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Sviluppo sostenibile

Il settore privato e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite

26 Lug 2018 - Nicolò Sartori, Daniele Fattibene - Nicolò Sartori, Daniele Fattibene

Negli ultimi tre anni, l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si è imposta come elemento sempre più preponderante per il futuro delle nostre comunità, chiamando non solo gli Stati, ma tanti altri attori ad adottare delle scelte innovative per dare una effettiva implementazione ai cosiddetti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs). Raggiungere questi obiettivi significa completare un processo di transizione sul piano economico, politico, sociale, ambientale e umano, necessario per vincere le sfide epocali che il pianeta Terra e i suoi abitanti si trovano ad affrontare.

La trasversalità degli SDGs
A lungo si è pensato che i temi della sostenibilità fossero legati prevalentemente a dinamiche ambientali o tipiche dei Paesi in via di sviluppo. L’ Agenda 2030, invece, ha avuto il merito di riportare il tema della sostenibilità su scala globale, mostrando non solo la trasversalità e la complessità legata alla sua attuazione, ma anche la complementarità tra attori pubblici, privati e società civile nell’ideazione e attuazione di policies efficaci per dare piena realizzazione agli SDGs.

Solo infatti attraverso questo sforzo congiunto è possibile dare vita a un nuovo modello di sviluppo economico, sociale e umano in grado di assicurare un percorso di crescita, riducendo allo stesso tempo le disuguaglianze e promuovendo un modello di produzione e di consumo responsabili. Si tratta di un compito complesso, in cui è le piccole e grandi aziende italiane o che operano in Italia possono e devono cooperare con l’attore pubblico per abbracciare la sfida degli SDGs e consentire di crescere e al contempo tutelare nella sostenibilità.

Il ruolo del settore privato
Negli ultimi anni, molte imprese hanno deciso di abbracciare in modo più o meno genuino gli SDGs. I rapporti sulla sostenibilità economica, sociale ed ambientale sono ormai un elemento fondante dell’attività dei principali gruppi imprenditoriali. Inoltre, le figure specializzate sui temi della sostenibilità iniziano a ricoprire ruoli sempre più apicali nelle grandi aziende, e spesso sono a diretto contatto con i rispettivi amministratori delegati. Molte imprese hanno poi individuato i loro SDGs di riferimento e hanno iniziato a valutare l’impatto delle loro filiere sulla base dei benchmark imposti a livello internazionale, promuovendo pratiche virtuose sul piano interno e alimentando il dibattito su quello esterno.

Le aziende hanno una capacità di innovare e di rispondere alle sfide della sostenibilità in modo più dinamico rispetto ai singoli Stati. Molti imprenditori hanno da tempo avviato un percorso di trasformazione virtuoso, anche sfruttando l’impatto delle nuove tecnologie. In questo senso, il Manifesto di  Confindustria sulla Sostenibilità ha colto in modo chiaro le sfide ma anche le grandi opportunità della sostenibilità. Il settore privato gioca un ruolo fondamentale per l’ Agenda 2030, non solo perché è dove le maggiori risorse economiche potranno essere mobilitate, ma anche perché è il settore in cui gli SDGs possono essere declinati in maniera più concreta e tangibile e proiettati verso la società civile.

Ci sono ovviamente una serie di criticità da affrontare sul piano normativo, infrastrutturale, finanziario e culturale. La prima consiste nel garantire una transizione sostenibile, che consenta di produrre profitto e crescita economica scorporando (decoupling) il profitto dall’uso delle risorse. Si tratta di un impegno complesso, dal momento che il modello tradizionale rende complicato conciliare la tutela dell’occupazione con quella dell’ambiente e della società in cui tali attività imprenditoriali si realizzano. Una transizione veloce ma disordinata rischia infatti di produrre esternalità negative ancora più forti di quelle attuali.

Occorre poi trovare delle strategie efficaci per gestire i rischi di questa trasformazione. Sapere quantificare il rischio è quindi un elemento essenziale nella governance aziendale per capire quali strategie di sostenibilità adottare. Esiste poi un problema di indicatori. Il set di indicatori dell’ Agenda 2030 è talmente vasto che a volte risulta difficile comunicare all’esterno i progressi fatti da un’azienda sui temi della sostenibilità. Per questo serve trovare dei comuni denominatori che consentano ad aziende dello stesso settore di puntare su strategie condivise. Infine, sul piano finanziario la difficoltà maggiore oggi consiste nell’identificare una metrica unica in grado di capire dove allocare le risorse in modo efficace e che permetta di capire non solo i rischi e i danni subiti ma anche quelli che possono essere generati dall’attuale modello economico.

Il Governo Conte e le sfide della sostenibilità
Il supporto e l’impegno dell’Italia per l’attuazione dell’ Agenda 2030 continua ad essere incerto. Nonostante in questi mesi si siano succedute importanti iniziative a livello politico e ministeriale (ad esempio la pubblicazione di una Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile) occorre un cambio di passo ancora più deciso. Lo stesso piano Industria 4.0 ha legato in modo solo tangenziale il tema dell’innovazione a quello dell’economia circolare, senza mostrare in modo chiaro che il salto di qualità avverrà solo se l’attuale sistema economico si trasformerà in un’ottica digi-circolare. Il nuovo Governo Conte è quindi chiamato non solo a rinvigorire l’impegno italiano, ma anche a correggere alcuni errori fatti in passato.

Tra questi, uno dei più significativi è legato all’applicazione della Direttiva 2014/95 dell’Ue sulla rendicontazione finanziaria. L’Italia ha deciso di dare un’interpretazione molto restrittiva alla normativa, imponendo questo nuovo sistema solo alle grandi imprese e non anche all’universo di piccole e medie aziende che continuano a vedere gli SDGs come un costo più che come un’opportunità. Non solo, ma questa decisione ha avuto ricadute importanti su questi attori, i quali sono rimasti esclusi dai circuiti della finanza internazionale sostenibile. Il prossimo governo dovrà quindi rivedere le decisioni del passato cercando di evitare di imporre alle Pmi lo stesso metodo di rendicontazione dei grandi gruppi che hanno risorse umane molto più vaste.

Un ruolo importante nella lotta per un paese più sostenibile potrà essere giocato dalla neonata Commissione nazionale per lo Sviluppo Sostenibile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Quest’ultima sarà fondamentale non solo per guidare l’azione di governo, ma anche per accompagnare le regioni e le città, che svolgono un ruolo cruciale in questo passaggio. La lotta per la sostenibilità passa infatti anche attraverso una rivoluzione burocratica e amministrativa, nonché l’educazione di funzionari e amministratori pubblici, i quali sono chiamati a tradurre in atti le direttive elaborate a livello politico. Non sarà una battaglia facile e la strada da percorrere è ancora molto lunga, ma per fortuna il nostro paese può avvalersi di una rete di soggetti sempre più vasta  che chiede a grande voce che si realizzi questo cambio di paradigma.