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Due anni fa l'accordo con le Farc

Colombia: Jazmin e gli altri bambini soldato

22 Mar 2018 - Emmanuela Banfo - Emmanuela Banfo

Jazmin ha vent’anni e sogna di lavorare come infermiera ausiliaria. “Perché ho visto mio padre morire – dice -, povero e senza cure. Vorrei tornare nel mio piccolo paese per aiutare le persone che si trovano nelle sue stesse condizioni”. Vestita con camicetta e blue jeans, lunghi capelli nerissimi e occhioni spalancati sul mondo, a vederla sembra una giovane come tante altre. E invece ha un passato pesante da raccontare. Jazmin è una delle migliaia di bambini-soldato trascinati nella guerriglia delle Farc, le Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia, terminata nel 2016 con un accordo di pace.

Ha un viso radioso, che si rabbuia soltanto al pensiero di quel periodo “sulle montagne, a camminare notte e giorno, sotto la pioggia lontana dalla mia famiglia”. “Ora la situazione è più tranquilla – racconta – ma c’è un altro gruppo armato che continua ad arruolare ragazzini”. Si riferisce all’Eln, l’Ejercito de liberación nacional, formazione ribelle minore che si oppone all’intesa raggiunta dalle Farc grazie al presidente uscente Juan Manuel Santos. La incontriamo a Torino, alle Missioni don Bosco. E’ la sua prima uscita fuori dalla Colombia, ad accezione di un soggiorno in Venezuela quando era molto piccola.

Un orrore nell’orrore delle guerre quella dei bambini-soldato, a cui Jazmin si rivolge in ogni parte del mondo in conflitto si trovino: “Non fatelo, non correte dietro a facili illusioni. Sono bugiardi e vi rubano i sogni. I sogni della vita non sono le armi, i soldi, le cose belle sono altre: lo studio, la famiglia, le amicizie”.

Arruolata a 14 anni, i suoi sogni in cambio di soldi
I soldi, infatti, sono stati l’esca con cui i guerriglieri l’hanno avvicinata quando aveva 14 anni. Il papà, cui era molto legata, era deceduto, e la sua famiglia era piombata, oltre che nel dolore, nella povertà. Abitavano a Las Mercedes, a nord del dipartimento di Santander. Lei, settima di dieci figli, venne adescata dai guerriglieri dell’accampamento allestito proprio vicino al paese.

“Mi hanno lasciato una settimana di tempo per decidere – ricorda Jazmin –: mia madre aveva origliato qualcosa e mi implorò di non andare con loro. Ma in casa c’era tanto bisogno. In ogni caso, quando sono ritornati ho risposto di no. Ma a quel punto loro hanno minacciato di fare del male ai miei familiari e un giorno, approfittando dell’assenza di mia madre che era andata alla scuola di uno dei miei fratelli, sono venuti a prendermi”. Altre due cugine, una di 13 e l’altra di 14 anni, sono andate con lei, e da quel momento sono state le uniche parenti con le quali poter avere una relazione.

Era il 2012, sua madre l’avrebbe rivista soltanto cinque anni dopo, nel dicembre del 2017. Del tempo trascorso in guerriglia (è stata liberata il 27 febbraio del 2015), Jazmin ricorda soprattutto la paura. Abbassa lo sguardo e diventa immediatamente triste quando il flashback si ferma ai combattimenti e all’uso delle armi, “per forza – sembra giustificarsi – dovevamo difenderci”.

Ritorno alla vita dopo la guerriglia. Migliaia i minori salvati
Poi un’imboscata salvifica, quella dell’ Esercito. “Wow” è la prima cosa a cui ha pensato Jazmin, mentre la seconda è stata: “Dove mi portano adesso?”. L’approdo è la Ciudad Don Bosco di Medellin, opera Salesiana impegnata nel recupero psicologico e nel reinserimento sociale dei minorenni colombiani reclutati da gruppi armati. Il suo direttore don Rafael Bejarano è testimone di un processo di “ritorno alla vita” che non ha riguardato soltanto Jazmin, ma in 15 anni 1.500 giovanissimi fra i 14 e i 15 anni.

In 52 anni la guerra civile ha contato oltre 260mila morti, 45mila desaparecidos e 6,9milioni di sfollati. Si calcola che le Farc abbiano reclutato tra gli 8 e i 13mila minorenni. Il programma salesiano si chiama “Costruire sogni” e si basa sulla pedagogia della fiducia, della speranza e dell’alleanza. In mezzo s’impara a perdonare, innanzitutto se stessi. Per questa attività ha ricevuto il Premio per i Diritti umani dell’Avvocatura spagnola. Dal 2010 è stata avviata la sezione femminile della Capre (Casa di protezione specializzata) della quale hanno beneficiato 141 ragazze. Sono 710 i giovani usciti dopo aver conseguito un titolo di studio e ottenuto un contratto di lavoro, e 67 sono stati i ricongiungimenti familiari. In questo momento si sta occupando di 51 giovani.

Dopo le Farc, nuovi gruppi armati: in Colombia si combatte ancora
Jazmin vive con altre cinque compagne nella casa-comunità, in una condizione di semi-autonomia che stimola le relazioni, l’indipendenza nella responsabilità. Vanno a fare la spesa, cucinano, si organizzano le giornate. Studiano. Da quando si è lasciata alle spalle la guerriglia, Jazmin ha ripreso il percorso interrotto conseguendo la certificazione di Professionista in Arti grafiche e da sei mesi frequenta il corso di assistente sanitaria. Della famiglia ha visto una volta la mamma, più volte le sorelle. A chi le chiede il perché di questo, risponde con amarezza e per un momento ritorna alla realtà di un Paese, la Colombia, ancora lontana dall’avere rimarginato le sue ferite e risolto i suoi problemi.

Dove vive la madre le Farc erano molto presenti e ora lo sono altri gruppi armati. Le sorelle, invece, risiedono lontano. Il timore è sempre quello delle ritorsioni. I contatti possono essere pericolosi. “Il dialogo con l’Eln – afferma don Rafael – è difficile, ma abbiamo fiducia che possa iniziare. Purtroppo c’è ancora guerriglia, vengono arruolati bambini, ragazzini. Ma tutti vogliono la pace. Il No dei colombiani all’accordo del governo con le Farc – votato al referendum del 2 ottobre 2016 – non è stato un No alla pace, ma alle modalità dell’accordo. Molti ritengono non sia giusto che i guerriglieri non paghino per quello che hanno fatto”.