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Verso le presidenziali

Algeria: Bouteflika candidato a succedersi per l’ultima volta

12 Nov 2018 - Francesca Caruso - Francesca Caruso

Oramai è ufficiale. A sei mesi dalle elezioni presidenziali, l’attuale presidente dell’Algeria, Abdelaziz Bouteflika, è il candidato ufficiale del Fronte di Liberazione nazionale (Fln), lo storico partito che ha guidato il Paese all’indipendenza dalla Francia. “E’ una decisione sostenuta da tutti i membri del partito a livello nazionale”, ha dichiarato la settimana scorsa Djamel Ould Abbes, segretario dell’Fnl, durante una seduta del Parlamento dove il partito ha la maggioranza. Il presidente, che è ininterrottamente alla guida del Paese dal 1999, non ha ancora confermato la sua candidatura, anche se, per il momento, essa è più che probabile: l’unico vero ostacolo a una sua possibile rielezione sembrerebbe il suo stato di salute.

Preoccupazioni e contestazioni più per la salute che per l’età
A preoccupare gli algerini non è tanto l’età (in confronto al novantunenne Caïd Essebsi, presidente della Tunisia, Bouteflika, che di anni ne ha 81, è un giovinetto), né tanto meno che si ricandidi per un quinto mandato dal momento che la Costituzione glielo permette – anche se per l’ultima volta -.  Ciò che preoccupa gli algerini è il fatto che il presidente sia gravemente malato a causa di un ictus che lo ha colpito nel 2013, costringendolo, da quel momento, a stare su una sedia a rotelle e ad eclissarsi completamente dalla vita pubblica.

“Nessuna mente che possiede una minima capacità di discernere e di ragionare e che è nutrita da un briciolo di patriottismo verso un Paese che è riuscito a emanciparsi, a un prezzo altissimo, dal colonialismo, può accettare che Abdelaziz Bouteflika, nel suo stato di salute, possa ancora essere a capo del destino dell’Algeria”, ha scritto El Watan, il principale giornale francofono del Paese.

Zoubida Assoul, magistrato e leader del movimento d’opposizione laico al Mouwatana (in arabo, cittadinanza), ha invece spiegato a Affari Internazionali che “un quinto mandato sarebbe profondamente irresponsabile. Il quarto mandato è andato in bianco. A causa della sua malattia, il Paese è completamente bloccato: non ci sono più Consigli dei Ministri e l’Algeria è sparita dalla scena internazionale. E tutto questo accade con un presidente che è costituzionalmente sempre più forte: dal 2016, per esempio, è anche il capo dei servizi segreti. La sua presenza mette oramai in pericolo le istituzioni dello Stato: oggi è palesemente un’usurpazione delle sue funzioni e dei suoi poteri. Non sappiamo chi ci sia dietro, ma sicuramente non è più lui che ha in mano le redini del potere”.

Candidato per mancanza di accordo su un’alternativa
Per molti analisti infatti, la ricandidatura di Bouteflika non è altro che l’espressione dell’inerzia e dell’incapacità dei vari gruppi di potere – partiti filo-governativi, esercito ed élite economica – di trovare un successore che sia in grado di cambiare tutto senza cambiare nulla. “In Algeria, l’uomo onnipotente non esiste – spiega ad Affari Internazionali un intellettuale che preferisce mantenere l’anonimato -. È il sistema che fa gli uomini e non il contrario. Il quinto mandato di Bouteflika mira a salvaguardare una certa stabilità politica e securitaria e a preparare una transizione nel medio termine che non scombussoli le basi del sistema”.

L’annuncio del quinto mandato non ha sorpreso nessuno. Nei mesi scorsi, i partiti filo-governativi hanno chiesto ripetutamente al presidente di ricandidarsi: “La continuità è l’unica garanzia per la stabilità e quindi la sicurezza di tutto il Paese”, aveva spiegato a inizio settembre il segretario dell’Fln durante un raduno di 16 partiti – tra cui il Rassemblement National Democratique (Rnd), altro partito di maggioranza, e il partito islamico Raduno per la speranza dell’Algeria (Taj). Per loro si tratterebbe di una questione di vita o di morte per un Paese che si trova in una regione destabilizzata costantemente dalla minaccia jihadista. Poco dopo il raduno dei partiti politici, è stata la volta degli imprenditori: Elie Haddad, a capo del Forum degli imprenditori (la nostra Confindustria in poche parole), ha chiesto ufficialmente a Bouteflika di ricandidarsi, testimoniando l’alleanza strettissima che c’è tra il capo dello Stato e gli uomini d’affari.

Fermenti nelle forze armate
Praticamente inesistente è stato invece il sostegno dell’esercito che, dall’inizio dell’estate, sta subendo uno dei più ampi rimpasti dalla fine del regime unico. Da luglio, una ventina di generali e colonnelli sono stati cacciati dai loro posti, obbligati ad andare in pensione o messi sotto inchiesta. Altri ancora sono stati addirittura messi in stato di fermo: un inedito nella storia del Paese. Il mega-rimpasto, voluto da Bouteflika, è coinciso con uno scandalo di narco-traffico, scoppiato in estate dopo il sequestro di un carico di 701 chili di cocaina nel porto di Orano.

All’inizio, il primo indagato è stato ‘il Macellaio’, ovvero un businessman algerino che opera nel settore della carne. Ma dopo qualche settimana lo scandalo si è trasformato in un mega affare di corruzione, trasferimento illegale di soldi e operazioni fraudolente nel settore dell’immobiliare. Insieme a generali e colonnelli, sono stati interrogati anche decine di giudici, magistrati, sindaci, procuratori, immobiliaristi e figli di politici noti.

Secondo alcuni analisti, l’operazione – che è stata battezzata in maniera a noi nota, ‘Mani pulite’ – esprimerebbe la volontà del presidente e della sua cerchia di distinguersi rispetto al resto della cricca, in un Paese dove la corruzione è imperante. Per altri invece l’operazione va ben oltre: dietro ci sarebbe la volontà di Bouteflika di trasformare il regime algerino da militare a civile. Appena eletto, Bouteflika ha chiarito che voleva ridimensionare il potere dei generali che, durante la guerra civile, avevano tenuto le redini del Paese. E quella di adesso sarebbe forse la resa dei conti finale di una sorta di ‘guerra dei Vent’anni’.