Argentina: lo stop all’aborto non scoraggia il Sudamerica
Nella notte tra il 5 e il 6 agosto nell’ospedale regionale di Santiago del Estero, nel nord-ovest argentino, è morta Liliana Herrera, una ragazza di 22 anni. Liliana, già madre di due figlie, una di 6 ed una di 3 anni, è morta per un’infezione generalizzata dovuta ad un aborto clandestino. I medici hanno tentato si salvarla asportandole l’utero, ma dopo diversi arresti cardio-respiratori la ragazza è stata ricoverata in terapia intensiva. È morta poco dopo. La morte di Liliana è la conseguenza di uno dei circa 500 mila aborti clandestini registrati ogni anno in Argentina dal comitato della Cedaw, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna. Il suo ricovero, invece, uno dei circa 53 mila annuali dovuti alle operazioni clandestine registrate dalla stessa istituzione.
Ma Liliana Herrera non è solo l’ennesima vittima della prima causa di mortalità materna dell’Argentina, l’aborto illegale. Il suo caso è particolarmente significativo perché è stato l’ultimo decesso prima del voto sulla regolamentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza che si è tenuto in Senato tra l’8 ed il 9 agosto.
Il Senato sconfessa la Camera
Nonostante l’eco mediatica del caso Herrera, il Senato argentino ha votato contro la proposta di legalizzazione dell’aborto promossa dalla Campagna nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito. Dopo una risicata vittoria alla Camera dei deputati, al termine di 22 ore di lavori nel giugno scorso, la seduta del Senato durata circa 17 ore ha ribaltato l’esito e affossato la proposta di legge. Dei 72 senatori, 38 hanno votato contro, 31 a favore e 2 sono stati gli astenuti, con numeri che hanno fatto registrare distinguo all’interno di molte forze politiche.
Cambiemos, la coalizione di governo che sostiene il presidente Mauricio Macri, ha fatto registrare 17 voti contrari e soltanto 8 a favore (l’Unione Civica Radicale, partito che rientra nell’alleanza, è il gruppo che ha portato in proporzione il maggior numero di voti contrari, 9 su 12). Ha votato diviso il gruppo peronista Argentina Federal, guidato da Miguel Ángel Pichetto, con 12 voti a favore e 11 contro, mentre il maggior numero di voti a sostegno alla proposta di legge sono arrivati da parte del Frente para la Victoria-PJ, con 8 a favore su 9 votanti. Tra questi, anche quello della ex presidente Cristina Fernández de Kirchner.
I tre deputati di Santiago del Estero, la regione di Liliana Herrera, hanno votato tutti contro la proposta di regolamentazione. È senza dubbio un fatto significativo. Se è vero che il Senato argentino è l’organo di rappresentanza federale del Paese, allora la scelta dei suoi rappresentanti dovrebbe essere letta come il riflesso della propensione politica di diverse province al mantenimento del divieto di aborto. Quelle del nord del paese sono tradizionalmente le più cattoliche e conservatrici; ma anche quelle con i peggiori indici di mortalità materna e di gravidanze in età adolescenziale.
Aspettando le elezioni del 2019
In Argentina, però, si guarda già al futuro. A dispetto dei risultati in Senato, il mondo politico e l’opinione pubblica del Paese hanno dovuto confrontarsi con l’enorme mobilitazione di milioni di donne che hanno manifestato la propria volontà di legalizzazione della pratica abortiva.
Una “marea verde”, così definita per i caratteristici fazzoletti verdi della Campagna pro-aborto, ha invaso le strade della capitale Buenos Aires, e non solo, per presenziare ai lavori della Camera e del Senato. È certo che la questione dell’aborto sarà un argomento chiave della campagna elettorale per le elezioni presidenziali e legislative dell’ottobre 2019. Lo sa bene il presidente Macri, che dopo una riunione del Consiglio dei ministri, il 9 agosto ha diplomaticamente dichiarato ai giornalisti che “il problema esiste” e che il governo “continuerà a lavorare affinché queste ragazze abbiano la possibilità di scegliere e pianificare la propria vita”.
Il presidente ha sottolineato la necessità di una più significativa dell’educazione sessuale nelle scuole, con particolare attenzione all’introduzione di metodi anticoncezionali. Macri non ha tuttavia di certo cambiato la sua posizione iniziale apertamente anti-abortista, ma deve aver avvertito il vento del cambiamento che scuote gran parte dell’Argentina. E come titolava il quotidiano Página 12 all’indomani del voto in Senato “Nessuno può fermare il vento”. Il presidente deve aver avvertito una particolare “brezza” elettorale.
Il vento del cambiamento scuote il continente
Intanto, nel vicino Cile è cresciuta l’ondata femminista, nata a partire dal movimento argentino Ni Una Menos del 2015. Le donne cilene protestano contro i femminicidi in America Latina e per chiedere un’istruzione non sessista nelle università e nelle scuole. Nell’agosto 2017, in Cile è stata approvata dall’allora presidente socialista Michelle Bachelet – il 10 agosto scorso confermata nuovo Alto commissario Onu per i diritti umani – la regolamentazione dell’aborto in casi specifici quali lo stupro, il pericolo di vita per la madre e particolari condizioni di salute del feto. Risultato ottenuto a coronamento di una battaglia durata molti anni.
In Brasile, invece, lo scorso 6 agosto si è svolta, pochi giorni prima del voto argentino, l’ultima delle udienze pubbliche convocate dalla Corte suprema federale per discutere della revisione della legge brasiliana sull’interruzione di gravidanza e prevedere la depenalizzazione dell’aborto fino alla dodicesima settimana di gestazione. Anche in Brasile esso è infatti ad oggi consentito solo in caso di stupro, pericolo di vita per la madre e anencefalia fetale. La decisione della Corte suprema è rimandata a fine mese, con la Conferenza episcopale brasiliana schierata con fermezza contro l’azione giudiziaria.
Nonostante le resistenze, resta una certezza – significativamente espressa nella considerazione fatta da Lorena Astudillo, portavoce della Rete cilena contro la violenza sulle donne, alla giornalista Marion Gonidec -: “Oggi il femminismo è un elemento caratterizzante dell’identità politica latinoamericana. La critica del patriarcato riguarda tutti i settori della società e tutti i partiti, di destra e di sinistra”. E la prima istanza con cui fare i conti sarà l’esigenza di ribadire la libertà di scelta sul proprio corpo da parte delle donne latinoamericane.
Foto di copertina © Julieta Ferrario via ZUMA Wire