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Manovre verso il voto del 2019

Tunisia: rimpasto di governo verso le elezioni politiche

25 Nov 2018 - Luigi Cino - Luigi Cino

Lunedì 12 novembre il primo ministro della Tunisia Youssef Chahed ha effettuato un rimpasto ministeriale, aggiungendo diversi nuovi ministri alla sua compagine governativa. Il rimpasto è stato poi sottoposto all’approvazione dell’Assemblea nazionale, che ha dato la sua fiducia all’esecutivo. Questo solo dopo una serrata discussione, in particolare sul nuovo ministro del Turismo René Trabelsi, accusato di conflitto di interessi essendo egli stato dirigente di agenzie di viaggio.

La contesa arena politica
Nell’era post Ben Ali, due sono i principali partiti che competono per il potere in Tunisia: l’islamista moderato Ennahda e la contro-coalizione Nidaa Tounes, che raccoglie i laici, alcuni dei resti del vecchio partito al potere e il movimento sindacale. I due partiti hanno favorito la transizione dagli eventi del 2011, evitando la polarizzazione ideologica e credendo nel nuovo sistema politico ed elettorale sviluppatosi con la costituzione del 2014.

L’arena politica in questo periodo è stata caratterizzata dalla competizione e dal compromesso, in particolare tra i due attori principali emersi. La ‘competizione negoziata’ tra questi due partiti ha in parte impedito l’istituzionalizzazione delle regole e configurato uno spazio di azione al di fuori delle normali prassi istituzionali. Essi hanno monopolizzato l’arena politica, impedendo una maggiore inclusività politica, e hanno ri-orientato le richieste rivoluzionarie in una forma riduttiva di pluralismo di partito che vede gli islamisti contro alcuni ex rappresentanti del regime.

All’inizio della Rivoluzione, i partiti di opposizione e i movimenti della società civile della Tunisia non erano sulla stessa linea se cooperare con ex membri del regime o continuare con la rivoluzione; Ennahda ha spinto per l’emarginazione dei lealisti, ma allo stesso tempo ha contrattato con loro. Gli islamisti si unirono al Fronte del 14 gennaio e al Consiglio per la Protezione della Rivoluzione da esso formato, che fu riconosciuto dal governo provvisorio nonostante alcune riluttanze. Questo riconoscimento fu necessario per ricanalizzare in un contesto istituzionale alcune iniziative rilevanti che chiaramente non seguivano le consuete regole istituzionali.

Ennahda e il partito conservatore hanno poi avuto successo nella loro proposta di vietare la candidatura a ex alti funzionari dell’Rcd (Rassemblement Constitutionnel Démocratique, ex partito di Ben Ali), a cui è stato impedito di correre alle elezioni del 2011. Ciò in applicazione dell’art. 15 della legge elettorale proporzionale, in cui si affermava che a tutti gli alti dirigenti del partito Rcd e a coloro che avevano sostenuto pubblicamente la candidatura di Ben Ali nel 2009 era proibito partecipare alle elezioni. Nidaa Tounes, che rappresenta un gruppo eterogeneo di persone laiciste, solo alcuni dei quali ex sostenitori del regime, ha comunque sostenuto la scelta.

In seguito, con l’assassinio del secondo leader dell’opposizione Mohamed Brahmi del Fronte popolare nel luglio 2014, Nidaa Tounes fu in grado di esercitare pressioni sul governo di Ennahda per farlo dimettere. Tuttavia, la competizione negoziata tra i due principali attori politici non ha portato a un compromesso sulle regole del gioco, ma piuttosto a una costante contrattazione su di esse, incoraggiando una forte polarizzazione nel dibattito politico. Questa polarizzazione del sistema politico tunisino può tuttavia bloccare l’accesso alla politica per molti altri attori sociali e potrebbe mettere a repentaglio la trasparenza e la responsabilità delle istituzioni.

Dissidi intra e inter-partitici
Il primo governo di Chahed era stato nominato nel 2016 come governo di unità nazionale, appoggiato dunque da entrambi gli schieramenti. Infatti, i ministri facevano parte sia dei due principali partiti sia di altre formazioni. Tuttavia, una crisi politica era stata aperta recentemente, portando il primo ministro a valutare un rimpasto nel governo. In seguito all’approvazione del suo nuovo terzo governo, Chahed ha dichiarato che tale ricomposizione garantirà una stabilità politica per la Tunisia, specialmente in vista delle elezioni politiche che si terranno nel 2019. Elezioni al cui centro ci sarà la discussione sulle condizioni socio-economiche del Paese che, dalla Rivoluzione a oggi, fatica a crescere economicamente e a combattere gli alti tassi di disoccupazione, nonostante si trovi su un sentiero di cambiamento positivo.

Tuttavia, tali dichiarazioni si scontrano con la realtà dei fatti, dove il partito di Nidaa Tounes – a cui appartengono al momento sia il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi sia il primo ministro Chahed – ha dichiarato la propria ostilità a tale rimpasto, invitando i membri del governo facenti capo al partito a dimettersi. Il partito ha invitato anche i suoi parlamentari a uscire durante il voto di fiducia, accusando il primo ministro di non aver rispettato la Costituzione nell’annunciare la scelta del rimpasto, cosa che aveva creato dissidi anche con l’attuale presidente della Repubblica dello stesso partito. Il partito islamico moderato Ennahda ha invece sostenuto, insieme ad altre due formazioni minori, il rimpasto e, nel dichiararsi soddisfatto dell’avvenuta approvazione della fiducia e dunque della chiusura della crisi politica, si è detto dispiaciuto della posizione assunta da Nidaa Tounes, con il quale spera di continuare a conservare relazioni consensuali.

Le sfide prossime per la Tunisia
La crisi politica e la sua soluzione sembrano essere state legate ad un teso clima elettorale proiettato verso le elezioni politiche del 2019. Tuttavia, è importante che i partiti principali continuino a collaborare e a condividere le regole del gioco. In particolare, essi dovranno eleggere al più presto il presidente dell’Istanza Superiore per l’Indipendenza delle Elezioni, organo fondamentale per garantire la regolarità dello svolgimento del prossimo voto. Allo stesso modo, i partiti devono lavorare al fine di rendere operative le disposizioni costituzionali che prevedono l’entrata in funzione della Corte Costituzionale.