Ue: nuovi progetti Pesco, impegno attivo dell’Italia
Il 19 novembre il Consiglio Affari esteri dell’Unione europea ha discusso gli obiettivi del Fondo europeo per la difesa (European defence fund – Edf) nel bilancio pluriennale 2021-2027 e ha lanciato la seconda ondata di progetti da svolgersi nel quadro della cooperazione strutturata permanente (Permanent structured cooperation – Pesco). In maniera analoga a quanto accaduto lo scorso anno con i primi progetti Pesco, l’Italia conferma la sua attiva partecipazione in iniziative di cooperazione con altri Paesi Ue, con un impegno più mirato in sei robuste iniziative per lo sviluppo di capacità militari.
Le new entries: Eurodrone e spazio
All’interno della seconda tornata 2018 di 17 progetti Pesco l’Italia partecipa infatti a sei nuove iniziative, ascrivibili a differenti categorie. Sulla base del documento pubblicato dal Consiglio Ue, i progetti Pesco sono suddivisi nelle seguenti tipologie: training; settore terrestre; dominio marittimo; piattaforme aeree; comunicazioni, intelligence e cyberspace; tecnologie abilitanti; spazio.
L’impegno più consistente da parte italiana si riscontra nei campi spaziale e aeronautico. Quanto allo spazio, tutte e due le iniziative Pesco appena lanciate vedono la partecipazione dell’Italia, a ulteriore conferma del ruolo attivo e importante tradizionalmente giocato dal Paese in questo campo. L’Italia partecipa allo sviluppo delle capacità europee geo-posizionali e di navigazione spaziale – facendo leva sul programma Galileo – congiuntamente a Belgio, Francia, Germania e Spagna. Roma guida inoltre, con il sostegno di Parigi, l’iniziativa che mira a garantire l’interoperabilità e la progressiva integrazione nel contesto europeo di un autonomo sistema di sorveglianza dello spazio.
Per quanto riguarda le piattaforme aeree, assieme a Francia, Germania, Spagna e Repubblica Ceca, l’Italia partecipa attivamente al progetto Eurodrone, il cui obiettivo è sviluppare un velivolo europeo a pilotaggio remoto entro il 2025, principalmente per compiti di intelligence, sorveglianza e ricognizione (Isr). Il programma Eurodrone, già avviato nel 2015 come iniziativa mini-laterale, si colloca in linea con la volontà europea di raggiungere un’autonomia strategica nelle capacità militari chiave; e la sua convergenza nel quadro Pesco è indice di un futuro impegno ancora maggiore nonché di un endorsement Ue. L’ingresso della Repubblica Ceca in questa iniziativa, inoltre, può costituire un importante segnale di apertura verso una futura partecipazione di ulteriori Stati membri, che porterebbe ad un mercato più ampio e quindi a maggiori economie di scala per il progetto europeo.
Nel campo dell’addestramento l’Italia ha deciso di unirsi a Grecia e Romania per lo svolgimento di attività di training per gli equipaggi in ambito elicotteristico, in vista di operazioni sia civili che militari. La presenza italiana è visibile anche nel settore dell’intelligence, grazie al ruolo guida esercitato nell’iniziativa bilaterale italo-francese volta a garantire lo sviluppo di piattaforme che svolgono funzioni Isr nei teatri operativi in modo continuativo.
Pesco e l’incentivo del European defence fund
Non è un caso che gli Stati membri abbiano discusso nel Consiglio Ue contestualmente di Pesco e di European defence fund. Facendo leva sulle disposizioni previste dal Trattato di Lisbona, la Pesco è stata lanciata ufficialmente a dicembre 2017 dagli Stati membri dell’Ue, e definisce un quadro normativo vincolante per i 25 Stati che hanno accettato di procedere verso una più decisa integrazione in materia di difesa. Allo stesso tempo la Commissione europea ha avviato una serie di finanziamenti nel quadro Edf che, con 500 milioni tra il 2018 ed il 2020 e 13 miliardi proposti per il bilancio settennale 2021-2027, rappresentano un forte incentivo economico alla cooperazione tra Stati membri per lo sviluppo di capacità militari.
Uno degli incentivi principali ad accettare i vincoli Pesco e le valutazioni periodiche da parte delle istituzioni europee, risiede nei benefici che scaturiscono dal legame tra quest’ultima e l’Edf. Mentre, infatti, il Fondo contribuisce a fornire un quinto delle risorse economiche per attività di ricerca e sviluppo tecnologico funzionali all’acquisizione congiunta di capacità militari, la prospettiva di un ulteriore 10 per cento di co-finanziamento in ambito Pesco – per un totale del 30 per cento dell’importo totale del progetto – rappresenta una significativa opportunità per la riduzione dell’onere finanziario a carico degli Stati.
Il ruolo dell’Italia nella Pesco
Su questa falsariga, a marzo 2018 erano stati approvati i primi 17 progetti Pesco, con una notevole presenza dell’Italia. Roma ha infatti deciso di partecipare a ben 15 progetti, impegnandosi a svolgere il ruolo di leader in quattro di essi. In particolare l’iniziativa mirata allo sviluppo di una nuova famiglia di veicoli blindati – condotta assieme a Grecia e Slovacchia – ha suscitato grande interesse, soprattutto in vista degli auspicabili ritorni in termini di interoperabilità.
Se si sommano le partecipazioni italiane a tutti i progetti Pesco approvati tra marzo e ottobre 2018, si nota che Roma è presente in ben 21 iniziative su 34, collocandosi al primo posto nella speciale classifica, alla pari con Parigi. Sebbene un coinvolgimento in un gran numero di attività non sia necessariamente sinonimo di efficienza o di rilevanza, perché vi sono differenze importanti tra i progetti in questione in termini sia qualitativi che quantitativi, il dato conferma la volontà italiana di partecipare attivamente ad iniziative europee in materia di difesa anche sotto la guida del nuovo governo. Un risultato del genere non è da sottovalutare, specie se si considerano le tensioni di quest’ultimo con Bruxelles, ad esempio riguardo alla legge di bilancio.
Oltre alla prospettiva di sfruttare le sinergie economiche a livello europeo, la spinta all’interno del quadro Pesco è comprensibile alla luce del fatto che l’Italia non fa parte di alleanze regionali o bilaterali come accade invece per molti importanti Paesi europei – ad esempio Nordefco tra i Paesi scandinavi, Visegrad tra quelli dell’Europa orientale o i trattati dell’Eliseo e di Lancaster House stipulati dalla Francia rispettivamente con Germania e Gran Bretagna.
Proprio per questo, l’Italia ha bisogno di mantenere un peso specifico importante all’interno della Pesco per favorire l’acquisizione congiunta di capacità militari e la conseguente riduzione della frammentazione, beneficiando del legame che la cooperazione strutturata ha sviluppato con l’Edf e con la revisione coordinata degli investimenti nella difesa condotta annualmente dalla European defence agency.
Alla cooperazione intra-Ue bisogna però continuare ad affiancare anche quella in ambito Nato, nonché tra la stessa Unione e l’Alleanza atlantica. Complice la Brexit, un ruolo forte dell’Italia in ambito Ue potrebbe consentire un maggiore coordinamento con la Nato, non solo in termini di interoperabilità di piattaforme ma anche per quanto attiene agli impegni sulle spese militari. In definitiva, se ben gestita, di una maggiore cooperazione ed integrazione europea nella difesa beneficiano non solo Ue e Nato, ma soprattutto la sicurezza europea e gli interessi nazionali dell’Italia.