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Lezioni per il Mediterraneo allargato

Giappone: la strategia nell’Indo-Pacifico vista dall’Italia

18 Dic 2018 - Francesco Brunello Zanitti - Francesco Brunello Zanitti

Il Giappone ha avviato negli ultimi anni un’ampia strategia commerciale che può essere interpretata come una risposta alla crescente egemonia cinese. In questo progetto gioca un ruolo molto importante l’alleanza con l’India, indirizzata, assieme ad altri aspetti, a favorire investimenti in Africa orientale. Posta tale strategia del Giappone nell’Indo-Pacifico, un’area molto più vasta rispetto al Mediterraneo allargato, essa può essere un modello di riferimento per la politica mediterranea dell’Italia?

In un’epoca caratterizzata dalle misure protezionistiche statunitensi, il Giappone ha programmato una serie di iniziative di lungo periodo per potenziare la propria economia. A dire il vero, già da alcuni anni Tokyo ha presentato un proprio modello di sviluppo attraverso investimenti ed esportazioni di tecnologie e know how.

Il Giappone è la principale economia della Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership, un organismo commerciale multilaterale creato nel marzo 2018 ed erede della Trans-Pacific Partnership (Tpp), abbandonata dagli Stati Uniti nel gennaio 2018. Allo stesso tempo, Tokyo sta trattando la conclusione della Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), un ambizioso accordo di libero scambio tra lo stesso Giappone, l’Asean (la comunità dei Paesi del sud-est asiatico) e altri Stati, tra i quali la Cina, l’India, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda.

Una strategia commerciale in risposta alla Cina
La strategia giapponese è possibile interpretarla come una risposta ai progetti cinesi terrestri e marittimi della Nuova Via della Seta (la Belt and Road Initiative), in un’area dove va delineandosi una crescente egemonia di Pechino, accompagnata da una strategia statunitense non sempre congeniale agli interessi di Tokyo. Non a caso, alcuni analisti giapponesi hanno ipotizzato la necessità di sganciare la politica estera ed economica giapponese da quella di Washington.

Il 2018 ha registrato interessanti avvicinamenti tra il Giappone e la Cina e, mentre Pechino è il principale bersaglio della guerra commerciale posta in essere dalla Casa Bianca, allo stesso tempo anche Tokyo ha subito l’innalzamento delle tariffe legate alle importazioni statunitensi di acciaio e alluminio.

La guerra commerciale sino-statunitense ha imposto alla Cina una diversa considerazione dei propri rapporti con il Giappone per bilanciare le perdite economiche derivate dal peggioramento delle relazioni con gli Usa, mentre Tokyo osserva con preoccupazione l’approccio statunitense al dossier nordcoreano.

Il nuovo partenariato indo-giapponese
In un tale contesto, Tokyo punta significativamente al rafforzamento del proprio rapporto con l’India, un’alleanza vista come una Special Strategic and Global Partnership. Il rapporto tra i due Paesi ha raggiunto una dimensione qualitativamente importante, favorendo la presentazione della Japan and India Vision 2025, una strategia bilaterale indirizzata alla ricerca della pace e della prosperità nell’Indo-Pacifico e nel mondo, alla quale si aggiunge lo sviluppo congiunto dell’Asia-Africa Growth Corridor (Aagc).

La cooperazione indo-giapponese riguarda un vasto corridoio strategico ed è indirizzata a connettere i porti di Jamnagar (Gujarat, India) a Gibuti; i porti di Mombasa e Zanzibar con Madurai (Tamil Nadu, India); il porto di Calcutta con Sittwe in Myanmar. Altre possibilità riguardano lo sviluppo infrastrutturale di Sri Lanka, Myanmar e Bangladesh, iniziative di business e potenziamento del sistema sanitario in Kenya.

Le parole chiave di questa strategia giapponese sono libertà di navigazione, grandi progetti infrastrutturali per una crescita collettiva, apertura commerciale, rispetto dell’integrità territoriale degli Stati e del diritto internazionale, pacifica risoluzione delle controversie.

Un modello di riferimento per l’Italia?
Considerato questo orizzonte di riferimento, apparentemente lontano dal contesto geografico italiano, esso pone in evidenza alcuni spunti di riflessione per la politica estera del nostro Paese. Se il Giappone è in grado di proporre, attraverso il pacifismo proattivo e il soft power, una strategia per un’area tanto vasta come l’Indo-Pacifico, perché l’Italia non può mettere in atto un disegno simile per il Mediterraneo allargato? Perché non pensare a un corridoio di sviluppo euro-africano promosso dall’Italia, che rimane con il suo know how un attore di rilievo nell’economia globale?

Si parla ormai da decenni del necessario sviluppo dell’Africa; il Giappone ha proposto una simile politica partendo da un territorio ben più distante del nostro dal continente africano. In maniera simile al disegno giapponese, che vede l’India alleato di un progetto di ampio respiro, l’Italia dovrebbe favorire una propria politica proattiva, considerata la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo e a ridosso delle coste africane.

Se un’azione nel Mediterraneo è impossibile da svolgere in maniera isolata, il nostro Paese dovrebbe cercare in Europa gli alleati per una strategia di più lungo respiro, ponendo in evidenza che la stabilità e la crescita dell’Africa e del Mediterraneo allargato soddisferanno gli interessi di lungo periodo dell’Italia stessa e dell’intero continente europeo. Continuare con le “competizioni” in corso tra Stati europei in Africa – ciò che sta chiaramente avvenendo in Libia tra Italia e Francia – è certamente possibile e la storia ha innumerevoli esempi di conflitti e occasioni perse. Tuttavia, mentre si osservano forme di collaborazione afro-asiatiche, tali “competizioni” tra Stati europei rappresentano un modello ormai passato e controproducente per il nostro futuro.

Foto di copertina © Press Information Bureau/Planet Pix via ZUMA Wire