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Ritorno all’instabilità nei Balcani?

Serbia/Kosovo: i rischi dello scambio di territori

9 Set 2018 - Edoardo Corradi - Edoardo Corradi

La composizione etnica dei Paesi dei Balcani e gli impianti statali sorti dopo le guerre degli anni Novanta rischiano di essere completamente stravolti se i progetti di partizione del Kosovo che si stanno discutendo negli ultimi tempi diventeranno realtà.

Risolvere lo status del Kosovo, al momento ancora parzialmente riconosciuto dalla comunità internazionale, è diventato fondamentale per il percorso di integrazione europea della Serbia. La realpolitik serba e kosovara ha quindi proposto uno scambio di territori, da ultimo in occasione di un panel politico di alto livello sui Balcani al Forum europeo di Alpbach, nel Tirolo, a cui hanno partecipato il presidente serbo Aleksandar Vučić e l’omologo kosovaro Hashim Thaçi (i quali, nel clima teso di questi giorni, hanno poi fatto saltare un faccia a faccia previsto a Bruxelles il 7 settembre scorso, nell’ambito del dialogo Belgrado/Pristina facilitato dall’Unione europea).

Secondo il piano (nei giorni precedenti chiaramente avversato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel), le aree a nord di Mitrovica città simbolo della divisione etnica in Kosovo – passerebbero sotto il controllo serbo, mentre la regione della valle di Preševo andrebbe sotto la sovranità kosovara. Tale eventuale scambio di territori potrebbe tuttavia scatenare due fattori di instabilità.

Tutela delle minoranze
Il primo è rappresentato dalla enclavi serbe, cioè quei territori dove vivono importanti minoranze serbe come a Velika Hoča/Hoçë e Madhe, Gračanica/Graçanica, il quartiere serbo a Orahovac/Rahovec o Novo Brdo/Artana, insieme ai luoghi di culto ortodossi in territorio kosovaro come la sede del patriarcato di Peć o il monastero di Visoki Dečani.

Le autorità religiose serbe hanno evidenziato come un’eventuale ridefinizione dei confini lascerebbe ad uno stato di abbandono i cittadini serbi al di sotto del fiume Ibar e così anche le proprietà ecclesiastiche. La sostanziale assenza dei serbi nel nord risultante dallo scambio territoriale aumenterebbe la condizione di insicurezza di queste enclavi, in quanto il governo centrale di Pristina avrebbe meno interesse nel tutelare una minoranza fortemente ridimensionata nel numero e nello status simbolico.

Effetto domino
Il secondo problema invece è rappresentato dalla stabilità della regione balcanica, in particolare in paesi come la Bosnia-Erzegovina e la Macedonia. Lo scambio di territori tra Belgrado e Pristina potrebbe causare un effetto domino che coinvolgerebbe in particolare la Republika Srpska in Bosnia-Erzegovina, ovvero l’entità federale a maggioranza serba sorta durante gli anni della guerra e istituzionalizzata dagli accordi di Dayton. La leadership serbo-bosniaca ha sempre dato segnali di voler separarsi da Sarajevo e riunirsi con Belgrado, ma nessun precedente politico le aveva dato la possibilità di far valere le proprie intenzioni.

La Macedonia, che in questo momento è impegnata nella campagna referendaria per risolvere definitivamente la questione del nome con la Grecia, potrebbe trovarsi a dover affrontare delle velleità indipendentiste, o quantomeno autonomiste, degli albanesi che vivono nelle regioni nord-occidentali del Paese. Benché il grado di rischio della Macedonia sia certamente più basso di quello bosniaco, l’effetto domino che potrebbe causare la partizione del Kosovo potrebbe avere seguiti anche qui.

Il sentiero europeo
Per la Serbia risolvere la questione kosovara è un passaggio fondamentale nel sentiero dell’integrazione europea. Lo status del Kosovo è infatti uno dei punti da risolvere per chiudere i negoziati con l’Unione europea, e Bruxelles non è intenzionata a rimandare la questione. Belgrado, d’altro canto, ha compreso che il Kosovo è ormai alieno alla sovranità serba e che pertanto una soluzione della disputa territoriale è l’unico modo per poter abbandonare il passato e poter pensare al futuro del Paese.

L’Ue si aprirebbe dunque definitivamente ai Balcani, colmando quel vuoto geografico e politico nel cuore del Mediterraneo e garantendo quella continuità territoriale tanto importante per Bruxelles.

Tuttavia, la ridefinizione dei confini, e di conseguenza il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da Belgrado, avrebbe importanti effetti sugli Stati in europei, in particolare per quelli che ancora non riconoscono la sovranità kosovara (Spagna, Grecia, Cipro, Slovacchia e Romania) e devono affrontare importanti sfide interne con movimenti indipendentisti e autonomisti. Dal Kosovo passa dunque la stabilità dei Balcani. E anche dell’Europa.