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Stagione di Vertici

Corea: Moon-Kim, una schiarita sul fronte della Penisola

4 Mag 2018 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

L’incontro tra il presidente sud-coreano Moon Jae-in ed il leader della Corea del Nord Kim Jong-un, avvenuto a Panmunjom il 27 aprile, non è il primo vertice tra i massimi dirigenti delle due Coree. In precedenza si erano recati in visita a Pyongyang i presidenti Kim Dae-jung nel 2000 e Roh Moo-hyun nel 2007. L’incontro di quest’anno si distingue dai due precedenti eventi anzitutto per la sua natura estemporanea, visto che esso e’ avvenuto al momento in cui la tensione in Corea era giunta a livelli di pericolosità senza precedenti, con il rischio che si arrivasse addirittura all’uso dell’arma atomica. I vertici bilaterali precedenti erano invece maturati in un clima di distensione nel quadro della cosiddetta ‘sunshine policy’ avviata nel 1998 dal presidente Kim Dae-jung e successivamente mantenuta dal suo successore Roh. Inoltre la prima offensiva del sorriso sud coreana era avenuta con il pieno sostegno dell’allora amministrazione Clinton ( e anche dell’Europa) mentre l’attuale amministrazione USA ha sinora mantenuto un atteggiamento critico e a volte ostile al dialogo.

I meriti di Moon e di Kim e le rivendicazioni di Trump
Il principale credito dell’attuale schiarita va attribuito al presidente del Sud , Moon Jae-in, che aveva posto il rilancio del dialogo intercoreano al centro della sua piattaforma elettorale. Al leader del Nord si puo’ riconoscere di aver colto le aperture della sua controparte del Sud e di aver compreso di non poter andare oltre nelle sue provocazioni missilistiche e nucleari.

Anche il presidente Usa Donald Trump rivendica una paternità e gli va riconosciuto il fatto di non essersi sottratto al dialogo con colui che egli stesso aveva definito come un arcinemico degli Stati Uniti. Lo ha fatto abbassandosi, però, al livello del suo antagonista ed infrangendo la regola che non si giuoca a poker con l’arma nucleare. La   prova del nove sarà il previsto prossimo vertice tra Trump e Kim:una prima assolluta mai verificatasi in passato. Vi è da sperare che Trump potrà mantenere in riga il suo fronte interno.

Destano preoccupazione le recenti affermazioni del suo nuovo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che ha indicato la ‘soluzione libica’ quale modello per sistemare la crisi nucleare coreana. Se si tiene conto della fine toccata a Gheddafi, dopo aver rinunciato al nucleare, tali affermazioni non possono che provocare i brividi nella Corea del Nord. Esse appaiono come un tentativo di Bolton di minare le aperture del suo presidente.

La rapidità di sviluppo del dialogo inter-coreano
E’ incredibile la rapidità con cui si sta sviluppando i dialogo intrecoreano: è già scattato dal primo maggio l’ impegno a sospendere gli atti ostili delle due parti lungo la linea di demarcazione militare, quali l’uso di altoparlanti e di volantini propagandistici che hanno avvelenato per decenni il clima bilaterale. Sempre in questo mese di maggio dovrebbero tenersi i primi incontri ‘military to military’. Il programma di riunioni tra famiglie separate tra nord e sud dovrebbe riprendere il 15 agosto.

Cadono, inoltre, alcuni tabù che apparivano insormontabili. Primo tra i quali quello dell’asserita impossibilità di andare oltre il fragile armistizio su cui si regge l’ attuale provvisoria situazione di ‘non guerra’, con la prevista stipula di un vero e proprio trattato di pace. Ancora più precaria la situazione sul fronte dei confini marittimi, non regolamentata da alcuna intesa e origine di innumerevoli incidenti.

La delicata e complicata questione nucleare
Il dossier di gran lunga più delicato riamane quello nucleare. Occorrerà chiarire anzitutto il vero significato del termine convenuto tra le due parti della ‘denuclearizzazione’ della Penisola coreana. Analogo linguaggio venne utilizzato in una dichiarzione bilaterale avvenuta nel 1991 all’indomani del ritiro da parte degli Stati Uniti delle armi nucleari sino ad allora schierate nel Sud.

Essa è rimasta evidentemente lettera morta per il Nord che si ritirò poi dal Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp) e lanciò il noto programma nucleare e missilistico. Il Sud invece s’è sempre attenuto alle disposizioni del Tnp, come anche a misure più stringenti previste dall’Agenzia internazionale per l’Energia nucleare e da ulteriori accordi bilaterali con gli Stati Uniti. Sicuramente, la denuclearizzazione non può significare la rinuncia da parte del Sud all’energia nucleare, di cui esso è oggi divenuto uno dei maggiori produttori a livello mondiale e che potrà servire per sopperire alla disastrosa situazione energetica del Nord.

Le richieste del Nord e le possibili risposte
La questione chiave rimane quella delle garanzie che Pyongyang da sempre richiede di non essere attaccata dagli Stati Uniti. Se essa rinuncerà effettivamente all’arma nucleare, pretenderà sicuramente garanzie di ferro e non mere manifestazioni declaratorie sul non uso o minaccia dell’uso di armi nucleari. Probabilmente vorrà anche un impegno di non aggressione. Per essere affidabile, un’intesa sul nucleare dovà configurarsi come un vero e proprio trattato giuridicamente vincolante per tutte le parti. Analoghe garanzie di ferro vorranno le controparti della Corea del Nord circa la possibilità di verificare l’avvenuta eliminazione del suo arsenale.

È probabile che il Nord chiederà che l’eventuale impegno americano sia corroborato da garanzie di sicurezza ed assistenza da parte cinese ed è verosimile che la recente visita di Kim a Pechino e quella del ministro degli Esteri cinese a Pyongyang mirassero ad affrontare anche tale essenziale argomento. Si potrebbe creare alla fine una sorta di simmetrica garanzia di protezione americana e cinese ai propri rispettivi partners delle due Coree. Potrebbe entrare nell’equazione anche un riesame della la questione, tanto invisa a cinesi e russi, dello stazionamento in Corea del Sud del sistema di difesa antimissilistico americano Thaad.

Questi sono alcuni dei pricipali punti su cui poggia l’accordo intercoreano di Panmunjom. Sono pochi i riferimenti alle contropartite economiche, che pure non potranno mancare. Esse verranno sicuramente affrontate nel corso del dialogo bilaterale con gli americani, soprattutto in termini di rimozione delle sanzioni economiche. Anche in questo caso, il Nord non potrà che muoversi con grande cautela, visto che, nel caso dell’Iran, gli americani minacciano proprio ora di non più attenersi all’impegno della rimozione delle sanzioni che pure essi hanno sottoscritto con Teheran.

È la prima volta che i due Stati coreani prendono in mano essi stessi direttamente e con tanta determinazione le redini del futuro della Penisola. È significativo anche il loro comune riferimento, nel testo della dichiarazione congiunta, a una “Corea di 80 milioni di abitanti”. Si tratta di una prospettiva che non potrà che mutare, se realizzata, gli equilibri nell’intera area dell’Asia orientale e che è suscettibile di sollevare alcuni timori. Sarebbe però ingiusto opporsi al raggiungimento di tale obiettivo. La partizione di uno Stato che già aveva sofferto decenni di colonizzazione giapponese fu una decisione presa ‘a tavolino’ dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale senza alcuna giustificazione. Non vi è motivo per ostacolare nè un riavvicinamento nè il superamento di una divisione che ha già causato innumerevoli sofferenze.