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voto anti-Ungheria del Parlamento Ue

Ue: Sargentini batte Orbán, ma il premier non va ko

14 Set 2018 - Massimo Congiu - Massimo Congiu

“Una vendetta meschina dei politici favorevoli all’immigrazione”: così il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha definito il voto con cui il Parlamento europeo, approvando mercoledì 12 settemmbre il rapporto dell’eurodeputata Judith Sargentini, ha avviato la procedura per l’attivazione, contro l’Ungheria, dell’articolo 7 paragrafo 1, ritenendo che il governo presieduto da Viktor Orbán abbia davvero superato la sottile linea rossa che porta dalla democrazia all’autoritarismo.

Il voto sull’Ungheria è stato uno dei momenti forti della prima sessione post-estiva del Parlamento europeo, che ha pure visto – martedì – il discorso sullo stato dell’Unione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il varo della posizione degli eurodeputati sulla direttiva sul copyright.

Ipotesi ricorso a Corte Giustizia
Il governo di Budapest sta valutando la possibilità di un ricorso alla Corte di Giustizia europea e prenderà una decisione definitiva sarà la prossima settimana. La tesi magiara è che la votazione del 12 settembre scorso non sia valida, perché non sono state conteggiate le astensioni.

A parte questa eccezione procedurale, il premier Orbán e i suoi contestano il contenuto del rapporto della Sargentini, una verde olandese, che accusa il governo danubiano di mettere a rischio lo Stato di diritto con provvedimenti nettamente contrari allo spirito dell’Ue. Per il premier sovranista e i suoi collaboratori e sostenitori, il voto dell’Assemblea di Strasburgo rappresenta la volontà di colpire tutto un popolo che ha sempre lottato per la libertà e che ora desidera solo essere padrone in casa sua.

Gli ‘orbaniani’ più convinti la pensano così e ritengono che l’Ue voglia dettare legge nel loro Paese; gli apatici, vittime della disinformazione e della propaganda governativa martellante, sanno solo che a votare contro l’Ungheria sono stati “quelli che vogliono riempire l’Europa intera di migranti musulmani”.

L’opposizione soddisfatta, ma anche preoccupata e disunita
L’opposizione di centro-sinistra, a livello politico e di opinione pubblica, esprime invece soddisfazione per il sostegno dato dalla maggiorana degli europedutati al rapporto Sargentini e vede nel voto un passo avanti, finalmente compiuto dalle istituzioni europee, per sanzionare un sistema che definiscono corrotto e antidemocratico.

I socialisti cercano di chiarire alla gente che il voto non è stato una vendetta contro gli ungheresi, ma un modo di stigmatizzare l’operato di un governo liberticida. Gli stessi socialisti, però, si preoccupano per le possibili ripercussioni sulla popolazione in termini di eventuale interrotta erogazione di fondi comunitari, se il Consiglio dell’Ue dovesse fare proprie le indicazioni del Parlamento europeo.

Progressisti e liberali sperano che quanto avvenuto sia una prima spallata al governo Orbán, mentre Verdi e Jobbik tentennano. Socialisti (MSZP), Coalizione Democratica (DK) e Párbeszéd (Dialogo) hanno organizzato una manifestazione per domenica pomeriggio; un’iniziativa concepita per sostenere l’Ungheria in Europa. A essa vengono invitati quanti credono nei valori europei e intendono contribuire al dissenso nei confronti di un sistema colpevole di portare il Paese verso una deriva sempre più antidemocratica.

Incerta la presenza dei già citati Verdi, secondo i quali non è giusto che un popolo paghi per le pur accertate colpe del suo governo, mentre Jobbik è, come il Fidesz di Orbán, contrario ai ricollocamenti dei migranti, anche se è un avversario dichiarato del governo. Vi è comunque da precisare che diversi oppositori dell’esecutivo non gradiscono la presenza di Jobbik nei cortei antigovernativi.

Quale futuro per Fidesz nel Ppe
Sarà ora interessante capire il futuro del partito Fidesz nel Ppe, il Partito popolare europeo, dato che oltre la metà del gruppo ha votato a favore del rapporto. Secondo alcuni analisti prima o poi il premier ungherese sarà costretto a lasciare il Ppe per una questione di incompatibilità. Finora le parti sono riuscire a stabilire dei compromessi: bisogna vedere fin quando questo sarà possibile.

Orbán ha sempre sostenuto, anche di recente, di voler continuare a stare nel Ppe e gli può essere attribuito l’intento di volere spostare l’iniziativa politica del medesimo a destra. Ora però l’accaduto sarà per lui materia di riflessione e senz’altro un invito alla prudenza. Ma non facile dire se quest’ultimo sarà davvero accolto. Di fatto, almeno a parole, sembra che il governo ungherese stia affilando le lame per dare adeguata risposta al voto del 12 settembre.

Sui seguiti da dare all’approvazione del rapporto Sargentini, la parola passa agli Stati membri dell’Ue e, ora come ora, non sembra molto probabile che prevalga la volontà di rendere effettive le sanzioni. L’Ungheria avrà presumibilmente al suo fianco la Polonia, nei cui confronti già pende dinanzi al Consiglio dei Ministri dell’Ue dal dicembre scorso la procedura ex articolo 7 avviata dalla Commissione europea.

Orbán potrebbe contare anche sull’appoggio degli altri Paesi di Visegrád, ossia la Slovacchia e la Repubblica Ceca, e spera anche su quello di Romania e Malta, mentre il governo italiano è lacerato sulla questione (gli eurodeputati del M5S hanno approvato il rapporto Sargentini, quelli della Lega lo hanno bocciato).

Non resta che aspettare e assistere ai prossimi sviluppi in terra magiara, dove l’opposizione progressista considera l’approvazione del rapporto Sargentini un aiuto all’ ‘altra Ungheria’, quella che non si riconosce in Orbán e nel suo governo.