Yemen: estremismo religioso, condanna a morte membro Bahà’ì
A quasi tre anni dall’inizio della guerra civile, lo Yemen, già tra i Paesi più poveri al mondo, sta attraversando una crisi umanitaria senza precedenti. Circa 17 milioni di persone sono considerate a rischio malnutrizione. E 3,3 milioni di bambini e donne incinte o in fase di allattamento al seno sono significativamente malnutriti. Un aumento del 57% rispetto al 2015. Due milioni sono inoltre i rifugiati internamente sfollati ed altri 14,4 milioni di persone non hanno accesso ad acqua e ad altre risorse potabili.
Ma oltre alla già preoccupante catastrofe umanitaria, gli scontri tra i ribelli Houthi e la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, fedele all’ex presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, non hanno fatto altro che accentuare le divisioni settarie che hanno polarizzato il Paese. La mancanza di uno stato di diritto, già precario prima dell’inizio della guerra civile, ha creato le condizioni favorevoli per crescenti atti di estremismo religioso.
La discriminazione contro i Bahà’ì
Lo scorso 2 gennaio le milizie Houthi hanno condannato a morte Hamid bin Haydara, un membro della comunità Bahà’ì yemenita. La fede Bahà’ì, religione monoteista nata in Iran a metà del 1800, che promuove principi come l’unità della razza umana e l’uguaglianza tra uomo e donna, fin dal suo sorgere è stata sottoposta a pesanti persecuzioni in Iran così come nel resto del mondo arabo. La sentenza ha provocato preoccupanti reazioni da parte di molte organizzazioni umanitarie che hanno chiesto l’immediata scarcerazione del condannato. “Le autorità Houthi devono immediatamente e incondizionatamente rilasciare Hamid Haydara, un prigionieri di coscienza che è trattenuto in carcere sulla base del suo credo e delle sue attività pacifiche come membro della comunità Bahà’ì”, ha affermato Philip Luther, direttore di Amnesty International per il Medio Oriente.
Storie di ostilità e persecuzioni
In Yemen, i membri della fede Bahà’ì subiscono da sempre violente discriminazioni. Tuttavia, da quando gli Houthi hanno preso il controllo della capitale la situazione è significativamente peggiorata. Le persecuzioni si sono intensificate: attività e negozi sono stati chiusi e case perquisite. Altri cinque Bahà’ì sarebbero stati incarcerati dagli Houthi. Nel 2016 alcuni uomini armati avrebbero fatto irruzione in un laboratorio della comunità Bahà’ì e arrestato 65 persone.
L’accusa più comune rivolta ai Bahà’ì yemeniti, così come a quelli iraniani, è legata ad attività di spionaggio a favore di Israele. Attività, che secondo gli Houthi sarebbero giustificate dalla presenza in territorio israeliano, ad Haifa, dei luoghi santi Bahà’ì, meta di pellegrinaggio per la comunità Bahà’ì mondiale.
Già all’inizio dell’anno le Nazioni Unite hanno dichiarato come i Bahà’ì yemeniti siano “sotto pressione per abiurare la loro fede” e che le autorità Houthi abbiano provato a forzarne i membri a convertirsi all’Islam. L’intensificarsi delle persecuzioni alla comunità Bahà’ì sembrano poter essere ricondotti alla partnership politica tra gli Houthi e Teheran, dove i Bahà’ì, la più numerosa minoranza religiosa dell’Iran, sono sottoposti a discriminazioni e violazioni dei diritti umani da anni.