Libano: Hezbollah, una strategia per vincere le elezioni
Il 6 maggio, il Libano tornerà alle urne dopo oltre otto anni: Hezbollah sarà uno dei grandi protagonisti del voto. L’ultima volta, nel 2009, il gruppo sciita era risultato il grande sconfitto, dato che la sua coalizione elettorale era stata battuta dal raggruppamento di partiti legati a Saad Hariri.
Da allora il Paese ed Hezbollah stesso sono cambiati drasticamente. Il Libano si trovava in una situazione di stabilità e non ai margini di una delle più sanguinose guerre civili della storia, quella siriana. Il Partito di Dio era solo un importante protagonista nella politica libanese: aveva guadagnato un ruolo regionale dopo la vittoria contro Israele nel 2006, ma non aveva ancora la forza attuale acquisita con il suo ruolo chiave nel conflitto siriano.
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha attuato una strategia politica mirata al successo nelle prossime elezioni. Nasrallah ha agito con due obiettivi: ridurre i punti di debolezza propri, che avevano determinato la sconfitta nel 2009, e insistere sulle debolezze degli avversari.
Divide et impera
All’ultima tornata elettorale, il primo ministro Saad Hariri era riuscito a dipingere il partito di Nasrallah come una minaccia costante per la sicurezza libanese, cooptando intorno a sé la maggior parte dei gruppi minoritari. In quel frangente, Hezbollah non era riuscito a modificare questa narrativa e aveva subìto una sconfitta inaspettata dalla sua classe dirigente.
La situazione attuale sembra molto differente. Hezbollah è in ottimi rapporti con quasi tutte le forze settarie del Paese ed è riuscito a inserirsi nelle dinamiche interne della coalizione avversaria. Il gruppo ha un ottimo rapporto con i cristiani, in particolare dopo l’elezione a presidente di Michel Aoun. Lo stesso premier Hariri, nei giorni successivi allo scandalo delle sue dimissioni a Riad, ha chiesto aiuto a Nasrallah per mantenere quel ruolo di potere che altri gruppi minoritari della comunità sunnita volevano per sé.
Hezbollah ha come obiettivo principale quello di conquistare tutti i seggi riservati agli sciiti nelle roccaforti storiche del gruppo. Per fare questo il sistema di welfare del Partito di Dio si è messo in moto da molti mesi facendo aumentare gli stipendi degli affiliati e dei lavoratori del gruppo. Dall’altra parte Hezbollah sta costruendo un’alleanza molta larga per avere una presenza in tutti e 15 i distretti in cui la nuova legge elettorale ha diviso il Paese.
La nuova legge elettorale
Le nuove regole del voto sono proprio uno degli strumenti su cui Hezbollah fa affidamento per assicurarsi una maggioranza parlamentare stabile. Le preferenze e i 15 distretti sono la vera novità del proporzionale libanese, votato lo scorso anno. Nella mente di Nasrallah queste due novità sono le armi in più rispetto al 2009. I nuovi distretti, che sono più omogenei sia religiosamente che territorialmente, permetteranno al gruppo di sfruttare al massimo la propria influenza nelle roccaforti. La speranza del gruppo sciita è di far eleggere i propri candidati nei seggi riservati agli sciiti e, allo stesso tempo, di riuscire a portare in Parlamento anche alleati delle altre confessioni. Le preferenze, invece, saranno usate da Hezbollah come strumento per rafforzare l’affiliazione al partito di personaggi chiavi e come strumento per aiutare i propri alleati, in particolare quelli che sono dipendenti da una sola personalità.
Il Partito di Dio è riuscito a cooptare parte dei suoi storici avversari. Un esempio è il leader cristiano Sleinman Frangieh, che guida il Movimento Marada e ha spesso espresso supporto per Hezbollah in Siria. Questo personaggio, e altri simili a lui, sono considerati da Hezbollah alleati utili. Di fatti questi candidati non avrebbero speranza senza la campagna massiccia che Nasrallah ha fatto, o ha semplicemente pagato, per loro. Con questa strategia saranno eletti in parlamento e risulteranno utili perché saranno deputati soli e totalmente alternativi agli avversari del gruppo e di conseguenza fedeli ad Hezbollah. L’elezione di questi candidati sottrae seggi agli avversari di Hezbollah come Hariri tra i sunniti o Walid Jumblatt tra i drusi.
Le conseguenze di una vittoria per il gruppo
Alcuni commentatori hanno già definito una vittoria di Hezbollah come il preludio per la nuova guerra civile e l’avvicinamento definitivo del Libano all’influenza iraniana, dove sta già Hezbollah. Difficilmente Nasrallah perderà il suo solito pragmatismo forzando la mano sulla carica di primo ministro. È molto probabile che Hezbollah si trasformi nel ‘king maker’ del Libano rimettendo Hariri, il leader sunnita, al suo posto, aumentandone però ancora di più il livello di dipendenza dal gruppo sciita. Questo probabilmente si concretizzerà in decisioni politiche collegiali sulle questioni interne, come l’economia libanese, e decisioni dove il pensiero di Hezbollah prevarrà su argomenti di politica estera e di sicurezza.
Se Nasrallah riuscirà ad avere una maggioranza sostanziosa sicuramente cercherà di risolvere due questioni importanti. La prima è la legalizzazione delle milizie del gruppo sciita, che adesso sono illegali per gli accordi di Ta’if. La seconda è quella di tentare modifiche costituzionali e agli accordi del 1979, per garantire ad Hezbollah un stabile ruolo da protagonista nel Paese. Hezbollah vorrebbe giustificare le armi con la narrativa che le descrive come una difesa rispetto a un possibile attacco di Israele. La seconda questione è la modifica del principio proporzionale alla base degli accordi e della Costituzione. Questa sarebbe il vero obiettivo di Nasrallah. Il Paese non sarebbe più diviso in due parti uguali (cristiani e islamici), ma in tre parti con differenti pesi (cristiani, sunniti e sciiti), dove l’alleanza tra due di queste potrebbe mettere in minoranza la terza e questo farebbe di Hezbollah l’azionista di maggioranza del Libano.
Foto di copertina © Marwan Naamani/DPA via ZUMA Press