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Costituzione incompiuta

Libertà religiosa: lo stimolo di Francesco per una legge in Italia

18 Feb 2018 - Emmanuela Banfo - Emmanuela Banfo

Papa Francesco potrebbe aiutare l’Italia ad avere una legge sulla libertà religiosa e di coscienza, sempre in gestazione e mai partorita. A ipotizzare che questo che stiamo vivendo possa essere il momento più favorevole, proprio per la presenza sul soglio pontificio di un reggente aperto e dinamico, attento ai processi storici e culturali che investono anche i mondi religiosi, sono il giurista Gustavo Zagrebelsky e Valdo Spini, firmatario di un disegno di legge fermo nei cassetti.

Un principio giuridico, culturale e sociale più ampio
A Torino, riuniti dal Centro culturale protestante e dalla Comunità ebraica per parlare dei 170 anni dello Statuto Albertino e degli 80 anni che ci separano dalla promulgazione delle leggi razziali, entrambi si sono detti fiduciosi e convinti che se a protestanti ed ebrei si unissero anche i cattolici in questa battaglia l’Italia potrebbe avere il tassello legislativo mancante per ottemperare a pieno all’articolo 3 della Costituzione, assertore dell’uguaglianza di tutti i cittadini a prescindere da ogni distinzione, non ultima quella religiosa.

La revisione del Concordato del 1929 a opera del governo Craxi, presidente Pertini, e l’avvio delle Intese non sono sufficienti a mettere nero su bianco l’affermazione di un principio che vuol essere insieme giuridico, culturale e sociale: la libertà di coscienza e la perfetta parità tra le persone. Un principio – osserva Zagrebelsky – che non è menzionato dalla Carta costituzionale, come se facesse più paura della libertà religiosa. Eppure la prima è a fondamento della seconda tanto è universale e inclusiva di credenti e non credenti, di fedi diverse che convivono pacificamente.

Un percorso che lascia ancora fuori i musulmani
Data 21 febbraio 1984 la prima Intesa, firmata con la Tavola Valdese, che dava seguito al III comma dell’articolo 8 della Costituzione. Ad oggi – ha ricordato Spini – se ne contano 12, ma per coloro, come gli islamici, che ne sono privi resta in vigore la legge fascista del ’29-’30, se pur riveduta e corretta da successivi interventi del legislatore.

Sulla base di un diritto anacronistico e tutt’altro che democratico, si legittimano la chiusura o la mancata autorizzazione di luoghi di culto e si ratifica di fatto una situazione di disparità. “Una caratteristica della democrazia – rileva Zagrebelsky – è che essa è il regime comune del demos, non ci possono essere parti separate. I regimi basati sugli accordi, siano essi concordati o intese, hanno come conseguenza una contraddizione in cui la democrazia diventa sommatoria di parti. E’ un sistema che divide la società, inserisce un elemento disgregatore della democrazia, produce frammentazione. La democrazia è il regime nel quale il singolo non può pensare di salvarsi da solo”.

Una legge generale sulla libertà religiosa – secondo Zagrebelsky –, che superi il sistema degli accordi, andrebbe in questa direzione, sarebbe una legge che troverebbe il suo fondamento su un’idea di democrazia come Stato dove le sorti dei cittadini sono interdipendenti, dove non può avere spazio, per singoli individui o aggregazioni, il “mi salvo da solo”.

Immigrazione e religiosità: narrazioni spesso fuorvianti
Il tema della parità dei diritti per tutte le confessioni  sfocia inevitabilmente  in considerazioni più ampie inerenti lo Stato, il tessuto sociale in trasformazione. A fronte di un’immigrazione imponente, occorre sfatare alcuni miti e dar vita a una narrazione che mostri l’esistenza di una pluralità ben più articolata di quella che emerge in superficie. La rappresentazione mediatica non sa o finge di non sapere che la maggioranza di immigrati, oltre il 58%, sono cristiani, tra cui cattolici, ortodossi e protestanti, e che le conversioni più significative si registrano come trasmigrazione dall’ambito cristiano a quello non dell’Islam, ma del buddhismo, dell’induismo, di forme nuove di spiritualità.

Il quinto rapporto della Carta di Roma smentisce ogni “invasione islamica”, a fronte del dato che vede tra gli stranieri residenti in Italia quasi 2 milioni e 700 mila cristiani e poco più di un milione e 640 mila musulmani. E se sono ancora in molti a ritenere che l’Islam sia incompatibile con la democrazia, rileggere la storia delle persecuzioni di valdesi ed ebrei prima dell’ emanazione da parte di Carlo Alberto delle Lettere Patenti dimostra quanti siano stati  i pregiudizi, i veti, i giochi di potere che nel corso dei secoli colpirono questa o quella identità religiosa.

Bambini desaparecidos strappati alle famiglie valdesi per farne dei bravi cristiani, ebrei ghettizzati come la peggior feccia umana, fino alle leggi razziali del 1938 e alla Shoa. Gli anatemi sono sempre stati strumenti di facile propaganda.  I contesti storici, e in essi le religioni, cambiano. Papa Bergoglio due anni fa, nel Tempio Valdese di Torino, chiese scusa per le persecuzioni perpetrate, ma già il Concilio Vaticano II innescò un processo irreversibile, di dialogo, confronto, rilettura anche dei testi Biblici.

Valdo Spini ricorda come nel 2002 la proposta di legge sulla libertà religiosa fosse arrivata a coinvolgere le diverse componenti politiche fino al momento in cui circolò una fake news: che, riguardando ovviamente anche i musulmani, aveva tra i suoi articoli l’autorizzazione alla poligamia. Niente di più falso, ma tanto bastò perché si sollevasse un polverone tale da riporre per l’ennesima volta la legge nel dimenticatoio.