Big Data: Cambridge Analytica, una svolta internazionale
La rivelazione da parte del NY Times di un utilizzo illegale di dati provenienti da Facebook da parte dell’impresa britannica Cambridge Analytica sta suscitando una serie di reazioni negative, innescando un tonfo in borsa di Facebook. La sanzione da parte dei mercati dà la misura del colpo alla reputazione dell’azienda. Da tempo cresce la consapevolezza dei problemi legati alla raccolta e all’uso dei dati da parte delle principali reti sociali. Però il fascio di luce creato dallo scandalo Cambridge Analytica potrebbe costituire una svolta nel modo di affrontare le questioni di democrazia digitale e protezione dei diritti.
Tecnologie, dati, marketing e vita quotidiana
La crescita esponenziale dell’uso delle tecnologie dell’informazione ha cambiato la vita quotidiana, dando accesso a una serie di servizi di comunicazione e di mercato considerati oggi come fondamentali. L’accelerazione di un modello di vita centrato sullo smartphone sta ponendo, però, una serie di questioni fondamentali legate all’uso dei dati individuali. L’utilizzo costante delle applicazioni sullo smartphone produce una quantità enorme di dati personali, dagli spostamenti alle abitudini di consumo passando per le relazioni sociali.
Di fronte alla disponibilità di questi dati, le aziende tecnologiche hanno applicato le ricette del marketing, sviluppando una serie di profilazioni che inseguono la volontà di migliorare le vendite. La profilazione con l’uso di algoritmi ha quindi fatto passi da gigante nell’ultimo decennio. Oggi se si usano i motori di ricerca classici, il flusso viene registrato e i risultati cambiano a seconda della profilazione dell’utente, il che crea un notevole problema di accesso all’informazione.
Stiamo assistendo a una strana tendenza, dove la disponibilità di una tecnologia universale indirizza verso preferenze e informazioni ripetitive, trattando l’individuo come un archetipo, il che richiude la persona in un universo molto stretto. Dietro questa operazione, bisogna valutare le conseguenze delle logiche algoritmiche dell’informazione. Anche quando non c’è un’intenzione dolosa, il risultato si sta rivelando estremamente problematico per le sensibilità esasperate individuali e collettive.
Algoritmi per profilare: un nuovo capitolo
Il caso Cambridge Analytica apre un altro capitolo sull’uso degli algoritmi per profilare: le tecnologie sarebbero state utilizzate per influenzare l’andamento di elezioni, negli Usa e nel Regno Unito, con dati ottenuti da Facebook dietro un pretesto di ricerca fasullo. Al di là della determinazione delle responsabilità fra Facebook e Cambridge Analytica, l’esplosione di questo scandalo segna uno spartiacque: costituisce non soltanto un’infrazione che i tribunali devono meglio caratterizzare, ma esprime anche un problema politico, quello della manipolazione delle informazioni a fini elettorali, il che si scontra con i principi delle democrazie liberali.
Con una certa faciloneria si possono denunciare i comportamenti di colossi delle tecnologie dell’informazione, i cosiddetti Gafam (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft). Ma prima di tutto bisogna tenere d’occhio i loro omologi cinesi Batx (Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi) che sembrano assecondare il potere di Pechino nello stabilire un controllo digitale sulla popolazione.
Va anche rilevato che spesso le aziende californiane sono nate con una filosofia piuttosto libera, per non dire aperta, e che in qualche modo si trovano oggi a dovere fare fronte a deviazioni dai modelli che non erano state programmate. Da questo punto di vista è interessante osservare come ad esempio ultimamente Microsoft si stia ponendo a difesa della legalità e della sovranità dei dati nell’ambito del ‘Warrant Case’, l’azione di giustizia che la vede contrapporsi al governo statunitense.
Riflessi e le attenzioni Ue
L’Unione europea ha seguito quest’evoluzione con grande attenzione. Il simbolo di questo impegno politico sta certamente nell’adozione del regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) votato dal Parlamento europeo nell’aprile 2016 e che entrerà in funzione a maggio. Questo regolamento pone alcuni principi importanti per rinforzare il consenso esplicito dei cittadini per quanto riguarda l’uso dei loro dati, un “diritto al cancellamento”, o “diritto all’oblio”, nonché la possibilità di portabilità dei dati da un’azienda a un’altra.
L’intento è quindi di aumentare la protezione dei dati dei cittadini, con un regime di sanzione contro le aziende. Legato a questo testo, ma anche alla sua applicazione, va pure rilevato l’impegno del Commissario europeo per la Giustizia Vera Jourová, molto attiva sulle tematiche ‘diritto e digitale’. Certamente, il rafforzamento delle normative europee permette di tutelarsi ulteriormente contro i casi del tipo Cambridge Analytica.
Uno spartiacque per l’ordine liberale mondiale
Molte analisi recenti parlano della fine dell’ordine liberale nel mondo, descrivendo vari processi di chiusure e ripiegamento, dall’ambito commerciale a quello politico. Ma il caso Cambridge Analytica potrebbe rappresentare uno spartiacque. Nel mondo occidentale, fra Stati Uniti e Unione europea, dopo avere constatato le minacce derivanti dall’uso doloso delle tecnologie algoritmiche sull’ordine sociale, sta partendo una contro-reazione. Negli Usa essa poggia sulla dialettica fra mercato e valori aziendali: i mercati stanno punendo in modo severo Facebook per essersi prestata a questo furto di dati; e si sta innescando un meccanismo di giudizio valoriale. Da questo punto di vista non va scordato il recente fallimento della Weinstein Company dopo la campagna #MeToo.
Si tratta quindi di un meccanismo ‘reputazionale’ che può dimostrarsi estremamente severo. D’altro canto, le aziende tecnologiche americane stanno crescendo e prendono coscienza, in modo progressivo o busco, che i loro valori iniziali di libertà si devono adeguare alle loro responsabilità, perlomeno là dove il termine di riferimento sono i regimi di democrazia liberale. Da questo punto di vista la posizione di Microsoft può apparire come sintomatica.
In Europa la contro-reazione passa tramite un rafforzamento delle normative, già in corso: un ambito nel quale le istituzioni europee appaiono come un motore per l’insieme degli Stati membri. Ed è quindi paradossale costatare che la protezione dei diritti dei cittadini, che viene racchiusa nei sistemi politici e legali di ogni Stato europeo, si adegua ed evolve sotto spinta squisitamente europea. Le dinamiche dell’Unione europea e degli Stati Uniti possono sembrare divergenti. Ma hanno anche un obiettivo comune: il mantenimento dell’ordine democratico liberale che poggia sul riconoscimento e la difesa di diritti individuali, una convergenza piuttosto interessante nel difficile contesto odierno.