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Ryanair: problema complesso chiede visione europea

5 Ott 2017 - Alfredo Roma - Alfredo Roma

Recentemente Ryanair ha lanciato un altro annuncio shock: da ottobre 2017 a marzo 2018 sarà annullato un numero imprecisato di voli e saranno cancellate diverse rotte che in buona parte interessano l’Italia. Nello stesso tempo circa 700 piloti di Ryanair hanno dichiarato di voler abbandonare la compagnia aerea. E questo suona abbastanza strano perché di solito il personale navigante è ben retribuito.

La scusa di Ryanair che si tratta solo di un errore di programmazione delle ferie, perché l’Irlanda ha cambiato l’anno fiscale da aprile-marzo a gennaio-dicembre, non regge. Il problema nasce dalla gestione del personale, che la compagnia irlandese ha da sempre adottato: utilizzo del personale di volo al limite delle ore previste dalle autorità
di aviazione civile in base alle norme europee e internazionali; inquadramento anche del personale navigante e di terra come personale residente in Irlanda per godere dei vantaggi fiscali; richiesta di risultati di vendita in volo di prodotti e servizi accessori; pulizia dell’aereo in sosta affidata agli assistenti di volo; problemi per le assenze per malattia e ferie.

I regolamenti europei dell’aviazione civile non entrano nel merito dei contratti di lavoro del personale delle compagnie aeree, se non per i limiti di impiego stabiliti per il personale navigante. Ogni compagnia si basa quindi sulle norme nazionali e sugli accordi sindacali. Considerata la grande differenza tra i contratti di lavoro di Ryanair e quella delle altre compagnie europee prima o poi il problema doveva scoppiare.

La catena di valore del trasporto aereo
La catena del valore del trasporto aereo comprende: gli aeroporti che godono del cosiddetto “monopolio del bacino di traffico”, cioè del fatto che un cittadino che abita a Bologna cerca innanzitutto un volo che parte da Bologna e non da Milano o Roma; il controllo del traffico aereo che, salvo rari casi, è un monopolio di Stato; la grande distribuzione che è un oligopolio; le compagnie aeree, che invece soffrono della più spietata concorrenza perché il trasporto aereo è per definizione transnazionale e gli aerei si possono spostare ovunque.

In particolare in Europa, dopo la liberalizzazione del settore nel 1992, la concorrenza avviene tra tutti i circa 180 vettori europei. Questa situazione ha portato le compagnie aeree ad attuare una politica dei costi estremamente severa rispetto a quella precedente il 1992, cercando anche soluzioni fiscali come quelle di Ryanair, registrando, ad esempio, gli aerei in Irlanda o Portogallo (dove tali registrazioni godono di tariffe molto basse).

Anche in questo settore, come in generale in quello della fiscalità personale e societaria ci sarebbe bisogno di regole comuni per gli Stati membri dell’Unione europea, proprio per offrire condizioni di mercato uguali per tutti. Come non è accettabile che nell’Unione europea ci siano paradisi fiscali tipo il Lussemburgo, le Antille Olandesi per l’Olanda, le isole del Canale per la Gran Bretagna, Andorra per la Spagna, Monaco Montecarlo per la Francia, così non è accettabile che normative sul lavoro o sulla registrazione degli aeromobili possano alterare la concorrenza all’interno dell’Ue.

Il silenzio della DG concorrenza della Commissione europea
Meraviglia allora che la Direzione Generale per la concorrenza della Commissione europea non abbia fatto sentire la sua voce sulla situazione delle compagnie aeree, creata soprattutto dall’avvento delle compagnie low-cost, se non per frenare eventuali fusioni. Francia e Germania si sono difese dall’aggressione commerciale delle compagnie low-cost relegandole in aeroporti minori, anche perché il governo francese e il governo tedesco mantengono una sorta di golden share nel capitale di Air France e di Lufthansa (come dovrebbe fare anche il nostro governo in Alitalia).

Altri Paesi come l’Italia hanno aperto tutti gli aeroporti alle compagnie low-cost creando qualche problema ai vettori nazionali. Forse l’apertura andava fatta gradualmente. Nel 2000 Loyola de Palacio, commissario ai trasporti dell’Ue,
disse con forza che occorreva un consolidamento delle compagnie europee per renderle competitive nel mercato mondiale, ma questo non è mai avvenuto veramente.

A volte le autorità nazionali per la concorrenza del mercato hanno frenato la fusione di compagnie aeree nazionali di modesta dimensione. Esaminare il problema della concorrenza tra compagnie aeree a livello nazionale non ha più senso, dopo la liberalizzazione del settore. Deve essere analizzato a livello europeo, quindi da parte della Commissione europea, perché il mercato è quello europeo e non più solo quello nazionale. Questo permetterebbe il necessario consolidamento di cui si è parlato.

L’intervento dell’Autorità per la Concorrenza
Ora, agli oltre 600.000 passeggeri che fino a marzo 2018 non potranno volare Ryanair verrà dato un rimborso come previsto dalle norme comunitarie. La procedura per avere questo rimborso è complessa e lunga. Ma al danno diretto si aggiungono altri danni indiretti per le attività economiche alle quali i voli cancellati sono legate. Da questo fatto appare evidente che occorre una visione europea del problema delle compagnie aeree per omogeneizzare le condizioni di mercato e della concorrenza e rendere profittevole l’intero settore, non solo per gli attori che godono di situazioni di monopolio, ma anche per i vettori aerei. Se questo fosse stato capito prima, non saremmo arrivati al disastro creato da Ryanair e ad altri disastri come i recenti fallimenti di Air Berlin e Monarch.

A supporto delle tesi qui esposte si deve citare il fatto che il 20 settembre l’Autorità italiana per la concorrenza  ha aperto un procedimento istruttorio nei confronti del vettore aereo irlandese Ryanair per presunte pratiche commerciali scorrette in violazione del Codice del Consumo. In particolare, l’Antitrust contesta che le numerose cancellazioni dei voli effettuate o da effettuarsi nelle prossime settimane potrebbero configurare una violazione dei doveri di diligenza di cui all’art. 20 del Codice del Consumo: esse infatti sarebbero in larga parte riconducibili a ragioni organizzative e gestionali già note alla compagnia, e quindi non a cause occasionali ed esogene al di fuori del suo controllo, e hanno causato notevoli disagi ai consumatori che avevano da tempo programmato i propri spostamenti e già prenotato e pagato il relativo biglietto aereo.

A ciò si aggiunge un secondo profilo di contestazione, riguardante il tenore e le modalità con cui Ryanair ha informato i passeggeri della cancellazione dei voli e ha loro prospettato possibili soluzioni (rimborso o modifica biglietto), che potrebbero indurre in errore i consumatori circa l’esistenza e quindi l’esercizio del loro diritto alla compensazione pecuniaria previsto dal Regolamento CE 261/2004 proprio in caso di cancellazione dei voli. Anche questa azione dell’Autorità italiana per la concorrenza conferma la necessità di un intervento normativo a livello comunitario.