente la sua partner elettorale, Tzipi Livni, durante un incontro a Gerusalemme, dichiarando l’impossibilità di portare avanti il progetto politico comune a causa della mancanza di fiducia fra le parti e mettendo fine all’esperienza dell’Unione sionista.

Tale gesto eclatante ha avuto l’effetto di far calare drasticamente nei sondaggi il Partito laburista e il campo della sinistra in generale, affondando di conseguenza la principale opposizione a Netanyahu e rendendo ancora più probabile una rinnovata vittoria di quest’ultimo.

L’ex capo dell’Idf Benny Gantz ha annunciato lo scorso 27 dicembre che prenderà parte alle consultazioni con un proprio movimento centrista: Resilienza per Israele. Questa scelta può essere inquadrata in una tendenza che ha visto molti ex generali prendere parte alle elezioni in Israele e, in alcuni casi, ottenere sia consensi sia successi politici. L’attenzione riservata a Gantz è stata alta, come l’apprezzamento espresso nei suoi confronti dall’opinione pubblica. Sembra infatti che il generale costituisca l’unica potenziale alternativa a Netanyahu.

Nonostante ciò, i sondaggi affermano che se si votasse oggi il leader di Resilienza ebraica otterrebbe solamente 12 seggi, decisamente pochi rispetto ai 32 prospettati per il Likud, rendendo improbabile un cambio di colore – e di indirizzo politico – del governo. Per questo motivo, il generale sta cercando alleati con cui ampliare la propria piattaforma politica, come Orly Levy-Abekasis, capo del partito Gesher (Ponte), con cui Gantz si è incontrato il 17 gennaio. Considerando, però, che i sondaggi danno Gesher al di sopra della soglia di sbarramento, un’unione fra le due realtà sembra poco probabile.

Altri interlocutori di Gantz sono Gabi Ashkenazi e Moshe Ya’alon, entrambi ex capi dell’Idf e quest’ultimo anche leader del partito Telem. L’idea del fondatore di Resilienza per Israele è quella di costituire una forza che abbia ai suoi vertici un’indiscutibile competenza nella gestione della sicurezza dello Stato e al contempo possa diventare sufficientemente grande da attrarre gli altri piccoli partiti centristi, di modo da poter sfidare realmente la destra di Netanyahu alla leadership del Paese.

Futuro incerto
La situazione politica di Israele, nella sua continuità con il passato, nasconde in realtà una forte incertezza. Sebbene il Likud e Netanyahu offrano una prospettiva di sicurezza e stabilità per il governo, le accuse indirizzate al premier gettano l’ombra di una possibile crisi della sua leadership.

Se Gantz riuscisse nel suo progetto di strutturazione di un’alternativa centrista per le prossime elezioni a Israele, questa sarebbe la prima volta nella storia politica del Paese in cui una coalizione governativa viene strutturata in assenza di uno dei due partiti storici come guida del gabinetto: il partito laburista ed il Likud.

Foto di copertina © Xinhua via ZUMA Wire