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Lungo la nuova Via della Seta

Tagikistan: aumenta la presenza militare della Cina

13 Apr 2018 - Elvio Rotondo - Elvio Rotondo

Tra i crescenti timori che i militanti uiguri, separatisti dello Xinjiang che si addestrano e operano in Afghanistan, possano colpire la Cina occidentale, l’esercito di Pechino starebbe aumentando la sua presenza in Tagikistan, con uno schieramento di truppe nella regione del Gorno-Badachšan.

L’area interessata si trova in una regione autonoma del Tagikistan orientale, una delle aree strategicamente più sensibili dell’Asia centrale, situata sulle montagne del Pamir. Nel 1991 la Repubblica del Tajikistan ottenne l’indipendenza dall’Unione sovietica e nel 1992 il Gorno-Badachšan tentò di ottenere a sua volta l’indipendenza, non riuscendo però nell’intento. Il Gorno-Badachšan regione confina a sud e ad ovest con Afghanistan e a est con la regione autonoma cinese dello Xinjiang.

Venti autonomisti nel Gorno-Badachšan
Secondo quanto riporta International Crisis Group, l’aumento della schieramento di personale della sicurezza cinese nella regione sarebbe dovuta, probabilmente, alla presenza dei militanti uiguri che operano oltre il confine in Afghanistan o dal loro rientro dal Medio Oriente.

Dagli anni ’90, il Gorno-Badakhshan ha cercato di rafforzare la sua autonomia, anche attraverso la lotta armata. Per ora la regione è relativamente tranquilla, ma la situazione potrebbe cambiare senza preavviso.

La  zona di confine tra Afghanistan e Gorno-Badachšan è fonte di preoccupazione per Cina, Russia, Stati Uniti e altre potenze straniere. Il Tagikistan, membro dell’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (Csto) che riunisce Stati ex sovietici ed è guidata dalla Russia, ospita la 201° Motor Rifle Base, la più grande base russa in terra straniera.

È un importante punto di transito per merci cinesi destinate all’Afghanistan, al Pakistan e ad altri Paesi: i talebani e i combattenti affiliati al sedicente Stato islamico operano lungo la frontiera afghana. Gli oppiacei afgani circolano così liberamente in Tagikistan e successivamente in Russia, Cina e Occidente.

Milizie uigure in Medio Oriente
A febbraio, la coalizione guidata dagli Stati Uniti in Afghanistan avrebbe condotto attacchi aerei contro campi militanti nel nord del Paese, vicino ai confini tagico e cinese, per “rassicurare i vicini” che l’area non sarebbe stata rifugio sicuro per terroristi con intenzioni di effettuare attacchi transfrontalieri.

La Cina ha ripetutamente messo in guardia contro i militanti etnici degli uiguri che hanno lasciato la loro regione, nella Cina occidentale, per unirsi a gruppi estremisti come il Partito islamico del Turkistan, gruppo prevalentemente uiguro con basi in Siria e Afghanistan e alleato di al-Qaeda e dei talebani.

Una delle maggiori preoccupazioni di Pechino deriva dal possibile ritorno, attraverso l’Afghanistan o l’Asia centrale, degli uiguri che combattono in Siria, dove sarebbero presenti in circa 5000. In Siria, gli uiguri della provincia cinese dello Xinjiang si sarebbero uniti anche a varie milizie jihadiste, come il fronte di Jabhat al-Nusra, Hayaat Tahrir el-Sham e Isis.

La sconfitta del sedicente Stato islamico in Iraq e i recenti successi delle truppe di Assad contro i ribelli in Siria sembrano aver creato una crisi a cui Pechino sta cercando di trovare una soluzione prima che centinaia di combattenti uiguri tornino a casa dopo aver lottato tra le fila dei ribelli, pienamente addestrati alla guerriglia. La loro esperienza potrebbe avere un grande impatto nella minaccia terroristica nella regione dello Xinjiang.

Naturalmente, la prospettiva del rientro dei combattenti preoccupa anche il Tagikistan per ragioni analoghe.

Equilibri regionali e fastidi russi
La presenza di Pechino ha provocato qualche preoccupazione tra la popolazione locale, e l’aumento dell’influenza cinese nella regione potrebbe innervosire la Russia, che tradizionalmente ha legami molto forti con il Tagikistan.

Si parla di strutture cinesi nell’insediamento di Shaimak, vicino al confine con lo Xinjiang e al corridoio di Wakhan, una valle di alta montagna in Afghanistan che separa il Tagikistan e il Pakistan. Si descrive la struttura come “un centro anti-terrorismo congiunto” che ospita anche le forze tagike.

La Cina ha già un vantaggio sulla Russia nella regione, vale a dire il denaro e, forse, la volontà di finanziare le enormi infrastrutture e altri progetti di cui il Tagikistan ha un disperato bisogno.

Nel 2016, la Cina, probabilmente spinta dalla convinzione di trarre un beneficio enorme da una regione pacificata come quella dell’Afghanistan, aveva istituito un “meccanismo di cooperazione e coordinamento quadrilatero (Qcg)” con il Tagikistan, l’Afghanistan e il Pakistan per condividere informazioni e formazione contro il terrorismo. In quello stesso anno, funzionari afghani riferirono di aver catturato decine di uiguri militanti in Afghanistan. Successivamente, il governo tagiko ha approvato piani che consentono alla Cina di finanziare e costruire undici avamposti di confine e un centro di formazione.

Inoltre, secondo l’agenzia di statistica del Tagikistan, all’inizio di ottobre del 2016, il totale degli investimenti diretti cinesi nel Paese aveva superato 1 miliardo di dollari, oscurando quelli di Mosca.

Tra scambi commerciali e antiterrorismo
Il Paese dell’Asia centrale è una delle prime tappe della Belt and Road Initiative – la nuova Via della Seta cinese – ma le difficoltà legali, la politica torbida e le preoccupazioni per la sicurezza ostacolano gli affari cinesi, con Pechino che antepone l’interesse per la cooperazione antiterrorismo in Asia centrale rispetto agli interessi commerciali.

L’influenza della Russia nel Paese rimane forte, soprattutto per quanto riguarda la cooperazione in materia di sicurezza. Le relazioni russo-tagike sono sostenute da solidi scambi commerciali e personali tra le élite dei due Paesi: ma l’equilibrio potrebbe cambiare se la presenza cinese dovesse continuare a crescere.

Foto di copertina © Xinhua via ZUMA Wire