Africa: Algeria, ritratto di Paese tra speranze e incognite
Un importante Paese nordafricano come l’ Algeria non sempre riceve regolare attenzione mediatica generalista, diversamente dalle correnti urgenze e precipitazioni libiche. Ciò accade anche in ragione della apparente stabilità di medio corso – superato il luttuoso decennio di piombo degli anni 1991-2000 -. Certo, vi sono stati degli episodi puntiformi negli anni più recenti che hanno portato ciclicamente Algeri all’attenzione nazionale e internazionale. Ma in modalità piuttosto discontinua e occasionale, prescindendo dalla mappatura di un sistema complesso e dalle reazioni sistemiche a stimoli di varia natura.
Una attenzione intermittente
Si pensi nel 2013 alla crisi degli ostaggi di In Amenas, distretto energetico algerino al confine con la Libia, ove un commando di terroristi filo-qaedisti guidati da Mokhtar Belmokhtar uccise alcune decine di ostaggi occidentali. O anche all’eco mediatico avuto nel 2015 alla notizia del “pensionamento” del Generale Mohamed Mediène, da alcuni soprannominato l’Edgar J. Hoover algerino, a capo dei servizi di sicurezza dell’ Algeria (Drs) per 25 anni.
Storia dell’Algeria indipendente (2018), un recente aggiornamento al lavoro di ricerca del compianto africanista italiano Gian Paolo Calchi Novati (1935-2017), elaborato a quattro mani con Caterina Roggero, ha rinverdito in Italia la letteratura storica su questa importante Paese del Maghreb africano, così rilevante anche in senso energetico per l’Italia e l’Europa nel suo complesso. Un macro-dato valga per tutti: circa un quarto del fabbisogno di gas naturale dell’Ue proviene oggi da Algeri, stando alle stime dell’Atlante Geopolitico Treccani del 2017.
Quale rete di relazioni per l’Algeria?
Il libro di Calchi Novati ripercorre le tappe più importanti dello sviluppo del Paese, dalla guerra di liberazione nazionale dall’epoca coloniale francese (1830-1962) alla guerra civile sino alla lunga presidenza Bouteflika, che nell’aprile 2019 arriverà a celebrare i venti anni di incarico cumulati in quattro mandati. Ma quali le prospettive e le dimensioni relazionali oggi, in ormai relativa prossimità delle presidenziali del 2019?
La repubblica algerina, che ha oggi quasi 40 milioni di abitanti con una età mediana di 26,2 anni e un tasso di disoccupazione giovanile stimato attorno al 20%, mantiene importanti rapporti istituzionali con le maggiori organizzazioni internazionali. Si pensi al partenariato firmato con l’Unione europea e al suo essere partner anche della Nato, attraverso il formato del Dialogo Mediterraneo.
Al tempo stesso, l’ Algeria mantiene un regime consolidato di rapporti con Paesi quali Russia oltre che con singoli Paesi europei nel settore sicurezza e difesa, laddove la spesa militare si assesta a circa il 6% del Pil. Dalla Federazione russa deriva, ad esempio, una significativa parte dell’equipaggiamento militare del Paese. Si pensi – solo per citare due categorie di sofisticati sistemi d’arma – ai sottomarini classe Kilo e ai caccia multiruolo moderni (velivoli Sukhoi Su30).
Non meno rilevante appare il supporto allo sviluppo infrastrutturale (terrestre e extra-atmosferico) reso negli ultimi anni dalla Repubblica popolare cinese all’ Algeria. Già nel testo Cinafrica del 2008 dei giornalisti francesi Serge Michel e Michel Beuret si enfatizzava l’attività dell’impresa cinese Cscec alla periferia di Algeri (quartiere Bananier Bis), dedita alla costruzione di edifici residenziali, nonché le attività per tracciati viari e autostradali. Più recentemente, il primo satellite di telecomunicazioni algerino, Alcomsat-1, è stato costruito e lanciato nel dicembre 2017 dalla Cina.
Conclusioni
L’ Algeria attuale rappresenta forse un unicum nel contesto maghrebino-nordafricano. In equilibrio dinamico tra diversi mondi e politiche di relazioni internazionali diversificate, architettura moderna e casbah (antico quartiere di Algeri e bene protetto Unesco, reso noto in Italia dal film Toto le Mokò del 1949), contaminazioni di stili e approcci, urbanizzazione e specificità areali come la Cabilia berbera, rappresentativa di circa quattro milioni di individui. Nel medio termine, sul fronte interno, il Paese pare possedere al suo interno le risorse e le strutture per riuscire ad attraversare le inevitabili transizioni istituzionali che l’attenderanno, al netto di possibili turbolenze di breve periodo e di stress test aperiodici.
Si pensi anche – con sguardo retrospettivo – a un indicatore statistico come l’indice di concentrazione di Gini, che segnala le inegualità della distribuzione del reddito pro-capite (laddove lo zero indica una società dove tutti gli individui hanno lo stesso reddito e cento indica una società dove tutta la ricchezza di una nazione è nelle mani di un singolo individuo). L’Algeria, secondo il Credit Suisse Research Institute / Global Wealth datalook del 2012, ovvero a un anno dalle cosiddette ‘primavere arabe’, vantava un valore pari a 65,6. Laddove l’Egitto mostrava un più disarmonico 80,4 (con una popolazione più che doppia, oltre 80 milioni di abitanti al tempo). Rebus sic stantibus, rimane tuttavia significativo il peso dell’erraticità dei prezzi petroliferi in condizioni di mono-redditualità da idrocarburi.
Sul fronte estero vicino, oltre alle non sempre lineari relazioni intra-maghrebine, va ricordato che l’ Algeria condivide 2.500 km di confine con il Mali e il Niger. Le dinamiche e le pressioni migratorie e di climate change, cosi come il collegato e attuale trend di dis-equilibrio idrico del Lago Ciad (bacino di servizio di quasi 20 milioni di persone e ridottosi in modo molto significativo negli ultimi decenni), potrebbero essere un fattore di instabilità strutturale crescente nel lungo periodo per il Paese rispetto ai Paesi e ai popoli confinanti a Sud. Ma sono forse ancora possibili evenienze di altro tipo, talune delle quali oggi non chiaramente individuabili. Questo perché come acutamente osservato da Alberto de Toni, segretario generale presso la Conferenza dei Rettori delle Università italiane (Crui),”il futuro arriva come un gatto”. Ovvero: ci arriva spesso addosso di sorpresa, a passi felpati e silenziosi.
Questo è il terzo di una serie di tre pezzi dello stesso autore dedicati all’Africa. Il primo è stato pubblicato il 17 agosto, con il titolo Africa: il Continente sempre più inevitabile; il secondo il 21 agosto con il titolo Africa: diritti umani tra anagrafe, energia e infrastrutture.