Brasile: presidenziali, favoriti e outsider d’un Paese in crisi
Il Brasile è una democrazia giovane, piena di contraddizioni e fragilità. La crisi economica e civile che il gigante sudamericano sta attraversando ha trasformato le prossime elezioni presidenziali in un momento cruciale della storia democratica del Paese. La condanna di Lula da Silva, popolare presidente brasiliano dal 2002 al 2010, e l’accoltellamento in piazza del candidato di destra Jair Bolsonaro sono le due immagini simbolo di una campagna elettorale di un Brasile in tempesta. Il primo turno delle elezioni, che si terrà il 7 ottobre, delineerà i due candidati che si fronteggeranno al ballottaggio del 28 ottobre. Sondaggi alla mano, sembra che nessun candidato otterrà più del 50% delle preferenze al primo turno, chiamando i brasiliani a scegliere il prossimo presidente al ballottaggio.
Il profondo malessere dei brasiliani nei confronti di un sistema altamente corrotto e la profonda crisi socio-economica dovuta alla più grave recessione che abbia mai colpito il Paese stanno dominando la campagna elettorale. Se non si considera il sentimento anti-establishment che serpeggia nel Paese, non si potranno comprendere le radici dietro l’imprevedibilità delle elezioni di ottobre.
Il fantasma di Lula: Haddad (sondaggi: 22%)
“Uno spettro si aggira per il Brasile – Lo spettro di Lula”. Parafrasando non originalmente la famosa prefazione che apre il Manifesto del Partito Comunista scritto da Karl Marx e Friedrich Engels, si rende l’idea del tremendo peso politico che Lula continua ad avere sulla scena politica brasiliana. Secondo alcuni sondaggi, se Lula fosse candidato vincerebbe il primo turno delle presidenziali con il 39% delle preferenze. Ma l’ex presidente è incandidabile dopo la condanna a 12 anni di galera per corruzione nel processo ‘Car washing’.
Con la benedizione di Lula, Fernando Haddad, ex sindaco di San Paolo nonché ministro nei governi Lula e Rousseff, è stato designato come candidato del Partito dei Lavoratori. L’agenda politica di Haddad propone di modificare le riforme di liberalizzazione del mercato del lavoro e dei capitali approvate dall’esecutivo di Michel Temer. Le sue proposte di governo si pongono in continuità con gli ultimi governi di Lula e della Rousseff. Il punto interrogativo della sua candidatura è capire se riuscirà a riscaldare e conquistare i cuori della maggioranza di coloro che ancora sostengono Lula. Un’ulteriore criticità emerge dalle accuse di corruzione che hanno colpito Haddad, indagato per aver illegittimamente ottenuto circa 2.6 milioni di real per finanziare la sua campagna elettorale come sindaco di San Paolo nel 2012.
Nonostante Haddadd sia quasi sconosciuto al di fuori di San Paolo, la chiave di un suo possibile passaggio al ballottaggio è essere l’erede diretto di Lula.
Bolsonaro, per un Brasile che guarda al passato (sondaggi: 28%)
Molti analisti politici, tra il serio e il faceto, additavano la crescente popolarità di Bolsonaro ai mondiali di calcio in Russia, essendo i brasiliani troppo impegnati a seguire la seleção per preoccuparsi delle elezioni di ottobre. Una previsione drammaticamente errata: Bolsonaro si è rivelato più di un fenomeno temporaneo, assicurandosi, secondo i sondaggi, un posto al ballottaggio del 28 ottobre con il 28% delle preferenze.
La polarizzazione del dibatto politico ha giovato a Bolsonaro, divenuto famoso per le sue uscite omofobe, contro le minoranze e le donne. Bolsonaro non ha mai nascosto il suo appoggio per la dittatura militare che governò il Brasile tra il 1964 e il 1985, di cui nostalgicamente ricorda l’ordine e la sicurezza che vigevano nel Paese. Bolsonaro è riuscito ad imporsi come portavoce del sentimento di rabbia di milioni di brasiliani proponendo soluzioni semplicistiche a problemi gravissimi. Per contrastare la violenza dilagante nel Paese, che nel 2017 ha registrato più di 60.000 omicidi, Bolsonaro propone di depenalizzare l’abuso da parte delle forze di polizia, di liberalizzare l’acquisto di armi per la difesa personale e di aumentare genericamente le pene. Nonostante queste strategie politiche abbiano rivelato il loro fallimento in San Salvador, i brasiliani sono rimasti affascinati dalle promesse di Bolsonaro.
Bolsonaro non ha inoltre una chiara agenda di politica economica. Contraddicendo le sue tradizionali posizioni nazionalistiche e stataliste, durante la campagna elettorale si è detto a favore di politiche di libero mercato per fare risorgere l’economia brasiliana. Nonostante il suo passaggio al ballottaggio sembri scontato, Bolsonaro rimane un candidato fortemente divisivo, o odiato o amato. Il livello di rifiuto degli elettori è il più alto tra tutti i candidati, attestandosi al 42%.
Geraldo Alckmin, il candidato della continuità (sondaggi: 10%)
Nonostante Alckmin sia sostenuto da un’ampia coalizione di partiti centristi, permettendogli una grande visibilità radiofonica e televisiva, la sua candidatura non ha suscitato un forte gradimento popolare. Alckmin viene considerato in continuità con il governo di Temer, di cui ha appoggiato l’agenda economica di stabilità fiscale e privatizzazioni. Essendo visto come il candidato dell’establishment, Alckmin, anche indagato per aver ottenuto finanziamenti illeciti nelle campagne elettorali del 2010 e del 2014, non riscalda il cuore dei brasiliani ma si impone nel dibattito politico come l’àncora della stabilità.
Gli outsiders
In queste imprevedibili elezioni, altri candidati potrebbero sorprendere alle urne. Secondo gli ultimi sondaggi, Ciro Gomes, candidato di sinistra del Partito Democratico dei Lavoratori, potrebbe ottenere più del 10% dei voti grazie a una piattaforma politica che richiama la nazionalizzazione degli assets energetici brasiliani e l’aumento delle tasse sui dividendi e sull’eredità.
Attorno al 6% delle preferenze, invece, si trova Marina Silva, candidata del partito ambientalista Rede, che ha visto un picco nei sondaggi ad agosto, quando si pensava potesse arrivare al 15% dei voti. La sua figura politica ispira fiducia nei brasiliani e potrebbe sorprendere domenica al primo turno.
Tra i 13 candidati al primo turno delle presidenziali, c’è anche spazio per figure esuberanti come Cabo Daciolo, un ex pompiere evangelico, che, come inviato di Dio, vuole salvare il Brasile dai banchieri, dal nuovo Ordine Mondiale, dagli Illuminati e dalla Massoneria. Ma anche per politici come Guilherme Boulus, leader del Partito dei Lavoratori e dei Senza Casa, che vorrebbe combattere l’ingiustizia sociale in Brasile con un piano di riforme più radicale degli altri partiti di sinistra del Paese.
In un contesto di profonda polarizzazione politica e di disgregazione sociale, il primo turno delle elezioni potrebbe sorprendere. Ma, soprattutto, consentirà di capire quali candidati e quali alleanze potrebbero lanciare la corsa per la vittoria finale il 28 ottobre.