Somaliland: alla prova della democrazia, dopo la siccità
A seguito di un accordo raggiunto tra il presidente Silanyo e i tre partiti in corsa, il 13 novembre 2017 si terranno nel Somaliland le elezioni presidenziali. Tra le motivazioni addotte per il ritardo vi è la grave siccità che da mesi non dà tregua alla regione, costringendo un gran numero di persone a trasferirsi in zone diverse da quelle d’origine. Questi spostamenti di massa della popolazione complicano il processo di registrazione dei votanti, già di per sé critico a causa dell’elevato potenziale destabilizzante di un censimento che renderebbe di pubblico dominio le effettive dimensioni numeriche dei diversi clan di appartenenza.
I partner internazionali hanno accolto con preoccupazione la scelta di posticipare le consultazioni, sottolineando come una decisione contraria al parere della Corte Suprema potesse minare la credibilità del processo di democratizzazione del Paese. L’auspicio di elezioni pacifiche, positive ed inclusive da parte dei rappresentanti europei in visita ad Hargeisa e l’annuncio ufficiale del numero degli aventi diritto al voto da parte della National Electoral Commission (Nec) hanno comunque sancito un progresso definitivo verso la scadenza indicata. A inizio ottobre è stata avviata la campagna elettorale che vede confrontarsi i candidati Muse Bihi (del partito del presidente uscente, Kulmiye), Abdirahman Mohamed Abdillahi ‘Irro’ (Wadani) e Faisal Alì Waraabe (Ucid).
Indipendenza e democratizzazione
Il percorso di democratizzazione ha avuto inizio nel 1991 quando, a seguito della revoca dell’Act of Union che l’aveva unito alla Somalia italiana nel 1960, il Somaliland ha rivendicato la propria indipendenza. Dopo il distacco, la leadership politica del Paese ha concentrato gli sforzi nella realizzazione di una democrazia rappresentativa, tramite un processo di riconciliazione che è riuscito a mediare le esigenze dei diversi clan.
La relativa stabilità mantenuta nel corso degli anni è stata raggiunta tramite la fusione di forme tradizionali di organizzazione politica e sociale con istituzioni di governo di origine occidentale, con una graduale apertura al sistema partitico e una serie di consultazioni elettorali che hanno condotto all’adozione di un sistema costituzionale basato su una democrazia multipartitica. Le conferenze tra i leader locali tenutesi nel corso degli Anni Novanta hanno portato ad una sistematizzazione politica del Paese e alla convocazione di un referendum costituzionale nel 2001. La Costituzione ha sancito la sostituzione del precedente sistema di collegi elettorali composti da anziani con l’elezione diretta di presidente, Parlamento e consigli distrettuali.
La storia elettorale della regione è passata attraverso elezioni locali (2002 e 2012), parlamentari (2005) e presidenziali (2003 e 2010). Le ultime consultazioni presidenziali avvenute nel 2010 hanno portato all’instaurazione del presidente SIlanyo con il plauso di osservatori locali e internazionali, che si sono dichiarati soddisfatti relativamente al loro svolgimento.
Il Somaliland vanta oggi una propria Costituzione, un Parlamento, un governo e un esercito, a cui si aggiungono simboli di statualità quali bandiera, inno, moneta e la facoltà di rilasciare documenti ai propri cittadini. Nonostante siano trascorsi ventisei anni dall’invocata separazione, la comunità internazionale non sembra intenzionata a riconoscerlo ufficialmente come entità statale, anche a causa del timore di alimentare istanze separatiste in tutto il continente. La tendenza generale è quindi quella di limitarsi ad un’accettazione pragmatica e informale della sua esistenza.
Il riconoscimento internazionale e le sfide future
Il mancato riconoscimento della sua indipendenza non ha impedito di instaurare legami culturali e commerciali con diversi Stati e con la stessa comunità internazionale. La Fiera internazionale del Libro di Hargeisa festeggia quest’anno la sua decima edizione, affermandosi come importante punto di incontro interculturale, mentre le relazioni storiche con Etiopia e Gibuti hanno reso il Somaliland un attore rilevante per gli equilibri geopolitici della regione e la recente stipula di un accordo con gli Emirati Arabi Uniti per la costruzione di una base militare sul proprio territorio promette di agire come catalizzatore per la crescita economica del Paese.
La regione riceve consistenti aiuti da parte della propria diaspora ma il suo status incerto dal punto di vista internazionale la configura come ineleggibile per fondi provenienti da Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale: situazione particolarmente critica se si considera la terribile carestia che il Paese sta affrontando a causa della prolungata siccità.
Aspetto ricorrente nella narrativa nazionale è il confronto con il caos della vicina Somalia. Avvalendosi di ranking internazionali che lo definiscono come “unico stato libero nel Corno d’Africa”, il Somaliland è stato più volte elevato a modello di democrazia per gli stati confinanti. Questa narrazione romanticizzata tende però a relegare in secondo piano le rivendicazioni separatiste interne e la scena politica tuttora permeata da divisioni tribali, dove donne e minoranze restano sotto rappresentate e libertà di espressione e stampa sono ancora relative. La fluidità degli appuntamenti elettorali e una disoccupazione giovanile stimata al 75% definiscono il quadro di un Paese che, pur avendo compiuto enormi passi verso un sistema di governo democratico, ha ancora molta strada da fare.
Le elezioni presidenziali di novembre e quelle parlamentari e locali, posticipate ulteriormente al 2019, costituiranno un importante test per la maturità del processo di democratizzazione. Ma la nuova leadership del Somaliland sarà chiamata a confrontarsi con sfide interne e internazionali sempre più pressanti.