Campagna elettorale: una certa idea dell’interesse nazionale
Qualsiasi governo uscirà dalle elezioni politiche del 4 marzo dovrà porsi il problema di come recuperare un’idea accettabile dell’ interesse nazionale dell’Italia, su cui basare la propria azione internazionale. Ciò è altamente necessario sia per ridare slancio alla politica estera italiana, sia per fornire agli alleati europei ed atlantici un saldo riferimento geopolitico nel centro di un Mediterraneo in cui proliferano disordine, caos e minacce di natura simmetrica ed asimmetrica.
Italia, ambizione troppo timida
Mai come in questa fase storica, difatti, è evidente che la politica estera non è solo un tecno-strumento per conseguire alcuni obiettivi materiali lontano dai confini nazionali, ma è in primo luogo uno dei migliori indicatori dello stato di salute di una nazione, la cui forza o debolezza è ravvisabile nella qualità della sua politica estere e nella capacità di utilizzarla a suo beneficio. Nel caso dell’Italia di oggi, la politica estera va addirittura vista come uno strumento di nation building, con vantaggi anche sul piano interno e della coesione sociale.
Eppure l’ Italia ancora stenta ad impostare la propria azione internazionale sul concetto di interesse nazionale per lo più ritenuto, se non un pericoloso retaggio del passato, un pesante fardello da cui liberarsi al più presto.
Certamente una politica estera dell’ interesse nazionale richiede una classe politica e dirigente più preparata di quella attuale. Ma questo sarebbe un problema transitorio grazie al cambio generazionale. La questione fondamentale resta invece quella di non perpetuare l’errore culturale fatto in passato di formare le nuove generazioni su un livello di ambizione nazionale talmente basso da impedire ogni ragionamento su di essa.
Un motivo importante per non ripetere questo errore è quello di comprendere che oggi non vi sono più i vincoli geopolitici di una volta e non vi sono ancora problemi economici così gravi da impedire all’Italia di costruire una propria azione internazionale attorno ad una visione dell’ interesse nazionale.
Il momento storico appare dunque favorevole a riscoprire una certa idea dell’ interesse nazionale superando quei motivi – alcuni storicamente comprensibili, altri meno – che hanno a lungo impedito ed ancora ostacolano un corretto dibattito nel Paese sulla necessità di riportare l’ interesse nazionale al centro della politica.
È evidente come l’assenza dell’ interesse nazionale conduce ad una predominanza degli approcci localisti e globalisti che, sostenendosi tra loro, si stanno rivelando estremamente dannosi non solo per la formulazione di una coerente ed efficace politica estera, ma addirittura per la tenuta ed il benessere del Paese stesso.
L’ interesse nazionale come diritto-dovere
Il dibattito sull’ interesse nazionale deve partire da una considerazione: una politica estera basata sull’ interesse nazionale – prima che un utile strumento per un’efficace azione internazionale bilaterale e multilaterale – è un diritto di ogni Popolo ed un dovere per un Paese della taglia e della posizione geopolitica dell’Italia.
La politica estera, difatti, è la più alta espressione di un’identità collettiva di un Popolo, ancora prima di essere uno strumento per conseguire benefici materiali per il proprio Paese e concorrere al raggiungimento di beni comuni come la crescita economica, lo sviluppo umano, la sicurezza internazionale, l’avanzamento dello stato di diritto. Se non si parte da questo punto di vista non si potrà mai comprendere ciò che distingue la politica estera di una nazione sovrana dall’azione esterna di un’organizzazione internazionale o di un’organizzazione non governativa.
Per questo motivo l’ interesse nazionale non potrà mai essere surrogato da altri livelli sovranazionali, che rappresentano degli utili strumenti, ma mai possono divenire suoi sostituti. Possono ovviamente competere con esso e sottrargli mezzi, risorse e soprattutto legittimità, ma non sostituirlo. Parliamo di cose diverse che servono a obiettivi differenti. L’insostituibilità dell’ interesse nazionale e la sua unicità lo rendono un sistema operativo che non può essere surrogato. O un Paese lo ha e lo sa utilizzare oppure automaticamente sarà declassato nella fascia dei Paesi minori, qualunque siano i suoi fondamentali e qualunque siano le professioni di fede internazionalista della sua classe dirigente.
Interessi nazionali e multilateralismo
In secondo luogo, bisogna smentire l’assunto che una politica estera costruita attorno all’ interesse nazionale comporti un ribaltamento delle alleanze storiche dell’Italia. Al contrario i nostri alleati non possono che trarre beneficio da un Paese in grado di costruire i propri interessi nazionali in maniera efficace e trasparente, perché solo un Paese in grado di farlo può dare un contributo effettivo alla politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, così come all’Alleanza Atlantica. E un Paese con una chiara e condivisa visione dei propri interessi è in assoluto un Paese più affidabile di uno che li nega o finge di non vederli.
In ambito internazionale, sono le gerarchie di potenza interne alle alleanze e alle coalizioni di Stati a determinare il successo dell’azione multilaterale e la loro funzionalità ai propri interessi nazionali.
Pertanto il principio ispiratore di una politica estera e di sicurezza italiana non potrà che essere quello del realismo politico, fondato sull’interesse nazionale e sui valori della tradizione occidentale, che includono anche i principi dello Stato di diritto ed i diritti dell’uomo.
La tutela dell’ interesse nazionale, dovrà quindi essere perseguita senza “falsi pudori” né eccessi retorici di segno opposto. Solo un tale equilibrio consentirà all’Italia di recuperare influenza ed autorevolezza perdute in ogni foro ed organizzazione internazionale, a partire da quelli europei (Ue, Nato, Osce) sino al livello mondiale (G7, Onu e agenzie specializzate).