IAI
Processo di adesione

Ue-Turchia: la chiave è l’integrazione differenziata

5 Gen 2018 - Nathalie Tocci - Nathalie Tocci

Quando negli ambienti dell’Unione europea si parla di Turchia, e viceversa quando ad Ankara si parla di Ue, i toni sono oggi aspri da entrambe le parti e vengono alimentati da reciproche recriminazioni, contrapposizioni e divergenze. Lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, incontrando l’omologo turco Recep Tayyp Erdoğan all’Eliseo a inizio 2018, ha raggelato le prospettive di adesione, dopo che il leader di Ankara si era detto “stanco di aspettare” sulla soglia dell’Ue.

Le interazioni politiche ad alto livello sono circoscritte, mentre in Europa l’opposizione dell’opinione pubblica a una futura adesione della Turchia ha toccato un incredibile 77%.

Gli stessi turchi, che a metà degli anni Duemila si schieravano a sostegno di un ingresso nell’Unione per il 74%, avversano oggi – pur se in lieve maggioranza – un allargamento dell’Ue ad Ankara. Ciò premesso, pure una ferma sostenitrice del futuro europeo della Turchia come chi scrive ha inevitabilmente dei ripensamenti.

Tutti i nodi della relazione
È in effetti difficile pensare che le attuali dinamiche fra le due parti possano sfociare in un’adesione alla casa comune europea come l’abbiamo conosciuta finora. A rigore, la Turchia non sembra più soddisfare i criteri di Copenaghen – al cui rispetto l’accesso di un nuovo Stato membro è condizionato -; in particolare il criterio politico che richiede la presenza di istituzioni stabili a garanzia della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e del rispetto delle minoranze.

Da parte sua, la Turchia guarda comprensibilmente con diffidenza un’Ue che viene percepita come in deficit di credibilità, avvezza a doppi standard e accusata di aver spostato sempre più in avanti, sin dall’allargamento del 2004, i traguardi fissati per l’adesione di Ankara.

Come se non bastasse, il processo di pace cipriota – che ha come obiettivo la costituzione di una federazione fra le due comunità presenti sull’isola, quella greco-cipriota e quella turco-cipriota – è finito in un vicolo cieco. Dopo il fallimento anche dell’ultimo round di negoziati, nonostante l’eccezionale allineamento degli astri che lo aveva preceduto, sarebbe ora che le parti coinvolte, in particolar modo la Repubblica di Cipro, ammettessero chiaramente di non essere interessate a questo tipo di accordo.

Dulcis in fundo, ad arricchire il già composito quadro c’è il progressivo deterioramento delle relazioni bilaterali fra Germania e Turchia, condito da indecenti accuse rivolte da Ankara ai suoi partner europei su cui è meglio tacere.

Alla luce di ciò, pure il più ardente fautore dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea fatica a tenere viva la fede.

Oscillazione perenne
Tuttavia, come dimostrato dal progetto ‘Feuture’ (un network di 14 università e think tank coordinato dallo IAI), da una complessiva valutazione delle relazioni fra Ue e Turchia emerge una fotografia ben più complessa della realtà.

È vero: sul piano politico i rapporti fra Bruxelles e Ankara hanno toccato il minimo storico. Le aspirazioni europee della Turchia non sono mai state così vane e l’atteggiamento dell’Ue così ostile. Ma se altre dimensioni delle relazioni Ue-Turchia sono tenute in considerazione, il quadro cambia significativamente. Nonostante le dispute politiche, si è ad esempio prodotta una continua e stabile convergenza in materia commerciale e finanziaria.

Sotto la superficie politica, indicatori strutturali economici e di sviluppo umano dimostrano un inesorabile avvicinamento fra Ue e Turchia, avvalorata anche dall’accresciuta cooperazione in settori come immigrazione, energia, politica estera e anti-terrorismo. Su molte di queste tematiche, Ue e Turchia non sono sempre concordi: la loro cooperazione in questi ambiti non si fonda su una convergenza ideale, ma piuttosto sulla consapevolezza delle reciproche esigenze.

Queste considerazioni suggeriscono che le relazioni fra Ue e Turchia sono in realtà così intense e cruciali che è impensabile possano finire su un binario morto. Tocca tuttavia chiedersi come dare un senso a questa apparente contraddizione.

Adottare una prospettiva ‘unidimensionale’ lascia credere che le relazioni fra Ue e Turchia non abbiano altra scelta che addivenire a una situazione di conflitto perenne. Ma se passiamo a una prospettiva ‘multidimensionale’, ecco che appare chiaro come non solo da anni ma anzi da secoli i rapporti Europa-Turchia sono stati caratterizzati da un equilibrio in continua evoluzione fra conflitto e convergenza. Proprio l’oscillazione e la coesistenza fra questi due termini cattura l’essenza dell’(in)stabile posto della Turchia in Europa.

Un’intesa a fisarmonica
Una relazione istituzionalizzata fra Ue e Turchia in grado di catturare ‘a fisarmonica’ la perenne oscillazione fra dinamiche conflittuali e convergenti dovrebbe presentare due caratteristiche principali. Da un lato, la cornice istituzionale per le future relazioni Ue-Turchia dovrebbe essere sufficientemente intensa da incorporare e approfondire anche quei trend convergenti, soprattutto nella sfera economica, e dovrebbe fornire una cornice per costruire un ponte verso i democratici e riformisti turchi, oggi minoranza perseguitata.

Dall’altro lato, la futura relazione Bruxelles-Ankara dovrebbe essere sufficientemente flessibile da consentire un’agevole cooperazione in ambiti di interesse sia per l’Ue sia per la Turchia, anche laddove tali interessi non dovessero essere perfettamente convergenti o coincidenti, come per l’appunto immigrazione, energia e sicurezza. Una tale flessibilità dovrebbe essere in grado di contenere le varie oscillazioni e anche i picchi di conflitto, destinati a persistere nel canale politico.

Tenere in vita il processo di adesione
Che tipo di relazione produrremmo in tal modo? Una piena adesione all’Ue come la conosciamo oggi, dopo sette allargamenti, non è un’ipotesi praticabile. Se situazioni di diversità di vedute e tensione sono storicamente endemiche alle relazioni fra Ue e Turchia, un pieno ingresso di Ankara nel club dei Ventotto (e presto Ventisette), specie in una prospettiva di crescente integrazione federale nell’Unione, finirebbe per tradursi in una camicia di forza.

Sarebbe tuttavia da scoraggiare, d’altra parte, la riduzione delle relazioni Ue-Turchia a una serie di transazioni contrattuali in ambiti specifici, lì dove gli interessi di Bruxelles e Ankara finiscono per coincidere, ma al di fuori di una cornice regolatoria o istituzionale in grado di impedire che il dissenso politico sfoci in deflagrante conflitto.

Provando a tracciare una terza via, un rafforzamento dell’unione doganale darebbe un ancoraggio politico e un quadro di regole alla relazione Ue-Turchia in grado di trasformare l’economia turca in settori chiave come servizi, appalti, aiuti di Stato e meccanismi di risoluzione delle controversie commerciali. Se è da un lato poco verosimile che l’attuale establishment politico turco sia intenzionato ad avviare una tale riforma del sistema politico-economico del Paese, starebbe dall’altro all’Ue mettere le carte in tavola.

Un avanzamento dell’unione doganale fornirebbe anche da trampolino di lancio per una graduale integrazione della Turchia nel mercato unico, anche in vista dei suoi futuri sviluppi in ambiti centrali come energia, clima, digitale, infrastrutture e spazio. Circa 30 dei 35 capitoli negoziali per l’adesione all’Ue riguardano infatti direttamente o indirettamente il mercato interno: sospendere tout court il processo di allargamento avrebbe poco senso in una prospettiva di lungo termine.

Allo stesso tempo, tenere in vita la prospettiva europea per la Turchia non implicherebbe in alcun modo una convergenza della Turchia rispetto al cuore ‘federale’ dell’Unione (politiche economiche e monetarie, migratorie e d’asilo e di sicurezza e difesa). Ciò aiuterebbe senza dubbio a continuare la cooperazione in questi ambiti, ma senza l’irrealistica speranza che fra Bruxelles e Ankara vi sia un’inesorabile comunità di vedute.

Tutto ciò sarebbe irrealistico se non fosse per il fatto che l’Unione europea – indipendentemente dai futuri sviluppi turchi – si muoverà verso un futuro sempre più differenziato. L’integrazione differenziata è sempre stata la realtà dell’Europa unita, sia attraverso i meccanismi dell’Eurozona, del sistema di Schengen o della neonata cooperazione strutturata permanente nel campo della difesa (Pesco). Tuttavia, soltanto di recente – ed essenzialmente grazie a Macron – questa constatazione è divenuta programma politico per il rilancio del progetto europeo. Sarebbe irresponsabile e pericoloso oggi non solo arrestare il processo di adesione della Turchia ma anche solo non portarlo avanti, perché è proprio in un’Unione improntata alla differenziazione che le difficili relazioni fra Bruxelles e Ankara potranno trovare una cornice nel prossimo futuro.

Traduzione e riduzione a cura della Redazione dell’originale pubblicato sul quotidiano greco Kathimerini

Foto di copertina © Alexandros Michailidis/Depo Photos via ZUMA Wire