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La complessità di un Continente

Africa: ci vuole una prospettiva multi-dimensionale

26 Apr 2018 - Diego Bolchini - Diego Bolchini

Il mese scorso, il 21 marzo, 44 Paesi africani hanno siglato a Kigali in Ruanda un accordo di libero scambio, l’African Continental free trade area (Acfta), pur con rilevanti defezioni (su tutte quella della Nigeria, maggiore economia del Continente). Ma quale coesione effettiva c’è oggi tra i diversi Paesi dell’ Africa? E che rappresentazione ne abbiamo dall’esterno?

Nelle ‘mappe’ dell’artista torinese Alighiero Boetti, ideate negli Anni 70, l’Africa viene rappresentata attraverso le bandiere dei singoli Stati costituenti. I colori delle mappe sono simbolo della diversità non solo geopolitica, ma anche culturale, che attraversa il territorio e – di riflesso – chi si occupa di africanistica.

Il politologo statunitense Samuel Huntington negli Anni 90 divideva invece sic et simpliciter il Continente in due aree culturali ben distinte: dal Nord Africa al Sahel individuava una civiltà ‘islamica’, dal Sahel al Sud Africa una civiltà ‘africana’ vera e propria. Forse un modello sovra-semplificato della realtà locale, con sotteso teorema del clash of civiliziations.

Come abbracciare un Continente?
Oggi analisi e previsioni politiche, economiche e sociali segnalano che l’ Africa diventerà, nei i prossimi vent’anni, un polo geopolitico di primaria importanza, impattando in modo significativo equilibri e squilibri globali. Nel 1950 l’ Africa aveva meno di 300 milioni di abitanti. Oggi superano 1,2 miliardi e nel 2050 saranno, secondo alcune stime, più di 2 miliardi. Non a caso la Nato ha inaugurato nel 2017 un Hub per il Sud, ovvero il Nsd-S (Nato Strategic Direction South), comando deputato anche allo studio e analisi del complesso scenario africano.

L’Unione europea, dal canto suo, ha sviluppato nel tempo un rapporto strutturato con l’ Africa tenendo periodici Vertici Ue – Unione Africana a livello di capi di Stato e di governo (l’ultimo nel novembre 2017 in Costa d’Avorio). Ancora prima, sul piano commerciale, si ricordano le Convenzioni di Lomè, in vigore dal 1975 al 2000, e la successiva Convenzione di Cotonou, che è l’attuale accordo quadro di partenariato bilaterale tra l’Unione europea e il gruppo degli Stati africani (oltre ad alcuni dei Caraibi e del Pacifico) in scadenza nel 2020.

Per andare oltre la dimensione geostrategica-demografica e quella economica di aiuto allo sviluppo, commercio e investimenti, le lenti di osservazione e penetrazione del ‘contesto africano’ possono essere ancora diverse: sul versante culturale-linguistico, si pensi allo studio della lingua e letteratura hausa (riguardante Nigeria, Niger, Ciad e Paesi circostanti), swahili (Kenya, Uganda, Tanzania, Congo ex Zaire) o anche a quella amarica (Etiopia).

Stereotipi e riferimenti dalla recente storia africana
L’architetto tedesco Karl Friedrich Schinkel (1781-1841) aveva disegnato nella Berlino nel XIX° secolo una Grecia classica dove non era mai stato. Per un osservatore occidentale che non sia mai stato in Africa, la mediazione offerta dai riferimenti storici e iconici di taluni eventi e personaggi africani del recente passato rappresentano un medium ancora fortemente condizionante sul presente e l’attualità.

Si pensi alla figura eccentrica di Idi Amin Dada in Uganda, tratteggiata nel film l’Ultimo Re di Scozia del 2006 (dove Amin è impersonato dall’attore Forrest Whitaker, premio Oscar per la sua interpretazione). O a quella di Mobutu in Zaire, con i suoi copricapo leopardati e con l’incredibile distrazione di risorse economiche del Paese – inclusi utilizzi privati di velivoli Concorde –. Entrambi accomunati e caratterizzati da un estremo culto della personalità e da atti di violenza indiscriminata sulle rispettive popolazioni.

Ma l’ Africa è stata, nella rappresentazione occidentale più recente, tante altre cose: le spiagge bianche di Dakar, Senegal, quale tappa finale delle corse di rally automobilistiche (Parigi-Dakar) svoltesi dal 1979 fino al 2007 nel Continente africano prima di emigrare in Sud America causa minaccia terroristica. Queste spiagge hanno affascinato generazioni di sportivi, automobilisti e motociclisti europei sul finire del XX secolo.

Fortissimo impatto emotivo hanno anche avuto – in negativo – gli 800.000 morti della guerra etnica in Rwanda del 1994, con il reportage apparso sul quotidiano Le Monde nel marzo scorso afferente alle operazioni militari ivi condotte da Parigi (Opération Turquoise). In termini di suggestioni a valorialità positiva, si pensi di converso alla figura di Nelson Mandela (di cui a luglio di quest’anno si celebrerà il centenario della nascita), scelto come uno dei suoi riferimenti politici ed ideali dall’ex-presidente americano Barack Obama assieme a M.L. King e Mohammed Ali.

Le ibridazioni attuali: tra Cina, sport e politica
In un mosaico di rimandi mentali così ampio e complesso, le ibridazioni attuali non sono certo da meno. Si pensi alla recente dinamicità del Marocco di Mohammed VI tra esplorazione dello spazio (lancio del primo satellite da osservazione nel novembre 2017, con il supporto di Thales Alenia Space e Airbus) e nuovo rapporto bilaterale con la Cina (visita a Pechino nel 2016 ed effettuazione del primo Sino-African enterpreneurs Summit in Marrakesh).

O anche alla Liberia di George Weah, ex calciatore di successo in Francia e in Italia, tornato a operare nel suo Paese di origine e divenuto capo dello Stato. Weah è stato accolto dal presidente francese Macron in visita di Stato a Parigi nel febbraio 2018, dopo aver militato nel Paris Saint Germain negli Anni 90, calcando i campi di calcio di Francia, d’Italia e di tutta Europa.

Conclusioni
Lo scrittore kenyota Binyavanga Wainaina nel 2005 ironizzava in modo disincantato sui clichè esistenti in relazione al Continente nel suo articolo How To Write About Africa. In realtà, l’ Africa – visto come Continente e come somma dei singoli Stati costituenti – appare una storia ancora tutta in divenire, una tavolozza di colori dalle enormi potenzialità e dalle severe criticità al tempo stesso.

Per dirla con le parole di Derek Walcott, poeta caraibico dell’isola di Saint Lucia, ma di lontane origini africane, premio Nobel per la letteratura nel 1992:Un vento scompiglia la fulva pelliccia dell’ Africa”. L’auspicio è che sia un vento di modificazioni tendenzialmente positive nel lungo periodo, per il benessere degli africani e della stessa Europa che intrattiene e intratterrà sempre più relazioni con il Continente.

Un prossimo appuntamento di riflessione globale e multi-livello su queste relazioni e sul rapporto Europa-Africa avverrà presso l’Università Luiss nel giugno prossimo, nel contesto di una conferenza internazionale dal titolo emblematico: Africa-Europe relationship: a multi-stakeholder perspective. Un tassello sicuramente importante nel progetto inter-culturale di nuovi e rinnovati Dialogues of Civilizations.