Israele: verso elezioni anticipate al 9 aprile
Il 23 dicembre la Knesset ha annunciato che le prossime elezioni politiche in Israele saranno anticipate: originariamente previste a novembre 2019, dovrebbero invece tenersi il 9 aprile. Il sistema politico è su base monocamerale e quello di voto proporzionale, con maggioranza spesso garantita da alleanze. Israele è un Paese con etnie e religioni diverse: gli ebrei costituiscono il 76% della popolazione, arabi musulmani e cristiani sono il 20% e il restante 4% è composto da altri gruppi. Di conseguenza, le preferenze politiche variano sulla base delle diverse realtà regionali, a vantaggio di un pluripartitismo tipico dei Paesi democratici. Oggi negli insediamenti in Cisgiordania prevale la destra ultra-ortodossa, a Gerusalemme il centrodestra, a Tel Aviv e nei kibbutz l’unione sionista di centrosinistra, mentre negli abitati a maggioranza araba è la Lega Araba ad avere un consenso pressoché unanime.
Sicurezza e sfide future
Parlando di Israele, verrebbe subito da pensare che l’elettore sia spinto a scegliere fra i partiti che offrono le maggiori condizioni di sicurezza. Nulla di più fuorviante, in quanto tutti gli schieramenti non hanno alcun dubbio sulla priorità in materia di difesa dello Stato, indipendentemente dalla fede religiosa e dal credo politico. La vita è cara a tutti, ebrei e arabi, e in caso di attacco anche l’arma più intelligente non riuscirebbe a discriminare le vittime in base all’etnia o alla religione. Pertanto, qualsiasi sia la coalizione che guiderà il Paese, la difesa non è assolutamente in discussione.
Ne consegue che in cima alle agende dei leader ci saranno altre argomentazioni non meno importanti, prima tra tutte la questione palestinese, alla luce soprattutto della recente decisione dell’Onu che autorizza la Palestina ad operare dal 2019 nell’ambito dell’Assemblea generale in qualità di membro, ancorché non ancora ufficialmente uno Stato. Seguono il pericolo terrorismo, il nodo Gerusalemme e i territori occupati, passando per il riconoscimento della connotazione ebraica di Israele, senza dimenticare programmi sul rilancio dell’economia e sul costo della vita, la disoccupazione giovanile e i prezzi del mercato immobiliare. Inoltre, la campagna elettorale ruoterà anche su un altro tema prioritario per il Paese: la leva militare per gli ebrei ortodossi, a oggi esentati e già beneficiari di una serie di concessioni criticate dagli elettori laici, che rappresenta uno dei nodi che ha portato alla decisione di anticipare la sessione elettorale.
Alleanze strategiche
In politica internazionale sarà fondamentale cercare alleanze che appoggino la visione israeliana per quanto riguarda l’Iran. Gli Stati Uniti resteranno un partner fondamentale, specialmente con l’attuale Amministrazione protagonista dell’uscita dagli accordi sul nucleare iraniano e del trasferimento dell’Ambasciata a Gerusalemme.
Qualcosa, invece, parrebbe essersi incrinato nei rapporti con la Russia, sia a seguito delle decisioni maturate con gli accordi di Tabriz e la concessione di basi avanzate iraniane in Siria, a ridosso delle alture del Golan, sia per l’incidente avvenuto nel settembre scorso, con l’abbattimento di un aereo militare russo da parte siriana, per il quale Mosca ritiene Israele responsabile.
I protagonisti: Netanyahu, gli outsider Benet e Shaked, il laburista Gabbay
Negli ultimi anni, l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu si è rivelato particolarmente efficace, soprattutto in campo diplomatico, dove ha rafforzato le relazioni industriali e commerciali con l’India e investito in Centrafrica. Cruciale è stato il dialogo con Stati arabi moderati e Paesi dell’Asia Centrale, con i quali sono stati siglati accordi in campo energetico. In politica interna, invece, va evidenziata l’approvazione della legge sulla connotazione ebraica di Israele nello scorso mese di luglio, che ha scatenato non poche polemiche, specie da parte della minoranza araba.

Secondo fonti locali sarebbe in aumento il consenso alla destra nazionalista, nella quale spiccano le figure del ministro dell’Economia e della Diaspora, Naftali Bennett, e del ministro della Giustizia, Ayelet Shaked. Oltre alla giovanissima età, li accomuna lo stesso cammino politico svolto finora. Entrati entrambi in politica nel 2006 nelle liste del Likud, ma con diverse mansioni, hanno lasciato insieme il partito centrista tra le polemiche nel 2008, per fondare la Casa Ebraica, schieramento di ideologia sionista nato dalla fusione dei partiti religiosi Moledet e Tkuma.

Bennett è un multimilionario che deve le sue fortune alla vendita di una compagnia informatica da lui stesso fondata. Laureato in legge, ha prestato servizio in qualità di ufficiale nelle forze speciali israeliane. Attualmente è il leader del partito. Shaked è nata e cresciuta a Tel Aviv, dove si è laureata in ingegneria informatica. Unica esponente laica all’interno di un partito a fortissima connotazione religiosa, è particolarmente apprezzata per la sua abilità politica, che le ha consentito di ottenere l’appoggio di diversi gruppi nazionalisti e religiosi israeliani, spesso in competizione tra loro.

Per una sinistra in cerca di rinnovamento, invece, si segnala il laburista Avi Gabbay, ex ufficiale dell’intelligence che, pur non vantando particolari esperienze politiche, ha sbaragliato il più esperto Isaac Herzog alle primarie di partito, ottenendo il 52% dei consensi. Le sue doti intellettuali e carismatiche sono univocamente riconosciute.
Previsioni elettorali, tra Hamas e l’ascesa dei nazionalisti
I risultati delle elezioni dipenderanno sicuramente da una serie di fattori. Innanzitutto, le leve psicologiche della paura di un elettorato a netta maggioranza ebraica. Inoltre, bisognerà valutare la posizione dei partiti arabi, indecisi se presentarsi con un’unica lista, come nel 2015, oppure divisi per favorire alleanze di maggioranza, magari con il centrosinistra che non guida il Paese da un decennio. Infine, bisognerà valutare il crescente consenso della destra nazionalista senza escludere la candidatura di Netanyahu, nonostante il calo di consensi a causa delle recenti accuse di corruzione, frode e violazione della fiducia.
In tale ottica, peserà moltissimo la risposta militare nei confronti di Hamas, a seguito dei continui attacchi provenienti dalla Striscia di Gaza, e di Hezbollah, nel nord del Paese, dove recentemente è stato scoperto e distrutto un tunnel probabilmente creato dalla milizia sciita. Le ultime elezioni amministrative dello scorso novembre hanno evidenziato un centrosinistra in ascesa. Ciononostante, appare difficile che possa raggiungere i numeri sufficienti per guidare l’esecutivo dopo la prossima tornata elettorale politica.