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Nazionalismi e identarismi

Bandiere: messaggi ed emozioni politico-esistenziali

28 Set 2018 - Diego Bolchini - Diego Bolchini

La potenza visiva, emotiva e simbolica delle bandiere è un fattore catalizzatore di costruzione identitaria e associativa trasversale a mondi culturali diversissimi tra di loro. Poco meno di tre anni fa, un caso di cronaca nazionale fece emergere la valenza ‘carsica’ di questi sostrati, tra percezioni distorte e accelerate sotto il peso dell’attualità terroristica.

Parigi – Auckland – Fidenza
Il 13 novembre 2015 a Parigi, si ebbe l’attacco terroristico al teatro Bataclàn, lanciato da un gruppo armato proclamatosi affiliato al sedicente Stato islamico. Dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, cinque giorni dopo questi sinistri fatti terroristici – siamo al 18 novembre 2015 -, moriva prematuramente ad Auckland il rugbista neozelandese Jonah Lomu.

Il 20 novembre 2015, quale combinato disposto dei due eventi, si arriva a un caso di cronaca nazionale. Si fondono assieme un sentimento individuale di cordoglio e dolore per la morte e la scomparsa prematura del rugbista degli All Blacks a quelli di paura collettiva per dis-percezione ‘cartografica’.

Ovvero: un appassionato di rugby nostrano onora la memoria dello sportivo caduto esponendo su terrazzo di casa a Fidenza (Parma) il vessillo sportivo neozelandese, nero. Questo viene scambiato da alcuni residenti del luogo per la bandiere dell’Isis, nera. Personale dell’Arma dei Carabinieri locale viene chiamato al 112 da cittadini impauriti e insospettiti. Anelli di azione e retro-azione forse inimmaginabili, ma realmente concretizzatisi.

Il valore polisemico delle bandiere
Vessillo talora mistificatore e talvolta amplificatore di intenzioni e propositi, il concetto di bandiera nel suo senso più generale travalica gli ambiti semantici in una polisemìa diffusa e stratificata. Tra falci laiche (la falce e martello dell’ex Urss) e falci intrise di religiosità (falci di luna riferite alla fede musulmana come per il Pakistan, l’Algeria, la Tunisia e la Turchia), pluri-stella (Stati Uniti) e mono-stellari (come Cuba, Togo, Gibuti e Cile).

Ciclicamente torna alle cronache di società, costume e design, anche la questione della bandiera ‘armata’ del Mozambico, adottata nel 1983 e tutt’ora unica bandiera ad adottare un fucile AK47 (oltre al fucile d’assalto stilizzato sulla bandiera giallo-verde di Hezbollah). All’arma bianca di un esotico machete si ispira invece l’iconografia della bandiera dell’Angola adottata nel 1975.

Parallelamente, pregiati vessilli di guerra in seta riposano in teche di vetro di diversi Paesi del Mondo quali cimeli di conflitti passati, nell’assordante silenzio di spazi museali dedicati. Come silenziosi sono ormai i quattro serpenti della bandiera non ufficiale della Martinica, utilizzata per poco più di 20 anni dal 1766 al 1790, laddove i serpenti evocavano una specie di rettili diffusi sull’isola-dipartimento d’Oltremare francese.

Conclusioni
Muovendo a Sud dei Caraibi, rimanendo ancora fuori e lontani dalla prospettiva euro-centrica, l’attualità ci rende consapevoli una nuova crisi migratoria focalizzata in Sud America, dove oltre un milione di venezuelani è in fuga dal Paese. Agli occhi dei fuggitivi la rassicurante bandiera brasiliana potrebbe promettere – come specifica ammissione testuale – “ordem e progresso”. Una promessa recepita di istinto, per puro spirito di sopravvivenza, pur senza aver letto libri di sociologia positivista e senza conoscere il filosofo francese Auguste Comte (1798-1857), cui è ispirato il motto della bandiera verde-oro.

Ma nella realtà dei fatti, le dinamiche relazionali e di accoglienza e supporto non appaiono certo di agevole realizzazione. E c’è chi invoca uffici dell’UnHcr anche per l’America latina. E forse altre bandiere onusiane.               I vessillografi contemporanei rimangano allora ben vigili sugli sviluppi potenziali in questa nuova area critica del pianeta. La storia sta forse accelerando anche qui.