Grande Guerra: cento anni dopo, l’eredità nelle tensioni odierne
Com’è stato debitamente ricordato nelle scorse settimane, esattamente un secolo fa le armi delle potenze europee tacquero, dopo aver insanguinato il continente per quattro anni nel conflitto più devastante che la storia avesse conosciuto fino ad allora, per questo rimasto conosciuto come la Grande Guerra.
Ma la classica periodizzazione che fissa l’11 novembre 1918 come conclusione della prima guerra mondiale appare inadeguata se si pensa agli spargimenti di sangue che avrebbero tormentato gran parte dell’Europa centrale e orientale, e del Medio Oriente, negli anni successivi.
Tali ostilità avrebbero impedito la rimarginazione delle ferite provocate dalla Grande Guerra e anzi ne avrebbero aperte di nuove, ponendo le premesse per il secondo conflitto mondiale. Ma non basta: esse avrebbero lasciato una pesante eredità, che proprio un secolo dopo sembra riemergere nei focolai di crisi che affliggono sia il nostro continente che la regione mediorientale.
Corsa all’autodeterminazione
La rivoluzione russa del 1917 e il crollo degli imperi centrali, anche sotto la spinta di convulsioni interne, scatenarono una nuova ondata di violenza rivoluzionaria e controrivoluzionaria che negli anni seguenti avrebbe investito i territori dell’ex impero russo ma anche parte della Germania e dell’Austria-Ungheria, così come i possedimenti ottomani.
Interpretando la celebre dichiarazione in 14 punti del presidente americano Woodrow Wilson (8 gennaio 1918) come una conferma del diritto all’indipendenza, le differenti nazionalità che componevano questi imperi si sollevarono rivendicando territori contesi e dai confini incerti.
Le frontiere tracciate dalle potenze vincitrici della grande guerra crearono nuovi stati multietnici e instabili, dalla Polonia ai Balcani, e dalla Palestina all’Iraq. In Medio Oriente questi Paesi cominciarono subito a opporsi al nuovo giogo imposto loro dalle potenze coloniali europee.
Il neonato Stato ucraino, che sperimentò la sua prima effimera indipendenza tra il 1918 e il 1919, vide scontrarsi sul proprio suolo nazionalisti e anarchici, ma anche russi, polacchi, tedeschi e forze austro-ungariche. Passata sotto il controllo sovietico, l’Ucraina avrebbe riunito nel proprio territorio province appartenute all’Austria asburgica assieme a territori dell’ex impero russo, covando in seno una frattura riemersa nella guerra civile di questi anni.
Nell’Europa occidentale le tensioni accumulatesi fra inglesi e irlandesi durante la grande guerra sfociarono nel conflitto anglo-irlandese. Il trattato del dicembre 1921 aprì la strada all’indipendenza irlandese, ma la sua conseguenza maggiore fu la divisione dell’isola, in base alla quale le contee nordorientali, protestanti e filo-britanniche, si separarono dall’Irlanda cattolica rimanendo nel Regno Unito. Questo confine, di fatto abrogato dalla nascita dell’Unione europea, è tornato alla ribalta a seguito del sofferto negoziato fra Londra e Bruxelles sulla Brexit.
La frattura fra turchi e arabi
Ma è soprattutto in Medio Oriente che gli strascichi della prima guerra mondiale posero le premesse per un secolo di nuovi conflitti. La grande guerra non comportò soltanto la disintegrazione dell’impero ottomano, ma anche la fine della secolare alleanza politico-culturale fra la società turca e quella araba.
I Paesi e i popoli mediorientali non poterono sottrarsi alle forze scatenate dal conflitto e dovettero scegliere se allearsi con gli imperi centrali o con le potenze dell’Intesa. La guerra determinò una nuova ondata di colonizzazione europea, ma anche il radicamento del nazionalismo, prima estraneo al mondo mediorientale.
Alle conferenze di pace di Versailles e Parigi, tuttavia, le delegazioni arabe compresero che il diritto all’autodeterminazione celebrato dalle potenze vincitrici valeva soltanto per l’Europa. La grande insurrezione araba protrattasi fino al 1920 (che aveva visto molti arabi sollevarsi contro i turchi, ma molti altri combattere al fianco di questi ultimi) fu piegata agli interessi anglo-francesi.
Spartizione anglo-francese
Grazie alla loro forza militare, le potenze coloniali ridisegnarono i confini regionali. Una regione araba frammentata in piccoli principati sotto un controllo britannico più o meno diretto era l’obiettivo strategico perseguito da Londra, per creare un cuscinetto a protezione dei propri possedimenti d’oltremare.
La Gran Bretagna separò così la Palestina mandataria dalla Transgiordania, mentre incorporò la provincia ottomana di Mosul e le regioni curde di Erbil e Sulaimaniya nei confini iracheni. In questo modo i pozzi petroliferi da Bassora a Kirkuk passarono sotto la gestione unificata della neonata Iraq petroleum company, controllata da Londra.
Dal canto loro, i francesi incoraggiarono il separatismo alawita per indebolire il movimento nazionalista in Siria. Dalla porzione del Levante sotto il loro controllo, essi ricavarono uno Stato alawita nel 1920 in aggiunta al Gebel druso e al Grande Libano, precursore del Libano attuale.
La nuova identità turca
La Turchia ottomana si vide spogliata dei propri possedimenti imperiali e sull’orlo stesso dell’annientamento, prima che la resistenza turca guidata da Mustafa Kemal liberasse l’Anatolia dalle potenze dell’Intesa.
La presa di Smirne e la cacciata dell’esercito greco nel 1922 portarono a compimento questo processo ponendo fine al sogno neo-bizantino di Atene. Ma il conflitto greco-turco comportò un’ulteriore catastrofe, con lo scambio forzato di centinaia di migliaia di cittadini greci e turchi.
La frattura consumatasi con il mondo arabo e la spinta verso l’Europa impressa alla Turchia da Kemal spiegano l’attuale identità ibrida del Paese, ma anche le aspirazioni neo-ottomane dell’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan.
La nascita della Repubblica turca fu sancita dal trattato di Losanna del 1923, che fissò inoltre i nuovi confini regionali deludendo le aspirazioni di curdi e armeni. Il carattere arbitrario di questi confini, emerso a più riprese, si è palesato drammaticamente negli attuali conflitti in Siria e Iraq.
La Persia nella morsa anglo-russa
Ma neanche la Persia – invasa da russi e inglesi durante il conflitto mondiale in chiave anti-ottomana – fu risparmiata. Le vicende belliche e la confisca del grano provocarono carestie ed epidemie disastrose, che portarono al crollo della dinastia Qajar e all’insediamento dei Pahlavi con un golpe appoggiato dagli inglesi nel 1921.
Negli anni successivi, con i russi presi dagli strascichi della rivoluzione comunista, la Gran Bretagna rimase attore egemone in territorio persiano, controllando le risorse petrolifere del Paese e consolidando l’inimicizia fra Londra e il popolo iraniano.
La Grande Guerra, originata dalla smodata competizione fra le potenze dell’epoca e dalle tensioni economiche e sociali irrisolte di un mondo già allora globalizzato e interconnesso, ci ha dunque trasmesso un lascito che influenza profondamente le attuali dinamiche internazionali, ma che allo stesso tempo dovrebbe costituire un monito da non trascurare nella gestione delle dispute fra Stati.