Cile: presidenziali, centro-destra favorito per ‘dopo Bachelet’
Il Cile si reca oggi alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali e per rinnovare 155 seggi della Camera e 23 del Senato. L’ex presidente e uomo d’affari Sebastián Piñera, della coalizione di centro-destra Chile Vamos, è in vantaggio nei sondaggi con il 45% delle intenzioni di voto, meno di quanto necessario per vincere al primo turno. Non è chiaro contro chi si batterà in un eventuale ballottaggio, previsto per il 17 dicembre. Questa tornata elettorale è la prima in cui la coalizione di centro-sinistra ‘Concertación de Partidos por la Democracia’, unitasi per sconfiggere Augusto Pinochet e che ha governato quasi ininterrottamente dal 1990 ad oggi, si presenta divisa alle urne.
Centro-sinistra diviso e crescita lenta
I sondaggi mostrano Alejandro Guillier, candidato della coalizione di governo Nueva Mayoría, al 23% dei voti, seguito da Beatriz Sánchez, candidata del Frente Amplio, al 14%. Nonostante faccia parte della coalizione di governo con Nueva Mayoría, il Partito Democratico Cristiano ha deciso di lanciare una propria candidata, Carolina Goic, che sarebbe solo al 6%. La frammentazione condanna il campo di centro-sinistra alla sconfitta.
Altro motivo per cui Piñera è il favorito è che le elezioni avvengono in momento di forte malcontento tra i cileni, provocato dal rallentamento dell’economia degli ultimi anni. L’attuale mandato della presidente Michelle Bachelet dovrebbe chiudersi con una crescita media annua dell’1,8%, la più bassa dalla fine della dittatura militare. Il Cile è un Paese abituato ad avere una delle economie più dinamiche della regione: sotto la presidenza di Piñera (2010-2013), era cresciuto in media del 5,3% l’anno, rispetto alla media del 3,3% del precedente mandato presidenziale (2006–2009), ancora della Bachelet.
Le critiche alla gestione della Bachelet
La principale accusa che i cileni rivolgono alla loro presidente è di essere tornata al Palacio de La Moneda creando molte aspettative con promesse che non è stata in grado di mantenere, come una riforma della Costituzione e riforme che rendessero gratuita l’istruzione superiore e migliorassero la previdenza sociale. La presidente non solo non ne ha realizzata neanche una, ma non è riuscita neanche a ridurre il livello di disoccupazione, intorno al 6,8%, pur aumentando la spesa pubblica e portando il debito dal 14,9% al 24% del Prodotti interno lordo.
Oltre alla sua base elettorale, la Bachelet ha anche scontentato gli imprenditori e la classe media cilena, con la riforma fiscale del 2014, aumentando l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società dal 24% al 27% e rendendo più complicato il sistema tributario. Un’imposizione fiscale addirittura superiore alla media dei Paesi dell’Ocse, di cui il Cile è l’unico membro sudamericano, che ha portato ad una riduzione del tasso di investimenti nel Paese andino. Una ricerca del Centro per gli Studi pubblici (Cep) di Santiago mostra che solo il 17% dei cileni vede la situazione economica del Paese in modo positivo. Non a caso, fra le principali proposte di Piñera vi sono abbassare le tasse e semplificare il sistema fiscale.
Infine, non bastassero i problemi economici, anche gli scandali di corruzione che dal 2015 hanno coinvolto suo figlio Sebastián Dávalos e altri membri della sua famiglia hanno contribuito a minare l’immagine della Bachelet. La presidente lascerà La Moneda con un indice di approvazione al 23%, mentre aveva il 52% all’inizio del suo mandato.
Prevale la tendenza al cambiamento
La tendenza naturale, dunque, è una rivolta degli elettori e una tendenza al cambiamento politico alla guida del Cile. Anche perché la campagna elettorale del blocco di centro-sinistra è stata un mezzo disastro sin dall’inizio. Il candidato del governo Guillier, oltre ad avere un’immagine legata all’esecutivo Bachelet – il che non aiuta affatto nei sondaggi –, ha sempre mostrato poco interesse per la campagna elettorale. Quasi già prefigurasse la disfatta e non intendesse, quindi, spendere troppe energie. Guillier ha presentato il suo programma elettorale solo la settimana scorsa, mentre Piñera lo ha fatto sei mesi fa. E, infine, il candidato di governo è francamente desolante, dal punto di vista della carenza di carisma.
I sondaggi indicano che, in un ipotetico ballottaggio con Piñera, Guillier raccoglierebbe solo il 38%. Un risultato deludente, se si pensa che gli altri candidati di centro-sinistra (sei in tutto) dovrebbero normalmente appoggiarlo. Dovrebbero, ma non è affatto sicuro che lo facciano, considerate le divisioni profonde nello schieramento. Cosa che non avverrà invece tra i partiti di centro-destra, dove l’altro candidato, José Antonio Kast, nostalgico di Pinochet, appoggerà sicuramente e senza riserve Piñera.
Nonostante il risultato prevedibilmente netto delle presidenziali, nessuna coalizione dovrebbe conquistare la maggioranza assoluta alla Camera, indispensabile per governare. Nueva Mayoría dovrebbe avere tra 60 e 70 deputati, così come Cile Vamos, mentre il numero degli indipendenti potrebbe arrivare a 15. Al Senato, Nueva Mayoría ha attualmente 12 seggi, che non saranno rinnovati a questa tornata elettorale, mentre Chile Vamos ne ha 8. La governabilità è dunque a serio rischio.
Anche in politica, il Cile si conferma il paese più ‘europeo’ del Sud America, dato che il livello di astensione previsto per queste elezioni è superiore al 50%. Il primo partito cileno è quindi quello del ‘non voto’, fatto che dimostra come la crisi di fiducia nelle classi politiche non è una peculiarità del Vecchio Mondo, ma investe pure il Nuovo.