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Velivoli senza pilota

Droni: la Cina è vicina al sorpasso sugli Usa? Non ancora

10 Dic 2018 - Andrea Gilli, Mauro Gilli - Andrea Gilli, Mauro Gilli

Il China Airshow di Zhuhai è una vetrina significativa dove la Cina che trova ogni anno l’occasione giusta per mostrare i progressi in tema di capacità aerospaziali e, quindi, anche di velivoli senza pilota, i cosiddetti droni. Come nelle precedenti edizioni, l’evento ha visto l’industria cinese svelare diverse tecnologie estremamente avanzate: quest’anno, nel campo della propulsione, dei radar e delle tecnologie stealth. La maggior attenzione, tuttavia, sì è concentrata su un nuovo drone, il CH-7, che assomiglia al dimostratore americano XB-47B di Northrop Grumman.

Molti analisti e osservatori hanno reagito a questa notizia con preoccupazione. Questi sviluppi confermerebbero, infatti, alcuni presentimenti che circolano da anni in ambienti accademici e militari: la Cina avrebbe finalmente raggiunto, se non sorpassato, gli Stati Uniti in campo tecnologico, almeno per quanto riguarda i velivoli senza pilota.

Conclusioni che possono apparire esagerate. In primo luogo, gli analisti hanno basato le loro conclusioni sull’osservazione dei droni cinesi esposti alla manifestazione. Che cosa possiamo esattamente ricavare dalla loro esposizione? In termini pratici, non molto: le caratteristiche più importanti dei moderni sistemi d’arma – i sensori, il software, le capacità di fusione dei dati, così come l’ingegneria del software e l’architettura del sistema – non possono essere valutate con un semplice scatto fotografico.

Una tecnologia fondata sulla precisione
Per quanto riguarda i sensori aerospaziali cinesi e il relativo software, senza accesso a fonti d’intelligence è molto difficile valutare le capacità cinesi. Senza dubbio, negli ultimi vent’anni la Cina ha ottenuto risultati impressionanti nel settore aerospaziale, compresa l’elettronica per la difesa. Tuttavia Pechino ha anche incontrato alcuni ostacoli. Sappiamo che il suo aereo da combattimento più moderno, il J-20, non è dotato di un sistema di puntamento elettro-ottico aria-terra, mentre lo sviluppo di alcuni dei suoi sensori a infrarossi e del software di controllo di volo ha incontrato diverse difficoltà.

Quindi, il poco che sappiamo ci porta a dedurre che lo sviluppo del drone cinese di nuova generazione non eviterà verosimilmente problemi analoghi, soprattutto perché un sistema autonomo come quello esposto a Zhuhai richiede un software significativamente più grande e più complesso di un caccia con equipaggio come il J-20.

Sembra dunque abbastanza improbabile che la Cina abbia colmato il divario con gli Stati Uniti, anche perché, non sapendo quanto avanzate siano le capacità tecnologiche e industriali cinesi, non c’è motivo di concludere che i sistemi messi in mostra a Zhuhai siano pronti ad entrare in servizio. I moderni sistemi d’arma richiedono anni di ricerca e sviluppo, con ampie ed estenuanti attività di test e perfezionamento, fino al raggiungimento di un livello di efficienza simile a quello dell’industria dell’orologeria svizzera. Infatti errori e imprecisioni anche estremamente piccoli sono sufficienti a portare a guasti sistemici o a rendere il velivolo vulnerabile alle contromisure nemiche.

Come spieghiamo in un nostro articolo accademico sui limiti dell’imitazione tecnologica, del reverse-engineering e del cyber-spionaggio (in uscita a gennaio sulla rivista accademica International Security), la complessità dei moderni sistemi d’arma è tale da generare una miriade di problemi anche molto piccoli e subdoli, in grado però di compromettere la missione stessa e l’affidabilità di una piattaforma militare. Il caso dello sviluppo del software è istruttivo: l’esperienza dice che, per ogni 1000 righe di codice, si fanno in media 5,9 errori. Ogni errore richiede tempo per la sua risoluzione e un moderno caccia da combattimento ha milioni di linee di codice. Tanto per i giganti della tecnologia militare quanto per la Cina non ci sono scorciatoie: anticipare, rilevare, comprendere e affrontare problemi tecnici durante i grandi progetti di difesa richiede tempo e sforzi notevoli.

Copiare tecnologie: inutile senza il know-how adatto
Vi è poi una questione finale. Alla vista delle immagini del CH-7 arrivate da Zhuhai, molti hanno sottolineato le evidenti somiglianze con il dimostratore americano XB-47B di Northrop Grumman e ancor più con il RQ-170 Sentinel prodotto dall’americana Lockheed Martin, arrivando a concludere che la Cina abbia semplicemente copiato la tecnologia americana.

Il caso del Sentinel è interessante: si tratta del drone che si è schiantato in Iran nel 2011 e che Teheran avrebbe copiato, dando ampio risalto alla vicenda. In realtà, nonostante il seguito e l’attenzione dei media, nel caso iraniano, non c’è alcuna prova di un successo nell’imitazione delle tecnologie più complesse. Ciò che si è visto è semplicemente un telaio. Imitare sistemi d’arma avanzati è molto più difficile di quanto generalmente affermato da studiosi ed esperti.

Tra le molte ragioni, il know-how riguardante i nuovi sistemi d’arma, e quindi anche i droni, non si diffonde da un Paese all’altro con la stessa facilità di quanto generalmente assunto. Le tecnologie moderne non aiutano molto: nonostante quanto si possa pensare, gran parte di questo know-how è, infatti, implicito e la conoscenza implicita non si muove facilmente tra persone e ancora meno tra Paesi.

Ovviamente, il lettore più scettico potrebbe legittimamente dubitare delle nostre parole e ritenere che la Cina abbia raggiunto gli Stati Uniti, almeno per quanto riguarda i droni di nuova generazione. Ciò, però, non cambierebbe l’equazione riguardante la distribuzione del potere militare. Nonostante l’enfasi data ai droni e, più in generale, a tutti i sistemi senza piloti, il potere militare si fonda su numerosi elementi. Tra questi: l’integrazione di piattaforme diverse, il fattore umano cosi come quello organizzativo.

Ne abbiamo discusso a fondo in un articolo pubblicato due anni fa sulla rivista accademica Security Studies. L’implicazione è abbastanza chiara. Se anche la Cina avesse a disposizione il più avanzato drone al mondo, le sue capacità militari complessive non ne risulterebbero significativamente rafforzate. Le operazioni militari moderne si fondano sulla capacità di collegare varie piattaforme e le prestazioni di un network dipendono strettamente da quelle del suo anello più debole.