Migranti: Ungheria, Parlamento contro sistema quote Ue
Il voto con cui il Parlamento ungherese ha approvato una risoluzione contro il sistema delle quote di accoglienza dei migranti si inserisce pienamente nel contrasto tra Budapest e Bruxelles su questo tema. La delibera è passata con i voti della maggioranza di governo e quelli del partito Jobbik. I suoi promotori si sono verosimilmente sentiti appoggiati dalla presa di posizione del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che di recente, nel corso di una visita in Ungheria, s’è espresso criticamente nei confronti delle quote obbligatorie per il ricollocamento dei richiedenti asilo. Nella capitale ungherese, Tusk avrebbe definito il sistema “inefficiente” e tale da provocare “divisioni” fra i Paesi dell’Ue. L’esecutivo guidato da Viktor Orbán ha accolto questo commento con soddisfazione.
La posizione del Gruppo di Visegrad
L’attuale governo ungherese ribadisce il suo impegno in prima linea contro gli ingenti flussi di migranti di fede musulmana che, secondo Orbán e i suoi collaboratori, mettono a repentaglio la sopravvivenza dell’Europa. Budapest è per la linea dura in questo campo ed è in sintonia con gli altri membri del Gruppo di Visegrád (V4, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia, oltre all’Ungheria) nel respingere il sistema delle quote e definire ricattatoria la politica dell’Ue che vincola l’erogazione dei fondi alla condizione di accettare i migranti.
Il V4 considera tale sistema un’imposizione che non tiene in alcun conto il volere delle popolazioni interessate e il parere dei Parlamenti nazionali. Da ricordare che a metà del mese di giugno il commissario europeo Dimitri Avramopoulos aveva annunciato misure sanzionatorie nei confronti di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca per la loro indisponibilità a collaborare in questo campo. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó aveva stigmatizzato tale annuncio, parlando di ricatto, Praga aveva promesso di continuare a lottare contro la politica dell’Ue sui migranti, Varsavia aveva definito sbagliata la reazione di Bruxelles.
Gli effetti di proselitismo delle tesi del V4 e l’ ‘effetto Soros’
Il V4 si è quindi impegnato a indicare non solo una politica diversa per gestire il fenomeno migratorio, ma anche un nuovo modello europeo, basato non su criteri federalisti, che Orbán considera fallimentari e fuori dal tempo, ma sul principio dell’Europa delle nazioni e delle patrie. Lo strappo di cui il Gruppo si è reso protagonista ha suscitato l’interesse di ex repubbliche jugoslave interessate all’ingresso nell’Ue, che ora, con la formazione di un governo di centro-destra in Austria, teme una saldatura tra V4 e Vienna.
Con il suo voto, il Parlamento di Budapest ha voluto dare un altro segnale a Bruxelles. La risoluzione è in linea con la propaganda governativa ungherese che respinge quella adottata il 16 novembre dal Parlamento europeo sulla riforma del regolamento di Dublino e che attribuisce al magnate ebreo americano di origine ungherese George Soros un piano per riempire l’Europa di migranti musulmani attraverso il sistema delle quote obbligatorie concepito dall’Ue.
Soros, che il governo Orbán considera un nemico pubblico, ha respinto queste accuse in un articolo apparso recentemente sul quotidiano di opposizione Népszava e ha definito indegna la campagna scatenata contro di lui dall’esecutivo ungherese. Il miliardario ha affermato che il contenuto delle sue proposte per gestire i flussi migratori è stato distorto e falsificato dal governo di Budapest che cercherebbe di seminare nel Paese l’odio e l’antisemitismo.