Libano: al voto con l’incognita della sicurezza
Nei giorni scorsi, la Farnesina ha ospitato la riunione ministeriale ‘Lebanon, building trust: a viable security for the country and the region‘, sotto l’egida del Gruppo internazionale di Supporto per il Libano delle Nazioni Unite. Oltre al premier libanese Saad Hariri, erano presenti il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, per discutere della sicurezza in Libano e del sostegno alle forze armate libanesi.
L’incontro a Roma è stato il primo di una serie di tre conferenze internazionali tematiche, determinanti per il Libano. Hariri è infatti atteso a Parigi per un focus sulle infrastrutture e l’economia libanese e poi a Bruxelles per dialogare con le istituzioni europee sulla crisi umanitaria in Siria e sulla gestione dei flussi di profughi.
Nel suo discorso il segretario generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che il Libano rappresenta “un pilastro fondamentale per la stabilità nella Regione”, sottolineando l’importanza del ruolo della cooperazione internazionale. I vari conflitti nel Medio Oriente e la posizione geografica del Paese dei Cedri illustrano l’interesse strategico della comunità internazionale e in particolare dell’Italia.
L’incontro di Roma è stato l’occasione per definire una strategia globale per mantenere l’indipendenza e la sovranità del Paese, così come un piano per sostenere il rafforzamento dell’esercito e delle forze di sicurezza libanesi.
L’appuntamento elettorale del 6 maggio
Il tour europeo del premier libanese precede di qualche settimana l’appuntamento chiave del 6 maggio, quando sono programmate le prossime elezioni legislative, che rappresentano uno snodo importante per il futuro del Libano e potrebbero cambiare gli equilibri del Paese.
In questo contesto, va ricordata la complessità del sistema elettorale del Libano, che per tradizione rispetta una divisione in parti uguali tra i rappresentanti cristiani e quelli musulmani in Parlamento (dei 128 seggi in palio, 64 vanno a ciascuna confessione).
Per mancanza di un accordo sulla legge elettorale e sulla gestione della questione siriana, le elezioni non si svolgono dal 2009. Lo scorso giugno, l’impasse sulla riforma della legge elettorale è stata superata con una modifica che prevede una ripartizione dei seggi su base proporzionale per cercare di consolidare un equilibrio politico e aggiunge la possibilità di voto anche per i libanesi residenti all’estero, elemento chiave visto il gran numero di espatriati.
Un’instabilità influenzata da forze esogene regionali
Il Libano paga ancora oggi il prezzo di anni d’instabilità iniziati con la sanguinosa guerra civile (1978-1990), seguiti dall’occupazione siriana fino al 2005, dopo l’assassinio del premier Rafik Hariri, e più recentemente del conflitto israelo-libanese del 2006. Eventi andati di pari passo con la presenza continua dei soldati della missione delle Nazioni Unite – Unifil.
Un Paese che continua ad essere attraversato da tensioni con il gruppo militare di Hezbollah che mantiene una certa autonomia. Ne è un esempio su tutti, la gestione del conflitto siriano e della strategia anti-Daesh, in cui sia le Forze armate libanesi che le forze di Hezbollah hanno condotto operazioni di frontiera senza coordinarsi tra loro.
L’anno scorso, il governo Hariri, leader del movimento sunnita il Futuro, ha dovuto formare un governo di unione includendo Hezbollah sciiti, esacerbando le tensioni con l’Arabia Saudita e innestando la recente crisi politica. Il primo ministro libanese infatti lo scorso 4 novembre aveva rassegnato le proprie dimissioni dalla capitale saudita, Riad, probabilmente sotto pressione delle autorità locali. Questo atteggiamento aveva inasprito le tensioni e l’opinione pubblica libanese ha richiesto un ritorno immediato del premier, che pareva ai più essere sotto scacco da parte dei sauditi.
Aldilà di un semplice conflitto interno, le dimissioni temporanee di Hariri riflettono una guerra di potere tra i due blocchi di alleanze internazionali formate da un lato da Iran, Iraq, Damasco e la fazione di Hezbollah e dall’altro da Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
La cooperazione internazionale per una stabilità nel settore sicurezza
In un paese indebolito dal rallentamento economico, dall’incertezza del periodo pre-elettorale e dalla presenza di migliaia di profughi siriani, Hariri mira ad un sostegno internazionale rafforzato per affrontare il futuro.
Prima del tour europeo, il premier libanese si è recato in Arabia Saudita per la prima volta dopo la crisi di dicembre per rilanciare le relazioni bilaterali. Nell’ottica dei rapporti bilaterali Beirut-Riad, va ricordata la scelta di richiamare l’ambasciatore saudita in Libano un mese dopo la crisi diplomatica creata dalle dimissioni di Hariri.
Sul piano internazionale, l’impegno dell’Unione europea nei confronti del Libano è chiaro. L’Ue ritiene il ruolo del Libano un fattore chiave per la stabilizzazione del Mediterraneo orientale ed è ferma la convinzione che i problemi di sicurezza, migrazione e terrorismo si potranno risolvere solo con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti.
Nell’ambito delle iniziative promosse nel Paese dall’Unione europea, si sottolinea il progetto di assistenza tecnica alle forze di sicurezza libanese, che impegnerà l’Arma dei Carabinieri italiana e lo Stato Maggiore dell’Esercito a svolgere una serie di training presso la base di Aramoun. Il consorzio è formato pure dalla società di consulenza belga B&S Europe e dallo IAI, che sarà impegnato a condurre un’analisi dettagliata del settore sicurezza, della struttura istituzionale e legale del Paese per accompagnare i trainers nelle loro missioni.
L’Italia si ripropone come partner di primaria importanza per il Libano nel settore sicurezza, in particolare per il suo impegno nell’addestramento delle forze di polizia del Paese, con 24 corsi organizzati nello scorso anno e 54 in programma previsti per il 2018. Inoltre, l’Italia è il primo contributore, tra i Paesi europei, in termini di uomini della missione delle Nazioni Unite Unifil.
Il Libano, tra i suoi vecchi demoni della storia, la sua delicata posizione geopolitica prossima al conflitto in Siria e le sue fratture interne, ha bisogno che il sostegno internazionale sostenga il mantenimento della sicurezza nel Paese, soprattutto per lo svolgimento pacifico delle prossime elezioni e che le stesse portino un governo di unità e rappresentanza condivisa.