Italia: sulle lingue minoritarie passi ancora da fare
Nonostante i miglioramenti dimostrati nel corso degli ultimi anni, l’Italia non ha ancora raggiunto un livello ottimale nella tutela delle minoranze etniche storiche che risiedono entro i confini nazionali. A ricordarlo è stato il friulano Lamberto Zannier, già segretario generale e oggi Alto commissario Osce per le minoranze nazionali, durante una conferenza internazionale che si è tenuta il 16 luglio scorso a Udine. Nello specifico, l’Italia ad oggi non ha ancora ratificato la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, un documento importantissimo elaborato nel quadro del Consiglio d’Europa per proteggere i diritti delle minoranze etniche, anzitutto quello di tenere viva la loro cultura, con la possibilità che la stessa possa continuare a fiorire nel tempo.
La portata delle disposizioni della Carta va oltre la semplice protezione delle minoranze e la tutela contro la discriminazione, poiché richiede che gli Stati firmatari adottino attivamente misure efficaci per la promozione delle lingue minoritarie. Concepita nel 1984 durante un summit al Palais de l’Europe a Strasburgo, poi formalizzata nel 1992, è ufficialmente entrata in vigore nel marzo 1998. Che l’Italia non l’abbia ancora ratificata appare tanto più sorprendente se si tiene conto che la stessa Costituzione italiana spinge a riconoscere e a tutelare le lingue e le culture minoritarie.
Tutela delle minoranze autoctone e integrazione degli immigrati
L’articolo 6 della Costituzione tutela le minoranze linguistiche intese come minoranze etniche culturali storiche, consentendo l’emanazione di apposite norme per la loro salvaguardia. A rendere però tutto più complicato è l’evoluzione della società italiana, che oggi risulta molto più multiforme rispetto al passato. A tal proposito viene in soccorso l’osservazione del diplomatico ed ex presidente sloveno Danilo Türk il quale, sempre in occasione della recente conferenza di Udine, ha messo in evidenza una chiara distinzione tra le minoranze autoctone e quelle che autoctone non lo sono. Come per dire che nel primo caso bisogna attuare politiche di tutela, nel secondo pensare invece per prima cosa all’integrazione sociale.
La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie non comprende le lingue parlate dalle comunità di immigrati. Ciò ha però una spiegazione valida. A questo proposito Türk ha puntualizzato: “Le minoranze nazionali storicamente consolidate hanno un tipo di priorità, legata alla preservazione della loro identità etnica, linguistica, culturale, mentre i nuovi gruppi migratori in arrivo hanno una priorità molto diversa, che è soprattutto quella di essere socialmente integrati nella società in cui iniziano a vivere”.
Minoranze “storiche” nella Costituzione italiana
Oggi risiedono in Italia numerose minoranze linguistiche autoctone: alcune di esse sono efficacemente tutelate, altre meno. L’articolo 2 della legge 482/1999 riconosce l’esistenza di dodici minoranze linguistiche definite “storiche”, mettendone a tutela le rispettive lingue: “In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”.
Tra le Regioni italiane che sono regolate in base a statuti speciali per ragioni storiche vi è, ad esempio, il Trentino Alto Adige, che gode di alcuni benefici grazie anche alla presenza autoctona della minoranza linguistica tedesca che qui risiede. In passato, il regime speciale della autonomia venne di fatto concesso a questa regione per scongiurare le tendenze separatiste e per assicurare alla popolazione germanofona adeguate garanzie linguistiche e di sviluppo culturale. In Trentino Alto Adige, poi, si parla anche la lingua ladina: secondo il censimento del 2011, oltre 20 mila altoatesini si sono dichiarati ladini, approssimativamente il 4,5% della popolazione.
Altre Regioni che godono di benefici per la tutela delle minoranze sono ad esempio il Friuli Venezia Giulia (minoranza linguistica friulana e quella di lingua slovena), la Sardegna (minoranza di lingua sarda), il Piemonte e la Valle d’Aosta (minoranze linguistiche francesi e franco-provenzali).
A quando la ratifica della Carta?
La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie rappresenta un impegno scritto del Consiglio d’Europa a favore della protezione delle minoranze etniche. Secondo alcuni studiosi è anche l’unico strumento veramente efficace sia per preservare sia per promuovere le numerose lingue regionali e minoritarie nel più ampio contesto europeo.
La Carta intende da un lato tutelare e promuovere le lingue regionali o minoritarie come parti del patrimonio culturale europeo in pericolo d’estinzione e, dall’altro, promuovere l’uso di queste lingue nella vita pubblica e privata. Il suo scopo è, dunque, prevalentemente culturale. Tra l’altro, la lingua italiana sta già beneficiando dall’applicazione della Carta. In base a questa importante convenzione, infatti, l’italiano è ufficialmente riconosciuto lingua minoritaria in cinque Paesi: Svizzera, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Romania.
L’Italia ha firmato la convenzione il 27 giugno 2000, ma ad oggi non l’ha ancora ratificata. Il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge di ratifica il 9 marzo 2012, ma il Parlamento non si è ancora pronunciato in materia. Speriamo lo faccia al più presto.