IAI
Petrolio, Expo, calcio

Golfo: dove porta la corrente dello sport, degli affari, delle armi

13 Ott 2017 - Diego Bolchini - Diego Bolchini

Nella prefazione al testo Desert Kingdoms to Global Powers (2016, Yale University Press), il professor Rory Miller del King’s College di Londra ricordava la sua origine irlandese e la curiosità innata circa il ruolo e l’impatto di Stati dimensionalmente piccoli nello scenario internazionale. La verde Irlanda come il gruppo insulare del Bahrein, nel Golfo, capace – in un’ottica di soft power – di ospitare Gran Premi di Formula Uno? Difficile impostare ragionamenti analogici e comparativi.

In ogni caso, il potenziale esprimibile delle cinque monarchie small-sized del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar e Uae) è significativo, pur considerando la volatilità dei prezzi del petrolio e l’attuale contesto congiunturale di over-supply energetico. Esso è anche contro-intuitivo rispetto ad alcune teorie consolidate sulla importanza della grandezza di uno Stato rispetto alla sua resilienza a shock naturali/economici e alla gestione di beni pubblici a costi elevati (settore della difesa).

Diversi Stati europei hanno così beneficiato dei fondi sovrani (Swf) del Golfo successivamente alla crisi finanziaria del 2007-2008, così come alcune realtà dell’area nordafricana hanno goduto di cospicui foreign aids dopo gli eventi del 2011. Gli stessi Stati del Vecchio Continente stanno anche beneficiando del supporto logistico-militare del Golfo nella lotta contro il sedicente Stato islamico, l’Isis. Si pensi, solo per fare un esempio, alle basi messe a disposizione dal Kuwait degli Al Sabah e alla inaugurazione di un Nato regional security center nel Paese nel 2017.

Expo 2020 e Mondiali di Calcio del 2022
Oltre la leva economica-finanziaria e le potenzialità logistico-militari, due Paesi del Golfo si apprestano a ospitare due importanti eventi culturali-sportivi: l’Expo 2020 negli Emirati Arabi Uniti e i Mondiali di Calcio del 2022 in Qatar. Questi ultimi si disputeranno per la prima volta in un Paese arabo privo di tradizione calcistica e in un periodo dell’anno inconsueto (non d’estate ma nel bimestre di novembre-dicembre). Quanto all’Expo 2020, l’evento rappresenterà una grande ulteriore vetrina mediatica per la federazione dei sette Emirati, polarizzati attorno a un centro economico rappresentato da Dubai e uno propriamente politico costituito da Abu Dhabi.

Velivoli sul Golfo e Quinta Flotta Usa
Osservati da una prospettiva geo-strategica, appare anche possibile affermare che i Paesi arabi del Golfo siano entrati in una nuova fase di corsa agli armamenti, adottando un sentire tendenzialmente realista delle relazioni internazionali, con sotteso dilemma della sicurezza e incertezza delle azioni altrui. Rilevanza significativa riveste in questo contesto il contratto con l’Italia per la fornitura – spalmata su svariati anni – di 28 velivoli F-2000 al Kuwait siglato nell’aprile 2016.

In tal modo la monarchia araba del Kuwait diventerà la quarta nazione araba a utilizzare il velivolo, affiancandosi all’Arabia Saudita, già in possesso di 72 esemplari, all’Oman (12 velivoli ordinati e alcuni già consegnati dal Regno Unito) e al Qatar (che ha in realtà negli ultimi anni firmato contratti per oltre 80 velivoli complessivi con attori diversificati come Francia per vettori Rafale, Usa per assetti F-15 e infine – nel settembre 2017 – con il Regno Unito per una fornitura di F-2000). Il Bahrein mantiene invece il dispiegamento della Quinta Flotta Usa nelle sue acque a Manama.

Un balcone geopolitico affacciato (anche) sull’Asia
Con una spesa per la difesa pari al 14,7% del suo Pil, il Sultanato dell’Oman, secondo i dati Sipri del 2015, superava la stessa Arabia Saudita quanto a spesa militare in percentuale del prodotto interno lordo. La classe dirigente omanita mantiene comunque un forte legame con il Regno Unito. L’islam ibadita proprio del Sultanato d’Oman appare infine teologicamente mediatore e conciliante tanto rispetto al filone maggioritario sunnita quanto a quello minoritario sciita.

L’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già segretario generale delegato della Nato nel periodo 2001-2007 e incaricato del Nato dialogue and cooperative security con i Paesi arabi del Mediterraneo e del Golfo, così tracciava l’insolito profilo di interesse geografico dell’Oman nel 2013: “...i giornali in lingua inglese di Mascate parlano del Pakistan e dell’India, affacciandosi il Paese direttamente sull’Oceano Indiano e solo in piccola parte sul Golfo Persico”.

Conclusioni
Di fatto, la realtà costituita dai cinque micro-States del Golfo è ormai un hub consolidato tra Occidente e Oriente per viaggi d’affari, turismo e commercio e – da ultimo – anche ingenti approvvigionamenti militari. Tra ricerca di stabilità interna e influenza regionale, soft power (Al Jazeera) e hard power (spending militare), inter-dipendenza e conflitto,  il Golfo sta plasmando sin dal 1981 la sua dimensione di sistema ideologico-economico. Nacque allora il Gcc, il Consiglio di cooperazione del Golfo,  quale reazione agli eventi iraniani del 1979 e alla guerra Iraq-Iran (1980-1988) con un razionale di contenimento tanto rispetto all’Iran di Khomeini quanto al  baathismo iracheno-saddamista. Nell’incertezza delle prospettive future, sarà interessante verificare anche le eventuali possibilità di rilancio della cooperazione Golfo-Ue, che ha già sperimentato un costruttivo e positivo periodo nel 2004-2010.

Questi Paesi sono tutti ovviamente inter-connessi e posti in regime di relazione significativa con l’importante attore regionale rappresentato dall’Arabia Saudita: per motivi dinastici (solidarietà storica tra gli al Saud e gli Al Sabah del Kuwait), politici (Emirati vicini a Riad per il comune supporto alla leadership militare egiziana), geo-strategici (Oman e rilevanza dello stretto di Hormuz), fisici (autostrada che collega l’Arabia al Bahrein), o anche ciclicamente oppositivi (Qatar). Secondo alcuni, oppositivi come nuvole che si rincorrono d’estate, per poi tornare a un destino comune.