Italia-Russia: una storia a tutto gas
A partire dalla fine degli anni 1950, ovvero nel bel mezzo della Guerra fredda, Italia e Russia (allora Unione Sovietica) hanno dato vita a un duratura relazione bilaterale in grado di resistere al peso della Cortina di ferro e alle insofferenze degli alleati del blocco occidentale. Una relazione consolidatasi attorno a forti complementarità economiche – soprattutto energetiche – che con il passare del tempo ha visto accrescere le affinità anche sul piano politico.
Convergenza sull’asse Roma-Mosca
L’Italia ha storicamente favorito un approccio cooperativo e inclusivo nei confronti della Russia. Se durante l’epoca della Guerra fredda questo si è materializzato nella crescente cooperazione economica e la solida partnership in ambito energetico, con lo sgretolarsi dell’Unione Sovietica il dialogo si è esteso anche al campo politico. Dapprima con iniziative di stampo più pragmatico, alla luce della genuina convinzione bipartisan che Mosca sia un partner chiave per l’Italia e l’Europa. In quest’ottica, il nostro paese ha più volte tentato di appianare i dissidi e rafforzare la cooperazione con Mosca, promuovendo iniziative per favorire il ritorno della Russia nel sistema politico e di sicurezza europeo e occidentale, come per esempio l’Accordo di Pratica di Mare che nel 2002 ha istituito il Consiglio Nato-Russia.
Oggi il tradizionale sostegno italiano alle relazioni con la Russia – sebbene abbracciato dalla maggioranza dello spettro politico italiano – sembra muoversi su una nuova direttrice. Oltre alla consolidata valutazione della Russia come partner energetico e interlocutore chiave per la stabilità dell’Europa e del vicinato, infatti, sta emergendo in ambito nazionale una maggiore prossimità, ideale se non pratica, alle posizioni russe, che rischia di creare la percezione di un paese non completamente allineato tra i partner euro-atlantici dell’Italia.
Affinità energetiche e frizioni europee
Sebbene i primi rapporti bilaterali siano stati instaurati con un accordo petrolifero nel 1958, è nel settore del gas che le relazioni energetiche con Mosca sono più forti. Dal 1969, anno del primo contratto di fornitura di gas sovietico al nostro paese, la partnership energetica con la Russia ha resistito a momenti di crisi dovuti a fattori esogeni – in primis le dispute russo-ucraine sul gas del 2006 e del 2009 – e si mantiene quanto mai solida.
La Russia, oggi ancor più di allora, è un partner energetico chiave per il nostro paese, il quarto fornitore in termini assoluti di petrolio e il primo di gas naturale, dove gli approvvigionamenti provenienti da Mosca la fanno da padrone. L’Italia importa oltre il 90 percento dei suoi approvvigionamenti dall’estero, ma quelli di gas (al contrario di quelli di petrolio) sono estremamente concentrati, con Russia, Algeria e Libia che forniscono oltre tre quarti del totale. In particolare, nel 2017 la dipendenza italiana dal gas russo si è attestata su livelli di guardia, attorno al 43 percento delle forniture totali. Nell’ultimo anno, le forniture di gas russo sono aumentate in termini assoluti da 20 a 30 miliardi di metri cubi (Bcm).
La partnership italo-russa non è soltanto un elemento cardine della politica energetica italiana, ma anche un fattore di occasionale frizione all’interno del consesso europeo. Il dibattito si concentra su quattro questioni chiave che riguardano la sicurezza (e competitività) dei flussi di gas russo verso il nostro paese:
- la realizzazione di Nord Stream 2, e cioè il raddoppio del gasdotto che attraversa il Mare Baltico collegando la Russia alla Germania;
- il transito attraverso l’Ucraina;
- la rotta meridionale e il collegamento europeo a TurkStream, il progetto di gasdotto nel Mar Nero tra Russia e Turchia; e
- soprattutto il futuro della ‘relazione speciale’ con Mosca alla luce delle nuove infrastrutture in programma.
Berlino e il rapporto col Cremlino
Ed è proprio il ruolo di Berlino nell’equazione energetica italo-russa a spaventare diverse componenti delle istituzioni e dell’industria italiane. La realizzazione di Nord Stream 2, qualora venisse contemporaneamente sospesa la rotta ucraina, garantirebbe infatti alla Germania una sorta di monopolio sul transito dei flussi di gas dalla Russia al continente europeo, con un impatto negativo sui prezzi e sulla liquidità del mercato in Europa. Attraverso il territorio tedesco transiterebbero anche tutte le importazioni di gas russo dell’Italia, con la possibilità che la competitività economico-industriale del nostro paese venga danneggiata da prezzi dell’energia più alti, per di più a vantaggio del principale concorrente manifatturiero europeo.
Alla luce di questi elementi, le istituzioni italiane e l’industria nazionale hanno lavorato per riequilibrare i rapporti di forza. Da un lato, sottolineando in ambito europeo – con il sostegno dei paesi dell’Europa centro-orientale – le implicazioni negative della realizzazione di Nord Stream 2. Dall’altro lato, grazie a iniziative bilaterali con Mosca, per mantenere viva (e più sostenibile) l’opzione di transito attraverso l’Ucraina e a rivitalizzare la rotta meridionale, bloccata nel 2014 con la sospensione di South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas russo in Italia passando sotto il Mar Nero e attraversando l’Europa sudorientale.
Sul piano industriale, questi sforzi hanno visto il ruolo attivo di Snam per rafforzare la rete di trasmissione ucraina, per la quale oggi transita la totalità del gas russo diretto in Italia. La firma di un memorandum d’intesa con la slovacca Eustream e con Naftogaz e Ukrtransgaz, rispettivamente compagnia energetica nazionale e operatore dei gasdotti in Ucraina, rappresenta un concreto tentativo di mantenere intatta la rotta ucraina come componente fondamentale della relazione energetica italo-russa. Al contempo, si continua a lavorare per rivitalizzare la rotta meridionale grazie alla realizzazione del gasdotto Poseidon, in grado di portare in Italia il gas russo che sarà trasportato in Turchia dal gasdotto TurkStream, attraverso il Mar Nero.
Qualora (nonostante le pressioni italiane) il Cremlino decidesse di sospendere definitivamente il transito attraverso l’Ucraina dopo il 2019, la realizzazione della rotta meridionale diventerebbe l’opzione principale per garantire forniture di gas in grado di raggiungere direttamente il mercato italiano bypassando il territorio tedesco. E i solidi rapporti tra Roma e Mosca saranno funzionali a far sì che ciò accada.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito dell’Osservatorio IAI-ISPI sulla politica estera italiana