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Da Bolsonaro a López Obrador

America Latina: il protagonismo politico delle chiese evangeliche

23 Nov 2018 - Emanuele Torre - Emanuele Torre

Il 31 luglio 2014 a San Paolo, in Brasile, è stato inaugurato il Tempio di Salomone, una riproduzione a grandezza naturale del tempio biblico, il primo di Gerusalemme. La Chiesa Universale del Regno di Dio (Iurd) non ha badato a spese per la realizzazione dell’opera: ci sono voluti quattro anni e circa 300 milioni di dollari. Il leader della Chiesa Universale Edir Macedo ha fatto il possibile perché il tempio rappresentasse un vero e proprio angolo di Terra Santa in Brasile. Ma anche perché risultasse una dimostrazione lampante della forza economica e organizzativa della principale fondazione evangelica brasiliana. Macedo, fondatore della Chiesa nel 1977,  ha peraltro acquisito nel 1989 la seconda catena televisiva brasiliana, la Tv Record.

E proprio alla Record il neoeletto presidente brasiliano Jair Bolsonaro aveva rilasciato un’intervista in esclusiva per discutere delle proprie proposte elettorali prima delle votazioni. Certo, i legami tra il leader del Psl ed i gruppi evangelisti non sono una novità dell’ultimo momento. Nel 2016, con un gesto di indubbia teatralità, il pastore Everaldo Dias Pereir, leader del Partito sociale cristiano, immerse Bolsonaro nel fiume Giordano durante una sua visita in Israele.

Al rito è poi seguito l’accordo politico vero e proprio che ha visto il Partito repubblicano brasiliano, molto vicino alle posizioni della chiesa evangelica pentecostale, appoggiare Bolsonaro al secondo turno elettorale.

Un bottino di voti che fa gola a tanti in Brasile
Circa il 30% dei brasiliani fa parte dell’universo confessionale evangelico composto da protestanti, metodisti, battisti e pentecostali. Una forza elettorale enorme. Per questo, l’evangelismo brasiliano si conferma interlocutore privilegiato, se non irrinunciabile, per chi voglia arrivare ai vertici di governo del Brasile. Il suo elettorato ha optato in distinte occasioni per diversi interlocutori politici. Vale la pena ricordare che nel 2002 e nel 2006 fu Luiz Inácio Lula da Silva, allora candidato presidente per il Partito dei lavoratori ad ottenere l’appoggio degli evangelici. Tra questi, Marcelo Crivella, attuale sindaco di Rio de Janeiro.

Il sodalizio politico è stato poi riconfermato durante i governi di Dilma Roussef, con le Chiese evangeliche tra i principali alleati della presidenza. E uomini vicini alla Chiesa Universale del Regno di Dio come titolari di alcuni dicasteri: George Hilton, nipote di Macedo, ministro dello Sport e, prima di lui, Marcelo Crivella alla Pesca.

Un’assoluta versatilità è sempre stata alla base del successo politico delle organizzazioni evangeliche. Ad oggi sono novanta (su 513) i deputati evangelici della Camera brasiliana che costituiscono la cosiddetta bancada evangelica. Un fronte trasversale di stampo religioso cui fanno parte uomini vicini ad organizzazioni quali la Iurd, la Asembleia de Deus e la Igreja Batista.

Al governo del Messico con la sinistra
Anche in Messico, un partito evangelista si è reso protagonista sulla scena politica in occasione delle elezioni presidenziali di luglio. Hugo Eric Flores, leader del Pes (Partido Encuentro Social), ha sorpreso l’opinione pubblica nazionale decidendo, nel dicembre 2017, di sostenere la candidatura di Andrès Manuel López Obrador.

La schiacciante vittoria della coalizione di sinistra ha significato per il Pes, forza politica conservatrice e tradizionalmente semmai vicina al Partido Revolucionario Institucional, un grandissimo successo politico. L’intesa con la sinistra del presidente ha fatto scattare per il gruppo cristiano-evangelico, infatti, 55 seggi alla Camera e 7 al Senato.

Un risultato storico, anche se Flores si ritrova a fare i conti con la situazione paradossale per cui, a dispetto del recente successo politico, il suo gruppo non ha ottenuto la percentuale di voti necessaria per mantenere lo status di partito per presentarsi alle prossime elezioni.

L’intesa sociale in Argentina
L’agilità e l’adattabilità delle organizzazioni in campo politico e la capillare presenza di chiese sul territorio hanno garantito agli evangelisti un incremento della propria base sociale e confessionale, quindi anche politica. In particolare nelle zone più difficili delle grandi città e con le fasce sociali più fragili, grazie a metodiche strategie assistenzialiste.

Non deve quindi sorprendere che, in Argentina, il presidente Maurício Macri e la governatrice di Buenos Aires, Maria Eugenia Vidal, abbiano espresso il proprio riconoscimento alle chiese evangeliche per l’attività sociale svolta e abbiano invitato i diversi settori del mondo evangelico a “lavorare insieme per il bene comune”. Nello specifico, la Vidal e Macri hanno invitato le comunità evangeliche a collaborare con l’obiettivo di contenere i forti reclami sociali durante l’ultimo periodo dell’anno.

L’idea dovrebbe concretizzarsi mediante la realizzazione di un piano di distribuzione di beni di prima necessità attraverso la rete delle 4500 congregazioni evangeliche nel Conurbano, che comprende le zone periferiche della capitale argentina. Certo, l’Associazione cristiana delle Chiese evangeliche argentina si muove in un contesto sociale e culturale sostanzialmente diverso rispetto a quello brasiliano. Sembra molto difficile che questa collaborazione in campo sociale possa trasformarsi in una vera e propria alleanza politica. Ma resta per ora da considerare il fatto che il governo abbia fatto appello al mondo evangelico perché assumesse il ruolo di “mediatore” della politica sociale ufficiale.

Versatilità e principi
Cambiano i Paesi e cambiano le alleanze, ma alcune certezze sulla linea politica del mondo evangelico restano. Le organizzazioni evangeliche latinoamericane sono promotrici di un cristianesimo ultraconservatore che si oppone alle istanze che vorrebbero implementare le politiche di genere e la legalizzazione dell’aborto. Scontrandosi su questo piano con i movimenti femministi, maggiori interpreti di queste rivendicazioni. Eventuali accordi ufficiali e non potrebbero riconoscere a questi gruppi una sorta di ruolo parastatale, che potrebbe avere pesanti ripercussioni sociali e politiche.

Per adesso, una delle grandi questioni resta quella per cui le chiese e le organizzazioni evangeliche, che acquistano sempre più forza sociale, possano arrivare ad ottenere il controllo di apparati istituzionali in diversi Paesi della regione. Il 2019, con la presa del potere da parte di due governi molto diversi quanto a orientamento politico e indole personale – quello di ultradestra di Bolsonaro in Brasile, e quello di sinistra di López Obrador in Messico – ci dirà molto sull’immediato futuro politico del mondo evangelico.

Foto di copertina Reuters/Ricardo Moraes