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Elezioni politiche

Iraq: Moqtada al-Sadr, l’impatto d’una vittoria a sorpresa

20 Mag 2018 - Stefania Sgarra - Stefania Sgarra

Le elezioni parlamentari dello scorso 12 maggio in Iraq, le prime dopo le vittorie sul sedicente Stato Islamico, l’Isis, avevano creato un clima di aspettativa e le urne non hanno mancato di stupire, in maniera tanto più plateale perché inaspettata.  Il chierico sciita Moqtada al-Sadr  e la sfaccettata coalizione di cui è capolista, al-Sa’iroun (Avanti con le riforme),  hanno conquistato la maggioranza in almeno sei delle 18 province irachene con il notevole trionfo nella capitale Baghdad. L’attuale primo ministro, Haider al-Abadi, dato come grande favorito, è invece arrivato terzo, dietro Hadi al-Amiri, leader del blocco al Fatah (la Conquista).

Frammentazione e malcontento popolare
Il messaggio nazionalista di riforma e rinuncia alle vecchie politiche settarie, propagandato da Moqtada al-Sadr e da al-Sa’iroun, ha fatto breccia in quanti si sono ritrovati a pagare lo scotto della corruzione, della disoccupazione e della povertà aumentate negli ultimi anni. Un’affluenza alle urne molto bassa – 44,5% rispetto al 70% del 2005 – è stata il sintomo lampante della crescente disillusione popolare nei confronti di un sistema che soffoca il cambiamento e favorisce la permanenza al potere delle stesse persone da 15 anni.

Inoltre queste elezioni hanno confermato l’estrema frammentazione della scena politica a livello intersettario. Rispetto al 2005, quando le diverse componenti sciite si erano candidate all’interno di un’unica lista, quest’anno almeno cinque coalizioni si sono contese i seggi parlamentari: il partito al-Dawa si è ritirato per far spazio alla competizione tra al -Abadi e l’ex premier Nouri al-Maliki; al-Amiri, ex comandante militare dell’organizzazione Badr, ha riunito alcune delle milizie sciite delle Forze di Mobilitazione popolare nella coalizione al-Fatah; Ammar al-Hakim, già presidente del Consiglio supremo islamico, si è presentato con il Movimento Hikma; e Moqtada al-Sadr ha firmato un’inedita alleanza con il partito comunista, tradizionalmente secolare.

Queste scissioni avranno un peso nei negoziati post-elezioni: il blocco con il maggior numero di seggi dovrà avviare consultazioni per formare un governo di coalizione ed eleggere il prossimo premier. Finora ci sono voci su un asse tra al-Sadr, al-Abadi e partiti minori, quali il partito curdo d’opposizione Gorran.

Chi è il chierico vincitore Moqtada al-Sadr
Ciò che sembra aver premiato al- Sadr sono state la capacità di costruire una base solida e fedele e soprattutto l’abilità a leggere e ad adeguarsi agli umori cangianti della popolazione irachena. Moqtada al-Sadr ha infatti beneficiato del seguito che il padre, noto religioso ucciso negli Anni ’90 dal regime, era riuscito a raccogliere tra le fasce più povere della popolazione sciita, in particolare nella periferia di Baghdad, Sadr City, rinominata così in suo onore nel 2003, e lo ha allargato.

Almeno fino al 2008, il movimento era stato fautore di azioni diverse e spesso contrastanti: a un’attiva rete di assistenza sociale aveva unito la partecipazione politica sotto il banner sciita mentre allo stesso tempo infuriava l’azione armata dell’Esercito al-Mahdi, milizia del movimento, contro il governo centrale e l’occupazione americana. Dopo le violenze settarie tra il 2006 e il 2007, al-Sadr decise di sciogliere l’Esercito al-Mahdio e di abbracciare una politica moderata e conciliatrice corroborata dall’idea di un Iraq unito e guidato da tecnici più che da governi su base confessionale.

L’acme della trasformazione da radicale ed ex leader militare a nazionalista e pacifista viene raggiunta nel 2016, quando scaduto l’ultimatum lanciato ad al-Abadi per riformare il governo, al-Sadr aveva guidato i manifestanti nella Green Zone, il quartiere fortificato di Baghdad dove si trovano le strutture governative. Le proteste, lanciate mesi prima dal partito comunista e da diverse componenti della società civile, avevano trasceso le affiliazioni religiose ed etniche per esprimere una condivisa frustrazione contro la classe politica. La nuova linea d’azione di al-Sadr è stata esplicitata poco dopo in 29 punti inclusivi di temi quali riconciliazione nazionale, rispetto per i diritti umani e necessità di riportare le diverse milizie settarie attive nel Paese sotto il comando nazionale.

L’Iraq tra Iran e Stati Uniti
Gli esiti di queste elezioni avranno con molta probabilità una portata che va ben oltre i confini nazionali, specialmente se si considerano le recenti tensioni Iran – Usa. Mentre gli Stati Uniti avevano lasciato intendere di prediligere al-Abadi, al-Amiri rimane l’uomo di Tehran con le milizie di provenienza dei candidati di al-Fatah finanziate e addestrate dall’Iran. D’altra parte, al-Sadr si era posto nel mezzo rigettando interferenze esterne sia da parte statunitense che iraniana e aveva anzi appoggiato il disgelo nei confronti dei Paesi del Golfo lanciato da al-Abadi lo scorso anno.

Dunque, sarà cruciale nelle prossime settimane evitare il pantano politico che aveva bloccato il Paese nel 2010 e pianificare il prima possibile un programma di ricostruzione che possa risanare le cicatrici lasciate dal passaggio del sedicente Stato islamico.