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Contenziosi du dazi e Russia

G7 Canada: Trump manda tutto all’aria, Conte se la cava

11 Giu 2018 - Giampiero Gramaglia - Giampiero Gramaglia

Il professor Giuseppe Conte, presidente del Consiglio italiano, esordiente sulla scena internazionale, senza nemmeno un minimo di rodaggio nazionale, è rimasto fuori dalla foto simbolo del Vertice del G7, svoltosi in Canada, nel Quebec, a Charlevoix, e conclusosi con Donald Trump che ha mandato tutto a catafascio con un tweet a cose fatte, dopo avere cercato di mandare tuttio in tilt con un tweet prima dell’inizio.

La foto è quella scattata da Jesco Denzel, fotografo ufficiale della delegazione tedesca. L’immagine è una sintesi e un racconto della burrascosa riunione, con tutta la sua dinamica: il presidente Usa Donald Trump è in versione generale Custer, con due fedelissimi – John Bolton e Larry Kudlow – accanto, ‘assediato’ da una torma di europei, un’aggressiva Angela Merkel, Emmanuel Macron, Theresa May; il premier giapponese Shenzo Abe, preso in mezzo, cerca di scomparire.

Il Vertice dei Grandi è stato proprio così: gli europei a premere su Trump perché riveda la posizione sui dazi; e lui e tenere duro – un po’ come l’anno scorso a Taormina sul riscaldamento globale, sei contro uno, ma con toni più accesi -. Dov’era finito, in quel momento, il professor Conte? Stava fuori obiettivo; e, quindi, stava nel posto sbagliato. Ma altri scatti, meno icastici, della stessa scena lo mostrano dietro Trump; e quindi pure dalla parte sbagliata!

Il professor Conte, un esordiente ‘navigato’ e fortunato
Fortuna, a questo punto, che Denzel non l’abbia ripreso: l’immagine gli avrebbe fatto torto, perché lo avrebbe tramutato in uno scherano dell’Amministrazione statunitense. Invece il professor Conte, il premier esordiente, è stato – a sorpresa – fra quanti sono usciti meno peggio da un G7 confuso e con il finale convulso e il veleno nella coda. Nessuno se ne aspettava nulla, né ne pretendeva nulla: zero gaffes e zero errori, era l’obiettivo. Lui è invece riuscito a districarsi tra Trump e gli europei, s’è preso gli elogi del magnate (e un invito alla Casa Bianca) senza rompere con i partner dell’Ue. Conte e il giapponese Abe – i giapponesi sono maestri nel defilarsi in queste circostanze – sono gli unici tornati a casa senza le ossa rotte dal disastro diplomatico di Charlevoix, Quebec, Canada.

Il premier italiano Giuseppe Conte con l’omologo canadese Justin Trudeau e la moglie Sophie (© Michael Kappeler/DPA via ZUMA Press)

In questo contesto teso e increspato, il professor Conte è riuscito a costruirsi un suo G7 particolare: da neofita, ne giudica il bilancio “molto positivo” e afferma che non c’è conflitto “nel rapporto dell’Italia con Usa ed Ue”; constata che Trump mostra “attenzione e apertura” per il suo governo; e si barcamena sulla Russia (“Ha un ruolo cruciale, ci vuole dialogo”), sulle missioni militari italiane all’estero (“Le valuteremo, ma non c’è nessun disimpegno”), sui dazi (“Non ne siamo contenti, sono svantaggiosi per l’Italia e l’Ue”).

Senza avere accanto gli angeli custodi Salvini e Di Maio, vice-premier ingombranti, il premier pare più sicuro di sé al Vertice che non nel chiedere la fiducia al Parlamento. Conte abbocca, all’inizio, alla polpetta avvelenata del presidente Trump, che apre al ritorno della Russia fra i Grandi nel G8, senza che il tema sua all’ordine del giorno, ma roiesce a schivare, almeno questa volta, le ramanzine sul debito dei partner e delle istituzioni (la signora Lagarde non gli esprime le preoccupazioni quasi rituali dell’Fmi per l’Italia), in attesa di momenti di confronto più specifici e più dettagliati. A fine mese, lo attende il Vertice dell’Ue a Bruxelles; a luglio, quello della Nato, sempre a Bruxelles.

Il Vertice? Un flop
Che cos’è dunque successo a Charlevoix? Sabato mattina, Trump aveva lasciato il Vertice prima delle conclusioni, per volare a Singapore dal dittatore nord-coreano Kim Jong-un. E ‘da remoto’ con un tweet ha mandato all’aria il documento – sbiadito e indolore – di un G7 che aveva già provato a sabotare, ponendo in extremis la questione del ritorno della Russia fra i Grandi. La bomba era poi stata disinnescata dallo stesso presidente russo Vladimir Putin: “Ho altri progetti”, aveva risposto, partecipando, con Cina, India, Pakistan e altri Paesi, a una riunione dell’ ’Organizzazione di Shanghai’ – tre volte il G7, demograficamente parlando -.

A lavori ultimati, il magnate se la prende col padrone di casa, il premier canadese Justin Trudeau, “debole e disonesto”, e straccia metaforicamente le conclusioni messe a punto in sua assenza (ma presente il suo sherpa) sul commercio internazionale – quasi acqua fresca -. Le colpe di Trudeau? Avere aperto i lavori della seconda giornata senza aspettarlo e avere poi definito, in conferenza stampa, “un insulto” i dazi degli Usa sull’acciaio e l’alluminio europei e canadesi.

Così facendo, Trump sancisce l’inadeguatezza dei Vertici dei Grandi e forse ne accelera il tramonto. La Casa Bianca si sente “pugnalata” da Trudeau, gli europei si sentono presi in giro dagli americani. Le reazioni sono irritate e velenose: la Merkel parla di “fiducia tradita” e di “credibilità del G7 distrutta”; Macron invita a evitare che “scoppi d’ira determinino l’agenda” dei leader; l’Ue s’attiene al testo concordato. In un’analisi, il New York Times nota che Trump ha messo un cuneo tra gli Stati Uniti e i loro alleati, lasciando vacante il suo posto – lo fece pure al G7 di Taormina, quando rimase isolato sul clima, e l’ha rifatto in Canada, isolato sul commercio – e abdicando alla propria leadeship.

Che sia calcolo – ma quale? – o impuntatura, interesse nazionale leso o ego personale ferito, ancora una volta, Trump spariglia i giochi: il compromesso raggiunto a Charlevoix è nullo e non avvenuto; e le dichiarazioni rese dagli altri leader a fine lavori sono tutte basate su una presunzione di accordo sul commercio internazionale cancellata da Trump ex post. Un testo quasi surreale: un impegno anti-protezionismo, proprio mentre l’America conduce una crociata protezionistica contro partner e alleati.