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Decolonizzazione e/o neo-colonialismo

Sahel: la presenza francese tra passato e futuro

28 Ott 2018 - Riccarda Lopetuso - Riccarda Lopetuso

L’Impero coloniale francese in Africa non esiste ufficialmente più dal 1960, eppure il legame tra Parigi e le sue ex colonie non si è mai davvero interrotto. Ancora oggi la Repubblica francese è fortemente presente nella regione del Sahel, dove, attraverso l’operazione militare Barkhane, prova a sostenere le sue ex colonie nella lotta al terrorismo di matrice jihadista.

Ma non si tratta solo di supporto militare e umanitario. Dalla moneta (il Franco Cfa) agli appoggi politici ai governi africani, la Francia è ancora a casa nelle sue ex colonie, nella FrançAfrique. D’altronde un Paese che ha vinto due guerre mondiali e siede come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, difficilmente abdica al suo status di grande potenza per ridursi a potenza regionale.

L’Africa occidentale francese
All’alba della Terza Repubblica, l’Impero coloniale francese in Africa era esteso dall’Oceano Atlantico al lago Ciad per quasi 5 milioni di kmq. L’ Africa occidentale francese (Aoc) comprendeva Costa d’Avorio, Senegal, Mauritania, Niger e gli attuali Mali e Burkina Faso – solo per guardare al Sahel. Possedimenti francesi erano anche l’Algeria, il Marocco e la Tunisia.

Artefice delle politiche coloniali della Terza Repubblica fu il primo ministro Jules Ferry, la cui azione fu esplicata nel celebre discorso al Parlamento francese del 1885: “Compete alle razze superiori un diritto, cui fa riscontro un dovere che loro incombe: quello di civilizzare le razze inferiori.”

La fine dell’Impero coloniale  è avvenuta con le dichiarazioni di indipendenza negli Anni ‘60, in maniera dolorosa per l’Algeria, con la sanguinosa guerra combattuta tra il Fronte di Liberazione nazionale algerino e l’esercito francese.

Il Mali, conosciuto come Sudan francese prima dell’Indipendenza, a oltre cinquant’anni dalla fine dell’occupazione non riesce a stabilizzarsi sulla via della democrazia, anche a causa dei gruppi secessionistici presenti nel Nord-Est del Paese.

L’operazione Barkhane
La Francia e i francesi non sono mai andati via dalle loro ex colonie. Retaggi, quelli coloniali, talvolta impossibili da sradicare. Che siano imprese o cittadini francesi ancora stanziati in Africa, i legami tra Parigi e la FrançAfrique sono ancora intricati. A partire dalla lingua, visto che le ex colonie sono francofone.

La Francia ha importantissimi interessi in Africa dal punto di vista energetico e minerario. Dal Niger proviene il 75% dell’uranio necessario ad alimentare le centrali nucleari transalpine. Burkina Faso e Mali sono stati bersaglio negli ultimi anni d’attentati terroristici che hanno colpito spesso luoghi frequentati da turisti come ristoranti o ambasciate.

In particolare il Mali è da anni scosso da incursioni terroristiche di miliziani d’ispirazione jihadista che fanno capo all’una o all’altra delle varie sigle operanti nel Sahel. Fu il presidente François Hollande nel 2013 a decidere per un intervento militare nella ex colonia dopo il colpo di Stato dei militari contro ilpPresidente Tourè. L’operazione denominata Serval fu sostenuta da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed è cessata nel luglio del 2014, quando lo stesso presidente socialista decise di intensificare la presenza francese per garantire la sicurezza di tutta la regione saheliana.

Nel Sahel, operano diversi gruppi terroristici affiliati o che si richiamano ad Al-Qaeda e, dopo la dissoluzione del sedicente Stato islamico, i guerriglieri dell’Isis in fuga da Iraq, Siria e Libia e in cerca di rifugio, o di un fronte, tra le dune del deserto.

L’operazione militare Barkhane, succeduta all’operazione Serval, vede il dispiegamento di uomini francesi insieme alla forza multinazionale G5 Sahel, composta da elementi di cinque Paesi della zona saheliana, ovvero Burkina Faso, Mauritania, Niger, Ciad e lo steso Mali.

A differenza dell’operazione Serval, Barkhane – basata su un’ approccio globale di tipo politico, di sicurezza e di sviluppo della regione – dà la possibilità ai militari francesi di muoversi liberamente nella striscia del Sahel, attraversando i confini degli stati aderenti alla forza G5 Sahel.

Partita nell’agosto 2014, vede il dispiegamento di 4000 militari francesi e ingenti mezzi tra cui droni, elicotteri ed aerei da guerra. I soldati transalpini, cui danno manforte anche contingenti di altri Paesi europei, come la Germania e pure l’Italia, cercano di essere anche vicini alla popolazione civile, con aiuti sanitari ed alimentari ad una popolazione, quella del Sahel, tra le più povere della terra.

La presenza militare francese nella Regione è stata, secondo analisti internazionali, fra le cause degli attacchi terroristici che hanno colpito la Francia dalla strage del Bataclan del novembre 2015 a quella di Nizza del luglio 2016.

Tra neocolonialismo e decolonizzazione mai avvenuta
Ancora oggi nelle ex colonie francesi la moneta corrente è il Franco Cfa. Sparito il franco nella madrepatria Francia per far posto all’euro, nell’ex Africa occidentale francese il franco Cfa è la moneta della Comunità economica e monetaria dell’ Africa occidentale (Uemoa). E’ la Banque de France a stampare la moneta. Ma non solo. Al tesoro francese i paesi del Uemao devono depositare il 50% delle loro riserve in valute straniere.

Quindi, qual è esattamente il ruolo di Parigi nell’ex Africa occidentale francese?, una presenza politica, economica e militare inquadrabile in un neocolonialismo?, o una dipendenza, identificabile con una decolonizzazione difficile da attuare, da parte dell’ex colonie verso il Paese che ne ha plasmato per decenni cultura e lingua?

Da una parte, c’è la politica di Parigi verso le sue ex colonie che non può far a meno di considerare tutto ciò che ancora oggi lega la Francia all’Africa occidentale francese. Dall’altra parte, le giovani democrazie delle ex colonie, che lentamente stanno portando a pieno compimento i processi democratici, cercano da sempre l’appoggio politico francese ai propri governi.

E’ quanto mai evidente che la Francia non ha mai davvero abbandonato la sua FrançAfrique, e non intende farlo. E questa certezza resta che all’Eliseo siedano presidenti socialisti, o ‘repubblicani’, o il ‘nuovo’ Macron.