Italia-Libia: il governo Conte e i miraggi americani
Il ‘governo del cambiamento’ ha subito concentrato una parte significativa dei suoi sforzi sull’immigrazione dalla Libia. Inizia ora ad emergere il profilo diplomatico e politico di tali sforzi. Esso si basa su posizioni e allineamenti europei diversi da quelli dei governi precedenti e sul lancio di intese bilaterali fra Italia e Usa nel Mediterraneo e verso la Libia. Ha lo scopo di rafforzare il ruolo italiano in quest’area a fronte degli interessi politici, economici e migratori di altri Paesi dell’Unione europea non in linea con quelli italiani, segnatamente della Francia. Libia e migrazioni sembrano dover innescare una fase nazionalista della nostra politica estera, per alcuni aspetti simile a quella fomentata da Gronchi e Fanfani dopo De Gasperi fra gli anni 1950 e 1960.
La percezione del ruolo della Francia
Il 27 luglio il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista di Massimo Franco al presidente del Consiglio Giuseppe Conte che accenna con chiarezza a queste tendenze. Nella parte finale dell’intervista, dopo aver dichiarato che “Stiamo cercando di restituire centralità al Mediterraneo”, Conte afferma che la Libia è per l’Italia “una priorità, e l’abbiamo ribadito soprattutto alla Francia, tentata da un continuo espansionismo economico e strategico a nostre spese. Ho detto a Emmanuel Macron che non avalleremo forzature e fughe in avanti …”.
Non da ora l’Italia si sente debole e minacciata dalla crisi della Libia, che tocca interessi economici ed energetici importanti, e dall’immigrazione incontrollata che il vuoto libico le rovescia addosso. Ha sempre curato i suoi interessi e la sua sicurezza verso la Libia coltivando relazioni politiche rilevanti e privilegiate con il regime di Gheddafi, in particolare – dopo la fine della “prima Repubblica” – da parte dei governi Dini, Prodi, D’Alema e soprattutto Berlusconi.
L’iniziativa francese dell’intervento contro Gheddafi nel 2011 è stata generalmente vista in Italia come un siluro contro questo ruolo privilegiato dell’Italia verso la Libia. Da allora, l’evoluzione della crisi in Libia e l’intervento militare della Francia nel Sahel sono stati vissuti – ripete ora Conte – come il tentativo di “un continuo espansionismo economico e strategico a nostre spese”. Questa percezione corrisponde male alla realtà e quindi ha portato e porta a politiche sbagliate.
Inganni e illusioni nel quadrilatero Italia-Libia-Francia-Usa
Come già Gronchi e Fanfani si ingannavano sulle capacità di mediazione dell’Italia nei confronti degli arabi che essi volevano offrire agli Usa per agire come loro “procuratori” (Sergio Romano) o forse proconsoli nel Mediterraneo, allo stesso modo è stata sempre un po’ esagerata la percezione del primato italiano in Libia che tanta importanza ha poi guadagnato durante la seconda repubblica e sembra ora lievitare con il ‘governo del cambiamento’. E ne è risultata esagerata la minaccia a tale primato. Il desiderio della Francia di rafforzare i suoi interessi petroliferi, i suoi affari e la sua sicurezza è legittimo. Le contraddizioni con gli interessi italiani vanno eliminate con una rafforzata politica di cooperazione all’interno dell’Unione europea. Una polemica fra “grandi potenze europee” che richiama quelle di un mondo passato non ha senso.
La concertazione degli interessi con la Francia in una prospettiva di comune interesse verso la Libia, l’Africa e il Mediterraneo è la strada che giustamente ha cercato di percorrere il governo precedente guidato da Paolo Gentiloni. A fronte di un’opinione pubblica e mediatica petulantemente misogallica e nazionalista, il governo Gentiloni ha cercato di negoziare con successo un avvicinamento degli interessi e degli obbiettivi franco-italiani su importanti dossier, fra cui i cantieri navali e appunto la Libia.
Alla fine del suo mandato ha deciso di inviare una missione in Niger sottolineando la volontà di cooperare con la Francia sul terreno e gettare così i semi di un’azione europea concorde verso un teatro che è necessariamente più largo della Libia. Ugualmente Minniti, nella sua diplomazia “migratoria”, si è avvicinato quanto più è stato possibile alla Francia nella convinzione che la cooperazione europea avrà pure dei limiti rispetto alle necessità italiane, ma è la sola che può portare a soluzioni solide.
Polemica anti-francese = polemica anti-europea e avvicinamento agli Usa
In generale la ravvivata polemica contro Parigi è l’aspetto più evidente della più ampia polemica antieuropea dell’attuale governo, che rappresenta in Europa un Paese debole e isolato. Da questo isolamento l’Italia può uscire solo negoziando meglio la sua integrazione; difficilmente con una politica di contrapposizione o forzature.
Il desiderio di rafforzarsi contro i rivali europei e le loro supposte soperchierie genera, come già accaduto ripetutamente nel passato, un ravvicinamento dell’Italia agli Stati Uniti. Perciò, il 30 luglio Conte ha incontrato Trump alla Casa Bianca in un’atmosfera di grande cordialità e amicizia.
Nella conferenza stampa al termine dell’incontro Trump ha annunciato “a new strategic dialogue between Italy and the United States that will enhance cooperation on a range of issues. This includes joint security efforts in the Mediterranean, where we recognize Italy’s leadership role in the stabilization of Libya and North Africa”, sottolineando come i due Paesi siano legati dalla lotta al terrorismo e all’immigrazione illegale. Nella sua risposta Conte ha sottolineato l’emergente partnership strategica parlando di una “cabina di regia”. Secondo Conte, in relazione alle diverse sfide che provengono dal Mediterraneo, in particolare dalla Libia, l’Italia costituisce per gli Usa “a reference point in Europe and a privileged interlocutor”.
L’intesa con gli Usa potrebbe pesare poco o nulla
Quanto pesa l’intesa con gli Usa? L’interesse americano verso la Libia, in sintonia con la politica più generale di Trump verso la regione, è sempre più concentrata sul terrorismo e sempre meno interessata alla Libia. Secondo il copione generale, la stabilità della Libia è affidata all’Onu mentre gli sviluppi nel Paese vengono esaminati pressoché esclusivamente in relazione al mandato di Africom. La ‘cabina di regia’ rischia di funzionare a beneficio dell’antiterrorismo che domina la politica americana e assai meno a vantaggio degli interessi dell’Italia, alla quale Washington continuerà ad assicurare la sua convergenza nell’appoggio alla mediazione dell’Onu ma nient’altro.
Va anche ricordato che già Obama e Kerry riconoscevano la leadership Italiana in Libia senza che ciò sia servito a nulla di concreto, anche perché non esistono leadership “octroyé”. È difficile che l’intesa con Trump e il riallineamento politico che l’Italia sta tentando l’aiuti veramente a superare le sue difficoltà.
A Washington, Conte ha annunciato che nell’autunno l’Italia organizzerà una conferenza internazionale sulla Libia per riaffermare la sua leadership. Questa è un’ottima iniziativa se nel frattempo il governo italiano riuscirà attraverso la sua diplomazia a ricomporre un’armonia prima franco-italiana e poi europea sulla questione. Se sarà così anche l’intesa con gli Usa sarà utile. Altrimenti, gli Usa riconosceranno la leadership italiana sulla Libia, ma non accadrà nulla. Se la politica verso la Libia rimarrà quella di Salvini l’intesa europea non ci sarà e l’alleanza con gli Usa potrebbe anche aumentare l’isolamento dell’Italia e quindi la sua debolezza.