Ue: unità del diritto tra Trattato Esm e Fiscal Compact
Il recente pacchetto di proposte della Commissione europea per l’avanzamento dell’Unione economica e monetaria (Uem) mira tra l’altro a consolidare l’unità del diritto dell’Unione europea, riassorbendo nel suo interno gli accordi-extra Ue conclusi durante la crisi. Il tema merita qualche riflessione per le sue implicazioni giuridiche e politiche.
Trasposizione obbligatoria o facoltativa?
La Commissione propone di integrare nel diritto dell’Ue il Trattato ESM e il Fiscal Compact. L’operazione è considerata obbligatoria nel caso del Fiscal Compact per effetto del suo art. 16, dove effettivamente si prevede il suo verificarsi entro i cinque anni dalla entrata in vigore dell’accordo. In mancanza di un’analoga previsione nel Trattato ESM, si dovrebbe ritenere che in quest’altro caso la trasposizione all’interno della Ue sia solo facoltativa.
A ben vedere, però, non è così sicuro che l’art. 16 del Fiscal Compact abbia la portata riconosciutagli dalla Commissione. Qualche perplessità può sorgere perché, ai sensi di questa norma, l’incorporazione nel diritto della Ue si deve basare “su di una valutazione dell’esperienza maturata in sede di attuazione” dell’accordo; e questa valutazione potrebbe anche fare dubitare della necessità o dell’opportunità dell’operazione.
In ogni caso, riterrei dirimente l’esistenza di un principio più generale, che fa obbligo agli Stati membri di perseguire l’obiettivo di “una unione sempre più stretta” all’interno dell’Ue, e di fare ivi rientrare appena possibile iniziative sviluppate inizialmente al di fuori. E’ un obbligo di buona fede applicabile sia al Trattato ESM sia al Fiscal Compact, indipendentemente da previsioni quale il citato articolo. 16. Si tratta però di un obbligo di buona fede, di best efforts, non di un obbligo assoluto e inderogabile.
Quale base legale?
Le operazioni in discorso richiedono di individuare un’idonea base legale a cui ancorarle. Per il Fiscal Compact non sorgono problemi: le sue regole di bilancio ricadono sotto le competenze normative attribuite alla Ue da disposizioni del TFUE (artt. 121, 126, 136). La questione è invece più delicata in relazione al Trattato ESM, dove mancano competenze apposite da invocare. La Commissione ritiene tuttavia legittimo utilizzare il potere residuale ex art. 352 TFUE, in combinazione con il già ricordato art. 136 TFUE.
L’idea è interessante: la si trova già accennata nella sentenza Pringle e nella letteratura in materia (sottoscritto compreso). Richiamo però una difficoltà che deriva dalla revisione dell’art. 136 intervenuta nel 2011. Il nuovo paragrafo 3 dell’art. 136 autorizza sì la creazione di un meccanismo di assistenza finanziaria per i Paesi euro in crisi, ma riferisce specificamente questa facoltà agli Stati membri. Potrebbe dunque interpretarsi nel senso di riconoscere a quest’ultimi una competenza esclusiva; e se così fosse, il ricorso all’art. 352 risulterebbe precluso.
Per rendere utilizzabile la base legale dell’art. 352, bisogna dunque previamente stabilire che ci troviamo di fronte a una competenza non esclusiva degli Stati bensì concorrente con la Ue. Senza inoltrarci in particolari approfondimenti sul tema, basti qui accennare che il problema è superabile, anche se non privo di complessità.
Trasposizione necessaria e utile?
Occorre peraltro chiedersi se le operazioni proposte dalla Commissione rispondano ad una effettiva esigenza del diritto Ue. Nel caso del Trattato ESM la risposta è senz’altro affermativa: la Commissione propone la creazione di un Fondo monetario europeo (Fme) all’interno dell’Ue, destinato a subentrare nel patrimonio, diritti e obblighi dell’ESM. Il che richiede evidentemente di recepire, con gli adattamenti del caso, il Trattato ESM nel diritto dell’Unione. Come accennato, un regolamento ex art. 352 TFUE dovrebbe provvedere a questo fine.
La Commissione ritiene tuttavia che, per il trasferimento dei fondi dall’ESM all’Fme, si renda necessario anche un accordo intergovernativo. E’ una soluzione discutibile, che fa ricordare quanto discusso al tempo della creazione del Fondo per la risoluzione delle crisi bancarie. Anche allora si finì per integrare un atto legislativo dell’Ue (un regolamento ex art. 114 TFUE) con un accordo intergovernativo fra gli Stati euro. Ma il Parlamento europeo non mancò di far sentire il suo forte dissenso, che potrebbe riproporsi in relazione all’ipotizzata istituzione del Fme.
Passando al Fiscal Compact, l’esigenza di una sua trasposizione nel diritto Ue appare quanto mai dubbia. Le regole di bilancio ivi contenute si trovano già inserite in atti legislativi dell’Unione (Six Pack e Two Pack). Una piccola differenza (il limite dello 0,5% invece dell’1% per il disavanzo strutturale degli Stati euro) può essere facilmente sistemata, sempre se condivisa. L’unica vera novità del Fiscal Compact (l’obbligo di inserire le regole di bilancio nel diritto interno degli Stati a livello preferibilmente costituzionale) è ormai superata, perché i destinatari hanno già provveduto a darvi attuazione.
La progettata trasposizione del Fiscal Compact non appare dunque necessaria sul piano giuridico; può anzi creare duplicazioni e confusioni all’interno dell’ordinamento dell’Ue. E’ destinata altresì a innestare accesi dibattiti su di un tema politicamente assai controverso.
In conclusione
L’esistenza di sistemi giuridici al di fuori dell’Ue, ma ad essa funzionalmente collegati, costituisce un indubbio fattore di squilibrio giuridico e istituzionale. L’idea di integrare questi sistemi nel diritto dell’Ue è quindi da approvare in via generale e di principio.
Contribuisce a semplificare e razionalizzare il diritto dell’Ue, ne facilita l’efficienza operativa, consente alle istituzioni sovranazionali e ai giudici dell’Unione di svolgere in pieno le loro funzioni. Si comprende quindi che se ne faccia portatrice la Commissione nelle sue recenti proposte sul completamento dell’Uem (anche il Parlamento europeo non ha mancato di far sentire la sua voce).
Per queste ragioni, la trasposizione del Trattato ESM all’interno dell’Ue è senz’altro auspicabile e giustificata, pur con le difficoltà segnalate. Non altrettanto può dirsi invece per il Fiscal Compact. Si badi bene: non perché sia opportuno mantenere un complesso di regole di bilancio in un sistema intergovernativo extra Ue; ma per il semplice motivo che la sua trasposizione non è necessaria e produrrebbe gli inconvenienti di cui si è detto. Nel caso del Fiscal Compact, basterà prendere atto che ha esaurito la sua funzione e che si può procedere ad estinguerlo.