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Diritti della minoranza in Transcarpazia

Ungheria/Ucraina: l’ombra della Russia dietro le tensioni

16 Nov 2018 - Oleksiy Bondarenko - Oleksiy Bondarenko

Non sembra stemperarsi la spirale di tensione tra Kiev e Budapest, innescata di recente da un crescendo di accuse reciproche. L’Ungheria promette di bloccare l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina, mentre Kiev ha da poco espulso il console magiaro. Anche se la diplomazia è costantemente al lavoro, la retorica nazionalista del premier Viktor Orbán da una parte e del presidente Petro Poroshenko dall’altra sta allontanando i due Paesi.

Le relazioni tra i due vicini che condividono circa 140 chilometri di confine lungo il fiume Tibisco, affluente del Danubio, sono state caratterizzate negli ultimi trent’anni da rispetto e sostegno reciproco; ma la questione della minoranza ungherese in Ucraina, oltre alle numerose controversie territoriali che affondano le radici nel passato, sono stati sempre temi ricorrenti sull’asse Kiev-Budapest. In Ucraina, infatti, vivono più di 150 mila ungheresi, prevalentemente nella regione della Transcarpazia, ed è proprio intorno a questa minoranza che le relazioni sono diventate gelide.

Le origini della contesa tra i banchi di scuola
Anche se l’Ungheria è stato il primo Paese a riconoscere l’Ucraina indipendente e a stabilire relazioni diplomatiche con Kiev, la sua posizione nei confronti del vicino è rimasta piuttosto ambigua negli ultimi anni. Nonostante il pieno supporto alle aspirazioni europee espresse durante e dopo le proteste di piazza Maidan, non vanno dimenticate le buone relazioni tra Orbán e il deposto presidente ucraino Viktor Yanukovich, la preoccupazione a più riprese espressa da Budapest per il ruolo dei movimenti nazionalisti nell’Ucraina post-2014 e le ambigue relazioni tra il leader ungherese e Mosca. La questione della minoranza ungherese in Transcarpazia, e più precisamente la garanzia della sua autonomia all’interno dell’Ucraina, è rimasta così il vero ago della bilancia nelle relazioni bilaterali.

Il fatto che i problemi latenti si siano riacutizzati nel 2017 non è però una sorpresa. Nel settembre di quell’anno, infatti, il Parlamento ucraino ha approvato una nuova legge sull’istruzione che promuove, tra le altre cose, la graduale “ucrainizzazione” del sistema educativo. A farne le spese sono le minoranze linguistiche che, ad oggi, possono ancora accedere all’insegnamento in una lingua diversa dall’ucraino. La legge ha provocato una dura reazione del governo Orbán, che da allora ha minacciato a più riprese di bloccare le prospettive di integrazione euro-atlantica dell’Ucraina.

Alle critiche pervenute anche da altri Paesi vicini – tra cui Polonia, Romania e Moldavia -, Kiev ha fatto spallucce. La legge sull’istruzione rientra, infatti, in un più ampio tentativo di ucrainizzazione portato avanti da Poroshenko e sostenuto dalle frange nazionaliste. Percepito come uno strumento per affrancarsi dall’influenza russa, la questione linguistica ha dominato il dibattito interno dopo l’annessione della Crimea e lo scoppio della guerra nel Donbass.

Quote restrittive sull’uso delle lingue straniere in televisione, liste nere sui libri e sui film russi sono solo alcuni degli esempi dei tentativi, a volte schizofrenici, del governo ucraino di limitare l’uso della lingua russa nel Paese. La questione dei diritti della minoranza ungherese rientra, così, in un contesto più ampio in cui il Paese sembra aver intrapreso la via dell’ucrainizzazione dello spazio socio-culturale.

La crescente influenza di Budapest
La crescente tensione tra i due vicini ha però profonde radici interne che risiedono in entrambi i Paesi. Se è vero che da una parte la politica di ucrainizzazione promossa da Kiev rischia di mettere in pericolo la già ridotta autonomia della minoranza ungherese in Transcarpazia, è altrettanto vero che il terzo governo Orbán ha segnato una definitiva svolta in chiave nazionalista per l’Ungheria. Il governo magiaro ha annunciato lo scorso luglio, ad esempio, l’introduzione di un commissario ministeriale per lo sviluppo della Transcarpazia, non badando evidentemente al fatto che questa sia una regione ucraina.

Inoltre, l’influenza di Budapest sulla regione è in costante aumento, fattore che preoccupa non poco Kiev. L’Ungheria continua a promuovere ad esempio aiuti finanziari alla diaspora tramite il ruolo attivo sul territorio di numerose fondazioni come l’“Egan Ede Foundation”. Inoltre, grazie al supporto del governo appena qualche mese fa un’associazione culturale locale è stata in grado di acquistare il 50% di un canale televisivo regionale, promettendo di trasmettere anche in ungherese.

Ma a provocare maggiore preoccupazione a Kiev è la politica della concessione della cittadinanza da parte di Budapest. Negli ultimi anni infatti l’Ungheria ha distribuito circa un milione di passaporti alla propria diaspora nel mondo, di cui più di 90 mila in Ucraina. Un argomento che rimane delicato nelle relazioni con Kiev, non solo perché la legislazione ucraina proibisce la doppia cittadinanza, ma soprattutto perché secondo le recenti accuse di Kiev (e dei video circolati in rete), lo stesso personale consolare avrebbe continuato ad istruire coloro che ricevevano il passaporto ungherese a nascondere il fatto alle autorità ucraine. La reazione non si è fatta attendere, tanto che a inizio ottobre Kiev ha deciso di espellere il console ungherese in Transcarpazia.

Scontro tra nazionalismi
La crisi tra i due Paesi però rischia di riverberarsi ben oltre le diatribe diplomatiche. Alla crescita della tensione politica ha fatto da contraltare un aumento di episodi d’intolleranza su base etnica. Se dalla parte ungherese il partito di estrema destra Jobbik ha iniziato a parlare con maggiore insistenza di una vera e propria annessione della Transcarpazia, a partire dal 2017 sono drasticamente aumentati gli attacchi ai danni della comunità ungherese da parte dei nazionalisti ucraini. A febbraio, ad esempio, la sede del partito ungherese a Uzhgorod è stata colpita da attacchi incendiari a colpi di molotov. Mentre più di recente il sito Myrotvorets, database legato ufficiosamente al ministero degli Interni che espone dati personali di persone accusate di attività anti-ucraina (tra cui anche giornalisti occidentali), ha pubblica una lista nera di 300 persone che hanno di recente ottenuto il passaporto ungherese.

Sullo sfondo rimane ad osservare, ovviamente, il convitato di pietra. Il rallentamento del già di per sé difficile e lungo processo di avvicinamento di Kiev alle istituzioni euro-atlantiche rimane uno dei principali obiettivi geopolitici della Russia di Vladimir Putin. Proprio l’Ungheria di Orbán, grazie al recente riallineamento sullo scacchiere europeo, rimane l’interlocutore chiave del Cremlino all’interno dell’Unione europea, da un punto di vista sia economico sia politico. Anche se la tensione tra Kiev e Budapest ha più a che fare con le numerose contraddizioni interne ai due Paesi, a trarne i maggiori benefici politici potrebbe essere proprio Mosca.

Foto di copertina © Russian Look via ZUMA Wire

Questo articolo è frutto di una collaborazione editoriale tra Istituto Affari Internazionali e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. Una versione è stata originariamente pubblicata su OBCT.