Populismo: ricetta che mina Unione europea e America Latina
Diversamente da fascismo, nazismo, comunismo, socialismo, per nominarne alcuni, il populismo è sicuramente un ‘ismo’ anomalo, che non ha contenuti ed è quindi difficile da categorizzare. Si tratta di un modus comunicandi, un contenitore stipato di argomenti che necessariamente prendono la sua forma: una visione manichea della società, divisa tra buoni (la maggioranza) e cattivi (l’élite), condita con una sana dose di personalismo politico e di semplificazione della realtà. I movimenti populisti possono quindi essere di destra o di sinistra, inclusivi od esclusivi e sono proprio queste due caratteristiche che rendono l’Unione europea e l’America Latina così vicine ma anche così lontane quando si parla di populismo.
Populismo inclusivo ed esclusivo
Il populismo latino viene spesso tacciato come la causa dei problemi economici e politici più gravi della regione. Tuttavia, molti non lo considerano come la ragione delle spesso scarse performance economiche e politiche dei Paesi dell’area, ma semplicemente come un’inevitabile risposta sociale ad uno stato di inerzia, corruzione diffusa e malessere collettivo. In effetti, diversamente dall’Unione europea, il populismo in America Latina è solitamente di tipo inclusivo, si basa cioè sulla necessità di dotare le masse, al di là della loro religione, razza ed identità nazionale, di un leader carismatico in grado di difendere i loro interessi da un élite corrotta.
Sicuramente, come del resto in America Latina, anche in Europa il populismo nasce a causa di una percepita mancanza di risposte da parte dei partiti più tradizionali e dell’Unione stessa. Tuttavia, il populismo che si vive oggi nei paesi dell’Ue è diverso, forse più cupo, esclusivo e di forte chiusura verso l’esterno. A parte in alcuni sporadici casi nel Sud Europa, vedasi Podemos, Syriza o lo stesso Movimento 5 Stelle, che ha però dei tratti ibridi quando si tratta di immigrazione, il populismo europeo è fortemente nazionalista e si basa soprattutto su un generale senso di insicurezza diffusosi negli ultimi anni vuoi per la crisi migratoria vuoi per gli attacchi terroristici vuoi perché il welfare sociale sembra si stia riducendo.
Elezioni e populismo
Nel corso del 2017, l’Unione europea ha visto partiti populisti nazionalisti conquistare nelle elezioni nazionali un numero senza precedenti di seggi. Nel marzo 2017, in Olanda, il Partito della Libertà olandese (PVV), con una campagna elettorale islamofoba ed anti-europea, ha ottenuto il 13% dei voti, diventando il secondo partito della Seconda Camera del Parlamento olandese.
In Francia, nelle elezioni presidenziali, il Front National ha ottenuto il 33,94% delle preferenze, con oltre 10,6 milioni di voti grazie ad una campagna elettorale basata sulla paura degli immigrati. In Ungheria, Viktor Orban e il suo partito Fidesz hanno vinto per la terza volta le elezioni, accelerando la deriva autoritaria del Paese. In Italia, la Lega, uno dei partiti più euroscettici nello scenario politico nazionale, dopo aver registrato un successo elettorale senza precedenti, sta ora tentando di formare un governo con la coalizione di destra ed il Movimento 5 Stelle.
Anche l’America Latina vedrà diversi appuntamenti elettorali nel corso del 2018 con le elezioni presidenziali previste in Cile, Colombia, Messico e Brasile e diversi leader populisti pronti alla battaglia elettorale. In particolare, in Brasile, dopo l’arresto dell’ex presidente Lula, favorito dai sondaggi ma condannato per corruzione, il candidato di destra Jair Messias Bolsonaro, ex ufficiale dell’esercito, criticato per i suoi ripetuti apprezzamenti sulla dittatura degli Anni 60, è tra i più probabili vincitori delle elezioni di ottobre con un programma che punta al taglio della spesa pubblica. Questo in un Paese dove, secondo i dati dell’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica (Ibge), più di 50 milioni di persone (25% della popolazione) vive al di sotto della soglia di povertà con 4,5 euro al giorno.
Populismo e trend antidemocratici
In generale, il populismo in America Latina fa leva su un diffuso disincanto nei confronti della democrazia per la sua incapacità di fare fronte ai problemi sociali, alla corruzione e al crimine interno. Secondo le statistiche, nel corso del 2017, il supporto per la democrazia in America latina è passato dal 66.4% al 57.8% e solo il 49.4% dei messicani e il 52.3% dei brasiliani crede che la democrazia sia un buon sistema politico, mentre il 38% dei cittadini della regione supporterebbe un colpo di stato se questo aiutasse la lotta contro il crimine e la corruzione.
Sicuramente questi sono trend allarmanti, a cui i governi dei Paesi della regione cercano di rispondere. In effetti, già nel 1992, con la firma del Protocollo di Ushuaia, i Paesi del Mercosur, l’organizzazione regionale di mercato comune dell’America meridionale, avevano stabilito la cosiddetta “clausola democratica”. Tale clausola prevedeva, la sospensione di quegli Stati che avessero infranto l’ordine democratico interno. Per questo motivo, la membership del Venezuela, Paese accusato di molteplici violazioni dei diritti umani, è stata sospesa ed il governo Maduro è stato più volete sollecitato a liberare i prigionieri politici ed organizzare elezioni libere nel 2018. Ad oggi, il Venezuela si colloca al 169.o posto nella classifica di Trasparency International, confermandosi come uno dei Paesi più corrotti a livello mondiale e viene definito da Freedom House come Paese non libero.
Nell’Unione europea la situazione non è così drastica. Tuttavia le statistiche mostrano che il 47% degli europei è insoddisfatto del funzionamento corrente della democrazia e che una moltitudine di cittadini sembra sostenere le idee dei partiti nazionalisti, anche a discapito della propria libertà personale, per favorire un maggior controllo dello Stato e promuovere la sicurezza interna. Inoltre, se nell’Unione europea, il problema della corruzione è meno evidente, registrando picchi solo in alcuni Paesi come Grecia, Bulgaria, Romania e la stessa Italia, l’indice di trasparenza e di stato di diritto di Ungheria, dove è sceso di 10 punti negli ultimi sei anni, o Polonia sta mostrando trend allarmanti, rischiando di erodere non solo la cultura democratica ma anche l’indipendenza del potere giudiziario e la funzione di controllo esercitata dai media.
Un’insidia per l’integrazione
In conclusione, se la crisi economica nell’Unione europea sembra ormai un dato del passato, i partiti populisti prosperano grazie ad un diffuso sentimento di insicurezza gonfiato anche dalla globalizzazione, dalle crisi migratorie e dal terrorismo. E’ da sottolineare che il populismo, non avendo contenuti, non è di per se buono o cattivo. Il pericolo che sta attanagliando il progetto di integrazione europea quindi non è tanto legato ai partiti populisti di per sé, ma al progressivo trionfo di idee nazionaliste, propagate tramite una comunicazione di stampo populista, che potrebbero fare venir meno il principio di solidarietà su cui si basa lo stesso funzionamento delle istituzioni comuni europee.
Questo favorirebbe e di fatto sta già favorendo atteggiamenti egoistici (come il rifiuto dei Paesi del Visegrad di accettare le quote di richiedenti asilo) e fratture interne che renderebbero praticamente impossibile per l’Unione europea di presentarsi come blocco unico sulla scena internazionale, dove i singoli Paesi membri, perfino la Germania, possono però poco contro le grandi potenze regionali come Stati Uniti, Cina ed India. Inoltre una tendenza nazionalista, rischia di far perdere legittimità al modello europeo che vede proprio nella cooperazione democratica tra Stati membri lo strumento per superare i conflitti interni.
Nel caso dell’America Latina molti dei giochi elettorali si concluderanno nel 2018. La paura è che un ritorno al populismo, in Paesi dove corruzione e criminalità sono già elevati possa avere delle ripercussioni molto forti sulle istituzioni democratiche. Inoltre, una nuova ondata di populismo in America Latina potrebbe creare ulteriori danni economici, spaventando gli investitori internazionali, che preferiscono istituzioni solide.
In entrambe le aree, purtroppo, il panorama politico non è dei migliori.