Migranti: Eunavformed, più sicurezza marittima, meno Sar
Nata nel 2015 nel quadro della Politica di Sicurezza e di Difesa comune dell’Ue (Psdc), l’operazione Eunavformed – Sophia ha via via abbandonato parte delle sue ambizioni di debellare il traffico di migranti ed esseri umani dalla Libia. A fronte di apprezzati risultati nel contrasto del crimine in mare, Eunavformed è di fatto percepita -nonostante la sua chiara connotazione militare – come un’operazione di salvataggio – Sar non dissimile da Frontex. Proprio il Sar si è rivelato il suo punto debole, in quanto incentrato sul trasporto in Italia di tutte le persone salvate. Ora il concetto dell’operazione sarà rivisto: la sfida sarà riuscire a mantenerne il profilo dedicato alla stabilizzazione del Mediterraneo.
(Errato) modello Somalia
I pianificatori di Eunavformed commisero probabilmente l’errore di volere replicare il modello di contrasto della pirateria somala. La crisi del Corno d’Africa era stata superata sulla base di risoluzioni dell’Onu che, con il consenso della Somalia, autorizzavano interventi coercitivi in acque e spiagge somale per smantellare la logistica della pirateria. Diverso il contesto politico libico, caratterizzato da un’inflessibile difesa della sovranità nazionale, e diversa la natura criminale dell’attività dei trafficanti. L’equivoco portò a ritenere impropriamente che stesse per realizzarsi il blocco delle partenze dalla Libia.
Si spiega così che, dalla fase 2A di interventi coercitivi in acque internazionali contro le imbarcazioni degli scafisti, Eunavformed non sia, dopo tre anni, ancora passata alla fase 2B nelle acque territoriali di Tripoli. Nemmeno a parlarne, poi, di rendere inservibili i barconi sulle spiagge libiche dando vita alla fase 3. L’Onu, in assenza del consenso del governo di Al Serraj, s’è limitato ad emanare risoluzioni che autorizzano il fermo in acque internazionali delle imbarcazioni trasportanti migranti, il loro affondamento dopo il salvataggio delle persone e l’arresto dei trafficanti. In questo sta la differenza principale tra Sophia e Frontex-Themis che è solo volta al controllo delle frontiere marittime Ue per evitare ingressi illegali e, in subordine, al Sar.
Priorità Sar
Il piano operativo – Oplan di Eunavformed relega il Sar a mero accidente, passando sopra le questioni della scelta del luogo sicuro di sbarco (Place of safety, Pos, dove siano garantiti assistenza, cure, cibo e protezione dei diritti personali, in vista del raggiungimento della meta finale) con la semplice soluzione di identificarlo nell’Italia. In tre anni le navi militari dei Paesi partecipanti hanno quindi sbarcato da noi circa quarantamila persone, sino all’ultimo episodio del pattugliatore irlandese approdato a luglio a Messina che ha portato la questione all’attenzione del nostro governo.
La soluzione di individuare il Pos con l’Italia passò sotto silenzio nel 2015, nella scia delle analoghe direttive di Frontex-Triton, a testimoniare la volontà italiana, ben accolta in ambito europeo, di coordinare tutte le operazioni Sar del Mediterraneo centrale non ponendo limiti alla propria capacità di accoglienza.
Ora, per modificare il principio e coinvolgere gli altri Stati membri, si dovrà cercare una faticosa via d’uscita che potrebbe condizionare il futuro dell’operazione.
Giurisdizione sui trafficanti
Oltre all’onere di essere il Pos, l’Italia si è assunta anche la responsabilità di esercitare giurisdizione esclusiva su trafficanti e scafisti. Nell’Oplan di Sophia è previsto che ci vengano consegnate, in via extragiudiziaria, le persone fermate dalle Unità navali partecipanti.
In teoria dovrebbe essere la Libia a processare i trafficanti, ma Eunavformed non agisce nelle acque territoriali di Tripoli, dove la sua giurisdizione sarebbe esclusiva; inoltre l’Ue manifesta riserve verso tale giurisdizione per via della mancanza di standard da Stato di diritto delle istituzioni giudiziarie libiche.
Si aggiunga, che la criminalizzazione delle condotte dei trafficanti non è generalizzata in tutti i Paesi Ue. In assenza di un’azione di armonizzazione tra le legislazioni interne, molti Membri sono privi di giurisdizione. Tant’è che il comandante strategico di Eunavformed, Ammiraglio Credendino, ha più volte riferito dei suoi sforzi di trovare una sponda nella Corte penale internazionale per configurare le condotte dei trafficanti come crimini contro l’umanità e superare il disimpegno giurisdizionale dei Paesi di bandiera delle navi di Sophia.
Relazioni Libia-Ue
Eunavformed rappresenta un pilastro delle relazioni tra l’Ue e il Governo di accordo nazionale tripolino. Certo, non è stata consentita l’ attività di Eunavformed nelle acque territoriali libiche. Tuttavia i rapporti tra la Marina libica e la missione europea sono stretti, anche per via dell’addestramento della Guardia costiera che le è stato affidato.
Inoltre, un rafforzamento di tali relazioni si avrebbe se, come di recente annunciato, il mandato di Sophia venisse allargato a comprendere le operazioni di controllo dell’embargo petrolifero (ora è previsto quello dell’embargo sulle armi) decretato da varie risoluzioni dell’Onu contro la Cirenaica per preservare l’integrità territoriale libica.
Ritorno alle origini
Eunavformed nasce come missione di sicurezza marittima (la prima varata dall’Ue nel Mediterraneo) dedicata a smantellare il business dei trafficanti. Il profilo originario, nonostante gli indubbi risultati nell’arresto di trafficanti ed nell’affondamento delle loro imbarcazioni, si è stemperato sino a confondersi con quello di un’operazione Sar in appoggio alla Guardia costiera italiana.
Ora, nel momento in cui si profila un riesame della prassi del Pos in Italia, va eliminata l’eterogenesi dei fini della missione riaffermando la priorità di quelli dedicati alla legalità dei traffici marittimi mediterranei.
L’Italia ha gestito con equilibrio e moderazione, in sintonia con la dirigenza libica, il comando dell’operazione ed ha il diritto di continuare a farlo per poter realizzare gli obiettivi non ancora raggiunti, incluso l’impegno nella criminalizzazione delle condotte dei trafficanti.