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Deficit, debito e quant'altro

Italia/Ue: regole di bilancio e procedure sanzionatorie

26 Ott 2018 - Gian Luigi Tosato - Gian Luigi Tosato

Gli elettori  del nostro Paese possono sentirsi in qualche modo confusi e perplessi di fronte alla prospettiva di una procedura Ue di debito eccessivo nei confronti dell’Italia. Come è possibile che questo avvenga – ci si può chiedere – con un deficit di bilancio per il 2019 fissato al 2,4 % del Pil,  ben inferiore al noto limite del 3 %? Un chiarimento è quindi opportuno, non tanto per gli addetti ai lavori, ma per quanti hanno minore familiarità con il diritto dell’Unione e le sue procedure.

Il quadro giuridico
In effetti, le procedure avviabili nei confronti di uno Stato membro per violazione delle regole di bilancio sono più di una: variano a seconda delle regole violate e sfociano in esiti sanzionatori diversi, attraverso iter procedurali non coincidenti.

Semplificando al massimo, le regole da tenere in conto sono di tre tipi: quella del deficit nominale annuale, che si traduce nel già ricordato limite del 3 % del Pil; quella relativa al debito accumulato, ed è il tetto del 60 % del Pil; infine quella del deficit strutturale (e cioè deficit nominale depurato dagli effetti del ciclo economico e da misure una tantum), che mira al raggiungimento del pareggio di bilancio.

La violazione delle prime due regole è suscettibile di far scattare la procedura definita di debito eccessivo, che può riguardare sia il deficit in senso proprio (disavanzo nominale annuale) sia il debito accumulato. Non è detto che le due violazioni sempre coesistano: il rispetto del limite del deficit non esclude che venga disatteso quello sul debito e viceversa. Può dunque essere necessario distinguere una procedura di deficit eccessivo da una di debito eccessivo.

La violazione della regola sul deficit strutturale dà luogo ad una procedura separata ed autonoma. Questa svolge una funzione preventiva: si propone di evitare che si arrivi ad uno sforamento dei limiti del deficit nominale e del debito. In altre parole, dovrebbe  impedire che si renda necessario il ricorso alle procedure più gravi di deficit e debito eccessivo.

Le basi giuridiche delle procedure ora delineate e delle sanzioni applicabili sono diverse: quelle in tema di deficit e debito eccessivo si fondano direttamente sul Trattato e possono comportare ammende per gli Stati dell’eurozona fino allo 0,2 % del Pil; quelle relative al deficit strutturale sono previste dalla legislazione secondaria dell’Unione (il cosiddetto Patto di stabilità e crescita) e le sanzioni non vanno al di là di un deposito fruttifero dello 0,2 % del Pil.

Diverso è anche il ruolo rispettivo della Commissione e del Consiglio in queste procedure. La decisione sulle sanzioni spetta sempre al Consiglio su proposta della Commissione. Ma per il deficit strutturale la proposta  della Commissione si intende adottata se il Consiglio non vi si oppone (cosiddetta reverse majority voting): ci vuole dunque una maggioranza qualificata del Consiglio per respingerla. Nel caso invece del deficit e debito eccessivo occorre una vera e propria approvazione del Consiglio a maggioranza qualificata, altrimenti la proposta della Commissione resta priva di effetti. Il ruolo del Consiglio (e dunque dei governi nazionali) è più forte in questo caso.

Il caso Italia
Veniamo al progetto di bilancio italiano per il 2019. Nella sua lettera del 23 ottobre scorso la Commissione contesta al nostro governo  tre violazioni delle regole Ue: una certa, una molto probabile (se non quasi certa)  e una possibile.

Certa (e del resto ammessa dal nostro stesso governo) è quella sul deficit strutturale, che in base a quanto convenuto avrebbe dovuto ridursi di uno 0,6 % del Pil e invece aumenta dello 0,8 %. Molto probabile è la violazione della regola sul debito, che per il 2019 rimane praticamente invariato, mentre per gli Stati con debito superiore al 60 % del Pil (l’Italia è al 131 %) dovrebbe ridursi in maniera continua e adeguata. Infine, possibile è la violazione del limite del 3% stabilito per il deficit nominale:  benché fissato al 2,4% nel progetto di bilancio, il deficit nominale potrebbe anche eccedere il 3% se non si realizzassero le previsioni governative di sviluppo del Pil (da molti giudicate ottimistiche).

In definitiva, il nostro Paese è esposto al rischio di una procedura sanzionatoria sotto il profilo del deficit strutturale e del debito eccessivo; non invece, per il momento, per quel che riguarda il deficit nominale.

Si badi bene che la Commissione ha la facoltà di aprire le procedure in discorso, ma non è tenuta a farlo. Potrebbe considerare esistenti circostanze eccezionali che giustificano il mancato rispetto delle prescrizioni europee. Inoltre, quelle procedure, anche se avviate, non si esauriscono in tempi brevi (verosimilmente sono destinate a protrarsi ben oltre l’inizio del nuovo anno) e non portano necessariamente  all’applicazione di sanzioni (che richiedono  il consenso della Commissione e del Consiglio).

Le sanzioni potrebbero però venire nel frattempo dai mercati, sotto forma di un innalzamento a livelli intollerabili dello spread sui titoli del nostro debito pubblico. Anche a prescindere dalle procedure europee, l’Italia potrebbe trovarsi  quindi di fronte all’alternativa di uniformarsi alle regole Ue di bilancio o di lasciare l’euro e l’Unione: un evento quest’ultimo che il nostro governo afferma peraltro di volere fermamente escludere.