Ue: Unione economica e monetaria, idee nuove, ma non troppo
Il 6 dicembre la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte legislative e di comunicazioni su vari aspetti del completamento e rafforzamento della governance dell’Unione economica e monetaria. Le proposte erano state annunciate dal presidente Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione del settembre scorso. Non sono quindi una sorpresa. Né deve stupire che la Commissione abbia deciso di riprendere l’iniziativa, su un tema così complesso e divisivo come quello della governance dell’Euro, in una fase di incertezza del quadro politico europeo e soprattutto in una congiuntura in cui non è ancora chiaro come evolverà lo scenario politico in Germania.
In fondo Juncker, proprio con il discorso sullo stato dell’Unione, aveva anticipato la volontà di riappropriarsi del ruolo di iniziativa che spetta alla Commissione. E le proposte del 6 dicembre sono la conferma che la Commissione ha voluto tagliare corto con le numerose (e spesso contraddittorie) raccomandazioni e ipotesi che si stanno discutendo in questi mesi (a dire il vero più fra centri di ricerca e gli opinionisti che in un dialogo fra Governi), costringendo gli Stati membri a confrontarsi con proposte e misure molto concrete. Vedremo nelle prossime settimane se Juncker ha peccato di ingenuità o se ha colpito nel segno. Ma di certo d’ora in poi gli Stati membri dovranno partire da quelle proposte e su quella base definire le proprie posizioni.
I contenuti delle proposte della Commissione
Ma vediamo in cosa consistono queste proposte. In sintesi la Commissione suggerisce di trasformare il Meccanismo europeo di Stabilità in un Fondo monetario europeo, integrando questo strumento nel quadro legale e istituzionale dei Trattati e prevedendone nuove funzioni. Ha proposto di integrare ugualmente le disposizioni più rilevanti del Fiscal Treaty nel quadro legale e istituzionale dell’Unione, mantenendo gli elementi di flessibilità nell’applicazione delle regole sul controllo di deficit e debito adottate dalla Commissione nel 2105. Ha anticipato una proposta (che verrà formalizzata nel maggio 2018 insieme alle proposte sul nuovo Quadro finanziario pluriennale) per la creazione di una linea del bilancio Ue dedicata all’Eurozona. Ha rilanciato la proposta di un ministro europeo dell’Economia e delle Finanze (che cumulerebbe le cariche di vice-presidente dalla Commissione e di presidente dell’Eurogruppo). Ed ha proposto alcune modifiche del quadro regolamentare vigente per rafforzare gli strumenti di sostegno finanziario a Paesi che effettuano riforme strutturali nell’ambito di programmi di convergenza.
La comunicazione sul ministro dell’Economia e delle Finanze europeo (già evocata da molti in questi mesi) è sicuramente la più semplice da realizzare, dato che non necessita di specifiche misure legislative. Ma non per questo può essere considerata come acquisita. E comunque non è di fatto operativa, perché rinviata ad una specifica iniziativa da assumere nel 2019 in concomitanza con l’insediamento della nuova Commissione.
Ugualmente per ora non operative sono le proposte per una autonoma linea di bilancio dedicata per l’Eurozona. Le funzioni proposte sono importanti e innovative, perché configurerebbero per questo bilancio una funzione di stabilizzazione macroeconomica, una di sostegno alle riforme strutturali e una di sostegno a programmi di convergenza per Paesi candidati a fare parte dell’Eurozona. Ma dovremo valutare nel dettaglio queste idee quando la Commissione farà una proposta formale nella prossima primavera. Colpisce comunque l’assenza di riferimenti a una funzione di finanziamento di grandi progetti comuni (pure evocata tra gli altri dal presidente francese Emmanuel Macron) e l’assenza di riferimenti a proposte per il finanziamento di strumenti di solidarietà (come avrebbe potuto essere l’idea di una facility destinata a compensare fenomeni congiunturali di disoccupazione ciclica a suo tempo proposta dal Governo italiano).
Le iniziative potenzialmente operative: pro e contro creazione Fondo monetario europeo
Più operative, e più potenzialmente divisive, sono invece le proposte sul Fondo monetario europeo e sulla integrazione della sostanza del Fiscal Treaty nel diritto europeo. L’idea di trasformare il Meccanismo europeo di Stabilità in un Fondo monetario europeo non è nuova. In favore di questa proposta si sono già pronunciati non solo molti economisti ma anche vari Governi. Ma con idee non necessariamente convergenti. Si può in sostanza assumere che ci sia un certo consenso sull’idea di intervenire sull’Esm trasformandolo in un Fondo monetario europeo; ma sulle nuove funzioni restano punti di vista divergenti.
La Commissione propone di trasformare l’Esm (con un Regolamento da adottare all’unanimità come previsto dall’art. 352 del Tfue) in un organo dell’Unione a tutti gli effetti (il Fondo monetario europeo); di aumentarne la accountability nei confronti del Consiglio e del Parlamento europeo; di prevedere che il nuovo Fondo monetario europeo, oltre a svolgere le funzioni dell’Esm, operi come sostegno del Fondo comune di risoluzione per le banche in difficoltà e possa in futuro sviluppare anche nuovi strumenti finanziari.
Per quanto riguarda la governance la Commissione propone che dalla regola dell’unanimità si passi, per talune decisioni, a una maggioranza dell’85% dei voti che rimarrebbero ponderati (una proposta che di fatto non modifica il ruolo preponderante che Francia e Germania continuerebbero ad avere anche nel nuovo Fondo monetario europeo).
Nessuna apertura invece sull’idea (sostenuta a suo tempo dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble) che il Fondo possa assumere compiti di vigilanza sulle politiche di bilancio degli Stati membri . E soprattutto nessuna apertura sull’idea (ugualmente sostenuta da Schauble) che gli interventi del Fondo possano essere subordinati alla previa accettazione del principio di una ristrutturazione del debito del Paese beneficiario dell’assistenza del Fondo.
Le iniziative potenzialmente operative: pro e contro integrazione Fiscal Treaty
L’altra proposta, apparentemente neutra, ma che rischia di suscitare resistenze o divisioni, è quella che prevede una integrazione nel quadro legale dell’Unione delle disposizioni centrali del Fiscal Treaty. In sintesi la Commissione propone di adottare (all’unanimità, come previsto dall’art. 126 (14) del Tfue) una direttiva che recepisca la regola, contenuta nelle disposizioni del Titolo III del Fiscal Treaty, in base alla quale gli Stati membri si impegnano a rispettare l’obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali (con uno scostamento massimo consentito dello 0,5% del PIL) e un meccanismo di correzione automatico che si attiva nel caso di deviazioni significative.
L’ipotesi di integrare il Fiscal Treaty nel diritto dell’Unione era prevista dalle stesse disposizioni del Fiscal Treaty alla scadenza di cinque anni dalla sua entrata in vigore. Quindi in teoria la Commissione sta solo dando seguito a un impegno già previsto. E per di più sceglie (correttamente) la strada, apparentemente più semplice, di una direttiva, scartando l’ipotesi (politicamente impraticabile) di una revisione dei Trattati.
Sulla carta questa operazione avrebbe potuto essere l’occasione per rendere più semplici e più trasparenti le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio. Ma la Commissione ha preferito evitare di aprire un dibattito potenzialmente divisivo su una riforma delle regole vigenti per il controllo di deficit e debiti. Consapevole peraltro delle sensibilità che si sono sviluppate attorno al Fiscal Treaty in molti Paesi ( e soprattutto in Italia), temo che la prospettiva di un negoziato su una direttiva che recepirebbe il Titolo III del Fiscal Treaty possa costituire l’occasione per uno scontro tra chi penserà di approfittare di questo negoziato per allentare i vincoli del pareggio di bilancio e chi invece potrebbe essere tentato dall’idea di rafforzarli.
In conclusione l’iniziativa della Commissione si presenta più come un onesto, e in linea di principio condivisibile, tentativo di razionalizzare e sistematizzare il quadro regolamentare esistente, che come un coraggioso tentativo di riforma delle regole che presiedono al governo dell’Euro, nel senso tra l’altro della trasparenza e della semplificazione. E’ sicuramente da sostenere l’idea di ricondurre nel quadro istituzionale dell’Ue strumenti intergovernativi adottati negli anni dell’emergenza, inserendoli in un rapporto più trasparente ed efficace con le Istituzioni dell’Unione e aumentandone la legittimità democratica. Ma non vanno trascurati la possibilità e il rischio che queste pur ragionevoli proposte si prestino ad offrire l’occasione per richieste (non necessariamente convergenti) di modifica delle regole vigenti in materia di disciplina di bilancio o per richieste (analogamente non necessariamente convergenti) di nuovi strumenti di solidarietà finanziaria.