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Politica estera italiana

Governo Conte: il nazionalismo filo-russo di Lega e M5S

11 Giu 2018 - Leone Radiconcini - Leone Radiconcini

La nascita dell’Esecutivo presieduto dall’avvocato Giuseppe Conte ha suscitato, in Italia come all’estero, non poche perplessità circa le politiche che verranno poste in essere nel prossimo futuro. Nel contratto di governo sottoscritto fra il Movimento Cinque Stelle e la Lega, sono infatti declinati diversi aspetti di presa delle distanze dalle politiche dell’Unione europea: fra questi, una nuova ed esplicita linea di avvicinamento alla Federazione Russa, nel segno d’una sorta di nazionalismo filo-russo. Tale tema è stato espresso varie volte dai due partiti che sostengono la nuova maggioranza, anche se non formalizzato propriamente fino alla stesura dell’accordo fra le parti per la nascita del nuovo Esecutivo.

Per la Russia, con amore
Due sezioni del contratto danno una precisa definizione della politica estera delineata dalla maggioranza giallo-verde: ‘Difesa’ ed ‘Esteri’. Nella prima, appaiono generici riferimenti alla tutela dell’industria militare italiana ed al potenziamento delle forze armate. Ma ciò che colpisce realmente è la rivalutazione della “nostra presenza nelle missioni internazionali sotto il profilo del loro effettivo rilievo per l’interesse nazionale”.

Tale dato viene esplicitato con ancora maggior precisione nella successiva sezione, dove è scritto: “L’impegno è realizzare una politica estera che si basi sulla centralità dell’interesse nazionale e sulla promozione a livello bilaterale e multilaterale”. A un primo impatto tale frase potrebbe sembrare una mera constatazione della centralità degli interessi nazionali rispetto alla politica estera; ma l’affermazione esprime una presa di posizione ben più forte: la rivalutazione di prospettive che potremmo definire nazionalistiche.

Tale nazionalismo è però del tutto particolare, poiché vi sono passaggi in cui l’attenzione sembra essere rivolta più agli interessi della nazione russa che a quelli della italiana. Per essere più precisi, sempre all’interno della sezione ‘Esteri’ – dopo un breve cenno all’appartenenza all’Alleanza atlantica – viene specificato che la Russia rappresenta un “partner economico e commerciale potenzialmente sempre più rilevante”: motivo per cui, a parere dei sottoscriventi, è necessario eliminare le sanzioni verso la Russia e collaborare con il presidente Vladimir Putin per “la risoluzione di crisi regionali (Siria, Libia, Yemen)”.

Filorussi senza ‘l’oro di Mosca’
A parte la dubbia consequenzialità con cui il contratto passa dal definire la Russia un partner economico al considerarla capace di risolvere crisi internazionali, èpossibile fare alcune considerazioni su queste proposte:

1) Come l’onorevole Matteo Salvini ben sa, essendo stato membro del Parlamento europeo, l’abolizione delle sanzioni verso la Russia è una decisione che può essere presa esclusivamente all’interno delle istituzioni comunitarie, rendendo pertanto questo punto difficile da realizzare se non con un’estesa collaborazione europea (o a seguito di un’uscita dall’Ue, per altro esclusa nella presentazione del programma di governo al Parlamento);

2) Il presidente Putin ha ripetutamente dimostrato che il suo primario, quanto legittimo, interesse è il mantenimento della sfera d’influenza russa in alcune aree strategiche. Legittimarne il ruolo internazionale per la risoluzione di conflitti molto diversi fra loro (come Siria, Yemen e Libia) non farebbe che mettere in primo piano gli interessi russi che raramente coincidono con quelli italiani ed occidentali.

Escludiamo a priori che questa linea di sostegno alla Federazione Russa sia dettata da finanziamenti alla Lega o al Movimento Cinque Stelle. Non vi sono prove che la Russia stia portando avanti politiche di sostegno finanziario diretto ai partiti italiani, come faceva, invece, nella Guerra Fredda, l’Urss con partiti come il Pci o il Psiup. Bisogna quindi trovare altre motivazioni a quello che abbiamo precedentemente definito nazionalismo filorusso.

Un nazionalismo a specchio
Questo desiderio di legittimare in maniera netta la Russia come partner fondamentale per gli interessi italiani sembra essere dettato da una volontà di imitazione più che da una reale utilità per il nostro Paese. Se prendiamo, ad esempio, il caso libico, Italia e Russia si trovano a sostenere campi (pur se non formalmente) opposti. Quello italiano sembra un nazionalismo speculare a quello russo: fuor di metafora, appoggiare gli interessi russi per una questione meramente mediatica e per volontà di imitazione sembra condurre all’opposto degli interessi italiani, favorendo la strategia espansiva russa sia nel Medio Oriente che nel Mediterraneo.

La più forte concessione fatta in questo senso nel contratto è la seguente: “Non costituendo la Russia una minaccia militare, ma un potenziale partner per la Nato e per l’Ue, è nel Mediterraneo che si addensano più fattori di instabilità”. Come se l’Italia dovesse concedere più spazio alla Russia nel Mediterraneo, trasformando la politica di vicinato in una sorta di lassismo nei confronti del presidente Putin e del suo espansionismo, dimenticando l’irrisolta questione ucraina e il relativo conflitto.

Le problematicità delle posizioni espresse nel contratto di governo non paiono pertanto legate al ritorno di un nazionalismo novecentesco, ma anzi al sorgere di un nuovo nazionalismo – presente tanto nei Cinque Stelle qualto nella Lega -, fortemente interessato all’immagine mediatica, a fregiarsi dell’amicizia di leader stranieri muscolari che parlino il linguaggio della realpolitik e piacciano al pubblico per il loro decisionismo.

Bisogna però ricordare che oltre alla mediaticità ed ai consensi elettorali, esistono anche interessi reali che un atteggiamento del genere non tutela, poiché mette completamente in secondo piano fattori determinanti per l’interesse nazionale italiano ed elargisce favori a Putin. Che probabilmente ringrazierà per l’eventuale applicazione di una politica tanto favorevole quanto generosa, vista l’assenza di qualsivoglia vantaggio, se non molto limitato, per il nostro Paese.