IAI
Impegno europeo e missione globale

Sicurezza alimentare: Pomodoro, ok solo se regole condivise

20 Nov 2017 - Michele Valente - Michele Valente

Gli effetti della decennale stagnazione economica non hanno arrestato il processo di integrazione transnazionale dell’industria agroalimentare. Il rafforzamento della filiera produttiva e distributiva nell’Unione europea, tuttavia, ha risentito delle frizioni intergovernative e dell’incerto quadro geopolitico mondiale, in una fase storica segnata da interdipendenze finanziarie e commerciali. Il negoziato sulla Brexit e la posizione anti-ambientalista del presidente statunitense Donald Trump rischiano d’impattare sulle dinamiche produttive e commerciali del Mercato unico agricolo europeo, istituito per incoraggiare investimenti e strategie d’intervento condivise. In merito, abbiamo raccolto il parere di Livia Pomodoro, presidente di Milano Center for Food Law and Policy.

Le politiche agro-alimentari richiedono intese sovranazionali
Finora, l’efficacia delle politiche agroalimentari, resa possibile dall’adozione di norme comuni in materia di etichettatura dei prodotti, prevenzione e igiene alimentare, standard qualitativi, ha testimoniato l’importanza di un’intesa sovranazionale. Food Drink Europe stima per il 2017 un’espansione del fatturato complessivo intorno ai mille miliardi di euro, mostrando il mercato agroalimentare come primo settore economico in Europa: il report dell’Ong considera un progressivo aumento nel numero d’aziende (289.000 le imprese attualmente attive nei 28 Paesi Ue, incluso il Regno Unito), addetti (più di 4 milioni di persone) e una crescita nel volume delle esportazioni di prodotti alimentari (circa 102 miliardi di euro).

L’interscambio commerciale tra Paesi Ue e Regno Unito si attesta intorno ai 18 miliardi di euro e, tra i capitoli negoziali di Brexit, l’attenzione sarà rivolta alla tutela dei lavoratori europei nelle aziende dell’industria agroalimentare britannica e alla ridefinizione dei futuri piani strategici (Horizon 2020) e della copertura finanziaria delle iniziative europee sulla sicurezza agroalimentare. La Gran Bretagna è un importante player nel mercato unico europeo, producendo valore aggiunto per circa 40 miliardi di euro, superata solo dalla Francia.

I casi del glifosato e del Fibronil
L’imminente scadenza (il 15 dicembre) dell’autorizzazione per l’impiego in agricoltura del glifosato, in discussione al Parlamento europeo e nelle Istituzioni comunitarie, crea tensioni negli esecutivi nazionali. Il diserbante è stato riconosciuto come “probabilmente cancerogeno” dalla Iarc, l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, ma viene valutato conforme alle norme sulla sicurezza dei prodotti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa).

La posizione di Regno Unito e Olanda, condivisa da nove dei 28 Paesi Ue, a sostegno della proposta avanzata dalla Commissione europea (proroga quinquennale per l’uso dell’erbicida), non è prevalsa; contrarie al rinnovo Italia e Francia, neutrale la Germania, astenutasi nell’ultima votazione.

Lo stallo negli accordi sul trattato commerciale con gli Stati Uniti (Ttip, partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti) e le carenze riscontrate nei controlli sui prodotti alimentari, come dimostrato dal recente caso di uova contaminate dall’insetticida Fibronil, sollevano interrogativi sulla possibilità di coniugare tutela della qualità e sostenibilità alimentare, presupposti delle politiche promosse dall’Unione europea.

Pomodoro, ci vuole “promozione condivisa dei processi decisionali“
Come garantire il rispetto delle regole nel settore agroalimentare?”, si domanda Livia Pomodoro, presidente di Milano Center for Food Law and Policy. “E’ possibile solo attraverso un intervento normativo, si auspica nato da una condivisione di princìpi, attuato da tutti coloro che hanno il dovere di occuparsi di tali problematiche, a tutti i livelli, dai Parlamenti nazionali fino alle istituzioni europee, attraverso la promozione condivisa dei processi decisionali”.

Negli Stati Uniti, la pressione esercitata dalle corporations dell’agri-business sugli enti amministrativi, ha consentito di sfruttare oltremodo le risorse idriche disponibili e di impiegare in modo massiccio pesticidi nelle colture: tra questi il glifosato, l’alternativa più economica sul mercato, aumentato del 500% nelle colture di soia e frumento rispetto a livelli del 1993, secondo uno studio della University of California San Diego School of Medicine. Inoltre, la filiera produttiva agroalimentare statunitense e canadese è sottoposta a norme sanitarie e controlli qualitativi meno rigorosi rispetto ai parametri europei.

La diversità d’approccio tra Unione europea e Stati Uniti
La legislazione generale dell’Ue in materia di politiche alimentari restringe l’impiego di ormoni additivi per la crescita dei bovini, prevedendo severi controlli per l’immissione nel mercato di mangimi Ogm e fitosanitari. Nel piano di bilancio 2014-2020, l’Unione europea ha destinato circa tre miliardi di euro per rafforzare le politiche di sicurezza alimentare ed incentivare l’agricoltura biologica: l’obiettivo è monitorare “dai campi alla tavola” il processo di trasformazione dei prodotti, avendo come obiettivi la tutela del cittadino-consumatore, il benessere degli animali negli allevamenti e la riduzione dello spreco alimentare.

“Il principio di sostenibilità – sottolinea Livia Pomodoro – deve costituire il principale impegno da assumere nelle politiche nazionali e certamente l’Europa dovrà nel suo complesso fare attenzione allo sviluppo del sistema economico”. E’ necessario innestare una cooperazione “ecologica” tra gli organismi internazionali e le imprese multinazionali, che raggiungono una quota di mercato pari al 52% nel settore agroalimentare mondiale.

 Attenzione all’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile 2030
“Occorre rivolgere attenzione all’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 promossa dalle Nazioni Unite che, oltre alle tematiche legate all’alimentazione – evidenzia la Pomodoro -, guarda all’intero ecosistema, affrontando sfide legate all’ambiente, promuovendo l’economia circolare e l’uso responsabile di acqua”. L’urgenza di ridurre lo spreco di risorse terrestri e lo sfruttamento intensivo del suolo, stimolando processi di rigenerazione produttiva, è parte di una sfida globale.

Il valore complessivo del settore agroalimentare biologico negli Usa e nell’Ue si attesta intorno ai 40 miliardi di euro ed è destinato a crescere grazie all’apporto delle piccole imprese locali ai mercati di qualità dei prodotti alimentari. Tuttavia, per favorire la transizione alla ‘bio-economia’, governi nazionali, amministrazioni locali, aziende private devono parlare la stessa “lingua”, conclude Livia Pomodoro. “Non esiste possibilità di sopravvivenza del sistema se non attraverso l’applicazione di regole che siano condivise: il diritto al cibo, il diritto alla salute e all’acqua, sono diritti fondamentali per il nostro stesso sostentamento umano, motivo per cui è imprescindibile garantirne la tutela”.