Russia-Ucraina: Mare d’Azov, Ue è tempo di maggior chiarezza
Con l’acuirsi delle tensioni nel Mare d’ Azov, il conflitto tra Ucraina e Russia, scoppiato nel 2014 con l’annessione della Crimea da parte russa e la destabilizzazione del Donbass, entra in una nuova fase. Cosa c’è dietro questa escalation?, e come dovrebbe rispondere l’Unione europea?
Secondo le autorità ucraine, il 25 novembre una nave della guardia costiera russa ha attaccato in acque internazionali un rimorchiatore della marina ucraina che si stava dirigendo verso il porto di Mariupol nel Mare d’ Azov. Di lì a poco, navi militari russe hanno aperto il fuoco su due navi ucraine, ferendo sei marinai.
La Russia ha sequestrato tutte e tre le navi assieme ai 23 marinai ucraini che erano a bordo, in un’operazione che ha coinvolto elicotteri e caccia. Ha anche bloccato il passaggio di navi mercantili nello Stretto di Kerch che collega il Mare d’ Azov al Mar Nero. E ha accusato i marinai ucraini di aver violato i confini marittimi della Federazione russa e di avere svolto manovre pericolose.
La strategia russa
Per mesi la Russia ha rinforzato la sua posizione nel Mare d’ Azov, limitando l’accesso dell’Ucraina ai suoi porti orientali. Nel fare ciò Mosca sembra perseguire una strategia simile a quella attuata in Georgia, dove la graduale annessione dell’Ossezia del Sud ha preso anche la forma di un costante mutamento dei ‘confini’ con la Georgia.
Così facendo in Ucraina, la Russia ora persegue il prezioso obiettivo di portare il focus dell’opinione pubblica russa lontana dalle politiche interne per ricondurlo alla guerra nel Donbass, nel momento in cui la popolarità del presidente Vladimir Putin ha raggiunto il suo punto più basso dall’annessione della Crimea, nell’imminenza della controversa riforma delle pensioni. Oggi infatti, secondo un rapporto del Levada Centre pubblicato nell’ottobre di questo anno, appena il 58% dei russi dichiara il proprio sostegno per Putin, percentuale ben più bassa rispetto al 75% dello scorso anno.
L’introduzione della legge marziale
Il 28 novembre l’Ucraina ha introdotto la legge marziale per 30 giorni in dieci delle sue 27 regioni. Inoltre, l’Ucraina ha anche formalmente programmato l’elezione presidenziale per il 31 marzo 2019. La risoluzione che ha stabilito la data è stata firmata dal presidente del Parlamento Andriy Parubiy, come ha riportato il sito web dell’unica Camera, la Verkhovna Rada. La decisione è arrivata dopo che il presidente Petro Poroshenko ha assicurato che l’imposizione della legge marziale in dieci regioni per un periodo di 30 giorni non comporterà un posticipo del voto.
In breve, questa recente escalation nel Mare d’ Azov non implica soltanto un inasprimento del sanguinoso conflitto, ma rischia anche di ostacolare la resilienza dell’Ucraina e il suo travagliato cammino verso la democrazia.
Ue: ripensare la politica delle sanzioni nei confronti di Mosca?
L’Unione europea ha immediatamente risposto esortando Mosca a riaprire lo stretto di Kerch sollecitando tutte le parti a ridurre le tensioni, mentre la Nato ha invitato il Cremlino a rispettare le norme del diritto internazionale e la libertà di navigazione nel Mare d’ Azov e nel Mar Nero. Al di là delle speculazioni su chi abbia provocato chi, e su chi tenterà di usare questo incidente per i propri fini politici interni, una cosa è chiara: l’incidente nel Mare d’ Azov impone di ripensare da capo la politica delle sanzioni dell’Ue nei confronti della Russia.
Fin dal 2014 l’Ue ha imposto delle sanzioni alla Russia, rinnovandole ogni sei mesi a causa del conflitto in corso in Ucraina e nello specifico della mancata attuazione degli accordi di Minsk. Dal 2016 l’Ue ha perseguito una duplice strategia nei confronti della Russia: da un lato le sanzioni, dall’altro un impegno selezionato su questioni di comune interesse. Questa strategia ha avuto il doppio merito di garantire – con sorpresa di Mosca – l’unità politica tra gli Stati dell’U e ha probabilmente prevenuto un ulteriore escalation del conflitto.
L’incidente nel Mare d’ Azov rischia di minare questo secondo risultato, mentre allo stesso tempo rafforza il primo. L’escalation potrebbe consolidare l’unità europea sul rinnovo delle sanzioni, ma fa pure pensare che la politica delle sanzioni attuale potrebbe non risultare a lungo termine sufficiente a contenere e prevenire un ulteriore inasprimento del conflitto.
Nella prossima proroga delle sanzioni al Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre, l’Ue dovrebbe rimanere unita. L’escalation di Putin in Ucraina renderà probabilmente alcuni governi Ue più morbidi verso la Russia, a Roma, Atene, Budapest e altrove, restii ad esporsi a favore di Mosca.
Ma una tale unità politica nella pratica non dipende più dall’attuazione o meno dell’accordo di Minsk. Negli anni, infatti, è diventato chiarissimo che l’accordo di Minsk non sarà pienamente attuato. Apparentemente intrappolati nel dilemma dell’uovo e della gallina, né Mosca né Kiev sono intenzionati a cedere per primi nell’adempiere alla propria parte del patto. Né vedono un interesse nell’attuazione degli accordi di Minsk.
In pratica, ad ogni intervallo di sei mesi, l’Ue ha rinnovato le sanzioni. Ma mentre la ragione ufficiale per farlo – la mancata attuazione di Minsk – è rimasta invariata, la dinamica politica che spiega questa decisione è cambiata nel tempo, dall’affare Skripal a ciò che probabilmente sarà il Mare d’ Azov. La guerra in Ucraina e il profondo conflitto tra la Russia e l’Occidente persiste, mutando forma durante il tempo. Ciò rinnova la questione se il rinnovo delle misure sanzionatorie, nello specifico quelle imposte a seguito dell’incidente del volo MH17 nell’estate del 2014, non dovrebbe basarsi sul più chiaro piano del diritto internazionale e dei diritti umani.
Segnalando esplicitamente che questa è la logica su cui si fonda il ripristino delle sanzioni si potrebbe aggiungere chiarezza all’approccio dell’Ue nei confronti della Russia e rafforzarne l’impatto normativo. Ciò potrebbe anche segnalare a Mosca che ulteriori violazioni potrebbero essere seguite da un indurimento delle sanzioni, rispetto al loro contenuto e/o alla loro durata.
L’originale in inglese di questo articolo è comparso su Politico.eu